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    Calabrese ucciso in Brasile, la sorella "Ufficilaita' solo tra 15 giorni"

      Mario Procopio

     

    Imprenditore calabrese ucciso in Brasile, la sorella "Ufficilaita' solo tra 15 giorni"

    22 apr 11 "Dal ministero degli Esteri ci hanno detto che per avere l'ufficialità che il cadavere trovato è di mio fratello ci vorranno una quindicina di giorni". A dirlo è stata Daniela, la sorella di Mario Procopio, l'imprenditore di 36 anni, di Locri, scomparso nella città brasiliana di Fortaleza il 29 ottobre del 2009, ed il cui cadavere sarebbe stato trovato nei giorni scorsi ad Aquiraz, città satellite di Fortaleza, nello stato del Ceara. La donna, chiusa in casa insieme al padre Pasquale, ha evitato di incontrare i cronisti, ma ha parlato per pochi minuti al telefono. "Abbiamo avuto la notizia alcuni giorni fa - ha aggiunto - ma ancora attendiamo di avere gli esiti del dna. Non appena avremo il via libera andremo in Brasile per riportare a Locri la salma di mio fratello". Sulla dinamica dell'omicidio, la donna ha riferito di aver saputo che Mario è stato ucciso a colpi di pistola, probabilmente il giorno stesso della scomparsa, per una rapina. Al momento della scomparsa, Procopio, che viveva in Brasile dal 2004 ed era sposato con una donna di Fortaleza dalla quale aveva avuto un figlio, aveva una valigia con 200 mila real (circa 80 mila euro) e numerosi gioielli.

    "Siamo distrutti dal dolore. Io e i miei familiari non sappiamo cosa dirvi, né abbiamo voglia di parlare in questo momento tragico e molto triste per tutti noi". Daniela ha la voce rotta dal pianto. E' la sorella di Mario Procopio, l'ingegnere informatico di 36 anni di Locri, scomparso da Fortaleza, importante e grossa cittadina situata nel nord-est del Brasile, il 29 ottobre 2009 ed il cui cadavere sarebbe stato trovato alcuni giorni fa. Daniela ha saputo la notizia solo da pochi giorni, dal ministero degli Esteri. E da allora è chiusa in casa con il padre, Pasquale, titolare di un negozio di informatica che si trova a poche centinaia di metri dal palazzo di giustizia, vicino all'abitazione della famiglia. Oggi il negozio è chiuso. L'uomo non ce la fa a parlare, distrutto dal dolore. La figlia, avvocato, evita il contatto diretto con i cronisti. Al citofono declina gentilmente ma fermamente l'invito ad aprire, poi accetta di parlare, anche se per pochi minuti, al telefono. "Anche se l'esito degli esami del dna si conosceranno tra due un paio di settimane - dice con voce bassa - la polizia brasiliana è convinta che il corpo dell'uomo trovato ad Aquiraz, alla periferia di Fortaleza, sia di Mario. La stessa polizia ha fatto sapere alle autorità italiane che mio fratello sarebbe rimasto vittima di una rapina e in seguito ucciso dagli stessi rapinatori con alcuni colpi d'arma da fuoco". Mario Procopio, al momento della scomparsa, aveva con sé una valigia nella quale portava 200 mila real (circa 80 mila euro) e numerosi gioielli. Un bottino più che ghiotto per la criminalità brasiliana. In Brasile, Mario si era trasferito nel 2004. A Fortaleza aveva avviato una società nel settore immobiliare e aveva incontrato Eviny, una giovane brasiliana divenuta presto sua compagna e madre di suo figlio. Da allora i ritorni in Italia si erano fatti sempre più radi. Erano i familiari ad andare a trovarlo in Brasile. E per loro adesso si prospetta un ultimo, triste viaggio. "Non appena le autorità brasiliane ci comunicheranno l'esito del dna - dice Daniela - andremo in Brasile per il riconoscimento ufficiale. Una volta compiuti tutti gli atti necessari prenderemo il corpo di Mario e lo riporteremo in Calabria, nella sua Locri, dove sarà tumulato".

    Cominceranno solo mercolerdì prossimo, dopo le ferie pasquali, gli esami per determinare se i resti rinvenuti ad Aquiraz appartengono effettivamente a Mario Procopio, l'imprenditore calabrese scomparso nello stato brasiliano del Cearà nel 2009. Lo ha rivelato all'Ansa la polizia locale, secondo la quale non vi sarebbero comunque dubbi sull'identità dei resti che dovranno essere identificati con l'esame del Dna. I sospetti di essere l'esecutore materiale dell'uccisione di Procopio si concentrano su Jean Charles da Silva Liborio detto "Jean Caveira" (Jean teschio, in portoghese). Liborio è un ex sergente della polizia militare brasiliana, espulso per non meglio identificati "problemi psicologici", e diventato poi un temuto killer al soldo della malavita del Cearà. Liborio era già stato arrestato e poi rilasciato in varie occasioni: nel 2005, fu accusato di essere membro di uno squadrone della morte, ma poi rilasciato quando un misterioso incendio distrusse tutte le prove a suo carico. All'epoca della morte di Procopio, Liborio lavorava a tempo pieno come factotum e guardaspalle del sospetto mandante della morte dell'imprenditore calabrese, il 45enne iraniano Farhad Marvizi, boss di un'organizzazione della malavita del Cearà accusata di contrabbando, estorsioni e omicidi, e aveva ai suoi ordini altri cinque ex agenti militari. Marvizi, Liborio e gli altri membri della cosca sono in carcere dal 2010, accusati di undici omicidi e del tentativo di omicidio di un ispettore delle Finanze che ne investigava le attività nel 2008. Procopio, al momento della scomparsa, aveva con sé una valigia nella quale portava 200 mila real (circa 80 mila euro) e numerosi gioielli. Un bottino più che ghiotto per la criminalità brasiliana. In Brasile, Mario si era trasferito nel 2004. A Fortaleza aveva avviato una società nel settore immobiliare e aveva incontrato Eviny, una giovane brasiliana divenuta presto sua compagna e madre di suo figlio.

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