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    I riti della Pasqua Arbereshe

     

     

    I riti della Pasqua Arbereshe

    18 apr 11 La Pasqua nei centri di lingua e cultura albanese ancora legati al rito greco-bizantino è una Festa molto partecipata, in cui sacro e profano si fondono in un abbraccio antico. Le numerose e suggestive manifestazioni celebrate nel corso della "Jave e Madhe" (la Grande e Santa Settimana) rievocano i misteri della passione, morte e risurrezione di Gesù. Il Venerdì Santo, giorno di lutto, le campane rimangono mute e per annunciare l'inizio delle funzioni in molte chiese si usa ancora la "troka", uno strumento di legno che produce un caratteristico suono cupo. Due i cori che accompagnano il corteo funebre: quello delle donne, cui spetta il compito di condurre la statua della Addolorata, e degli uomini, cui è affidata la bara di Gesù. Suggestivi sono anche i canti in italiano e in albanese. Sabato, dopo la commemorazione della sepoltura di Cristo, a mezzogiorno i papàs annunciano la sua resurrezione spargendo in chiesa fiori e profumi e intonano con i fedeli il canto greco "Tòn Kirion imnite, kié iperipsute is pàndas tus eònas" (Lodate il Signore ed esaltatelo in tutti i secoli). In alcuni centri - come San Demetrio Corone, Vaccarizzo Albanese, San Cosmo e San Giorgio - la notte di sabato i fedeli perpetuano l'antico rito della "acqua muta". Qualche ora prima della mezzanotte, si recano in silenzio presso una fontana fuori del centro abitato. Lì giunti, dopo aver sorseggiato l'acqua, ritornano in paese tra gli echi del "Cristòs Anesti" (Cristo é risorto). Il secondo atto con la tradizione si tiene la mezzanotte di sabato. A San Demetrio Corone, in un luogo stabilito, si dà fuoco al tradizionale enorme falò di Pasqua, "Qerradonulla", simbolo di purificazione di ogni peccato e colpe. Domenica mattina, ultimo appuntamento con le cerimonie religiose più peculiari e significative della Pasqua arbereshe. Ai primi chiarori del giorno, si svolge la singolare funzione della "Fjala e mir", (la Buona Parola), che evoca l'entrata di Gesù negli inferi, la sua Resurrezione e la riconquista del Paradiso. Il sacerdote munito di una grossa croce si presenta sulla porta della chiesa tenuta chiusa all'interno dal sacrestano che, impersonando il demonio inferocito, urla e impedisce a chiunque di entrare, fino a quando il papàs, al terzo tentativo, battuta la finta resistenza di chi si oppone all'interno, fa il suo ingresso in chiesa seguito dai fedeli al canto del "Cristòs Anésti".

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