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    Lea Garofalo uccisa e squagliata nell'acido, sei arresti

     

     

    Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia, uccisa e squagliata nell'acido, sei arresti

    18 ott 10 Sei persone sono state arrestate per la scomparsa di Lea Garofalo collaboratrice di giustizia, avvenuta un anno fa a Milano, uccisa e sciolta nell'acido in un terreno a San Fruttuoso, vicino a Monza. L'ordinanza di custodia cautelare in carcere e' stata firmata dal gip milanese Giuseppe Gennari e notificata in queste ore dai carabinieri del nucleo investigativo di Milano. Ad essere accusati dell’omicidio Carlo Cosco, ex convivente della vittima, Giuseppe Cosco, noto come Smith, Vito Cosco, meglio conosciuto come Sergio, e Michele Sabatino, tutti presunti appartenenti alla cosca di Petilia Policastro. La vittima, a cui fu revocato da poco il programma di protezione, cadde in un tranello del suo ex che le aveva aveva chiesto di portargli la loro figlia in visita a Milano e secondo quanto accertato dalle indagini il 20 novembre 2009, la vittima era arrivata a Milano per permettere alla giovane di passare alcuni giorni con il padre. Il 25 novembre però, l’uomo e la figlia hanno denunciato la scomparsa della donna. Secondo quanto accertato dalle indagini il 24 novembre successivo, Carlo Cosco, è riuscito con un pretesto ad allontanare la Garofalo dalla figlia, assieme ad altri complici. Poi mentre la donna aspettava il ritorno della ragazza in zona Arco della Pace a Milano è stata prelevata, costretta a salire sull'auto di Cosco e uccisa, squagliata nell'acido.

    Nel provvedimento del giudice si ritiene che l’omicidio della donna sia stato una vera e propria “esecuzione”. Le ordinanze di custodia cautelare sono state chieste dal procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili e dai pm Marcello Tatangelo (DDA) e Letizia Mannella. Gli arresti sono stati eseguiti tra Lombardia, Calabria e Molise e sono in corso perquisizioni. In base agli accertamenti e alle dichiarazioni di un paio di pentiti, Lea Garofalo, 35 anni, alla quale nel febbraio del 2006 era stato revocato il programma di protezione, tra il 24 e il 25 novembre scorsi, prima di essere assassinata e sciolta nell’acido in un terreno nell’hinterland milanese, sarebbe stata anche interrogata dai suoi esecutori. Dei sei provvedimenti, due sono stati notificati in cella a Carlo Cosco, ex convivente della donna – dalla relazione è nata una figlia ora maggiorenne – e a Massimo Sabatino. I due erano già stati arrestati a febbraio per un precedente tentativo di sequestro, avvenuto a Campobasso nel maggio dell’anno scorso, con lo scopo di uccidere la Garofalo per vendicarsi delle dichiarazioni da lei rese agli inquirenti, a partire dal 2002, contro alcuni affiliati alle cosche della ‘ndrangheta di Petilia Policastro (Crotone). Gli altri quattro destinatari del provvedimento del giudice Gennari sono i fratelli di Carlo Cosco, Giuseppe detto Smith (gli e’ stato contestato anche lo spaccio di stupefacenti) e Vito detto Sergio, e altre due persone, una delle quali accusata solo di distruzione di cadavere. Secondo l’indagine, Carlo Cosco ha organizzato l’agguato teso a Lea Garofalo proprio mentre questa si trovava a Milano con la figlia. Proprio con il pretesto di mantenere i rapporti con la ragazza, legatissima alla madre, Cosco ha attirato la sua ex nel capoluogo lombardo. Almeno quattro giorni prima del rapimento, ha predisposto un piano, contattando i complici, assicurandosi sia il furgone dove é stata caricata a forza, sia la pistola per ammazzarla “con un colpo”, sia il magazzino o il deposito dove interrogarla, e infine l’appezzamento dove si ritiene sia stata sciolta nell’acido. La distruzione del cadavere, per inquirenti e investigatori, ha avuto lo scopo di “simulare la scomparsa volontaria” della collaboratrice e assicurare l’impunità degli autori materiali dell’esecuzione. Autori che inquirenti e investigatori hanno identificato in Vito e Giuseppe Cosco, ai quali Lea Garofalo è stata consegnata dagli altri due complici destinatari dell’ordinanza e indicati come i rapitori. L’accusa di omicidio è stata ipotizzata con le aggravanti della premeditazione. A dare l’allarme per prima per la sparizione della donna era stata proprio la figlia della Garofalo e di Cosco.

    Fu aggerdita 2 volte a San Vittore. Carlo Cosco, l'ex convivente di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia uccisa e sciolta nell'acido, aveva aggredito la donna in due occasioni anche in carcere a San Vittore nel 1996. E' stata la donna nel luglio del 2002 a raccontare al pm i due fatti. ''Agli inizi - aveva raccontato la donna a verbale - io ho mantenuto i rapporti, anche perche' quando gli ho detto, al colloquio prima di scendere in calabria, no ... quando sono rientrata, che avevo intenzione di lasciarlo e di andarmene via ... mi e' saltato addosso, sono intereventue le guardie, un macello insomma...''. Lea Garofalo aveva raccontato che le aggressioni erano state due a distanza di poche settimane: ''Mi pare - aveva fatto mettere a verbale - abbia beccato anche l'isolamento. Cosi' lui mi ha detto, poi non so se e' la verita'''.

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