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    Scritte inneggianti alle BR a Cetraro, assolto

     

     

    Scritte inneggianti alle BR a Cetraro, assolto

    19 mag 10 Presso il Tribunale Ordinario di Paola dinanzi al Giudice Monocratico Penale Pietro Sommella si è celebrato il processo a carico del cetrarese M.M., classe 1977, relativo all’imbrattamento e danneggiamento di parte dei muri esterni della Stazione Ferroviaria di Cetraro mediante l’uso di bombolette spray con delle scritte inneggianti, tra l’altro, all’Associazione con finalità di terrorismo denominata “Brigate Rosse”. Al cetrarese, difeso di fiducia dall’Avvocato Francesca Occhiuzzi del Foro di Paola, la Procura della Repubblica rappresentata in Udienza dal Vice Procuratore Onorario Elvira Gravina, gli veniva contestato il delitto di danneggiamento aggravato perché, nel marzo-aprile 2007 con più azioni commesse in tempi diversi ed esecutive del medesimo disegno criminoso, consistente nella volontà di imbrattare un bene di proprietà pubblica ed inneggiare all’Associazione con finalità di terrorismo denominata “Brigate Rosse”, mediante l’uso di bombolette spray deteriorava parte dei muri della Stazione Ferroviaria, quest’ultima da considerarsi edificio pubblico, scrivendovi “le nuove BR nasceranno a Cetraro. Max-Mal”, “Muto a Cetraro - Berlusconi a Milano. Vediamo a chi darà il caso il Procuratore dopo le BR”, “Muto a Cetraro - Berlusconi a Milano. Dopo l’ergastolo vendetta. BR” e disegnandovi infine per tre volte una stella a cinque punte accompagnata dall’acronimo BR con la circostanza aggravante di aver commesso i fatti approfittando di circostanze di tempo e di luogo tali da ostacolare la pubblica difesa, per aver agito, per la consumazione di entrambe le condotte, durante la notte e nello spiazzale incustodito ove si trova l’edificio oggetto materiale del reato”. Il difensore dell’imputato Avv. Occhiuzzi aveva chiesto, preliminarmente, di trasmettere gli atti al Giudice di Pace di Cetraro per incompetenza del Tribunale di Paola ma, una volta rigettata tale eccezione, si è aperta l’istruttoria dibattimentale che prevedeva l’escussione di una lunga lista di testimoni da parte della pubblica accusa, la cui maggior parte consisteva in personale appartenente alla locale Stazione Carabinieri e al Posto Fisso della Polizia di Stato nonché alla Divisione Investigazioni Generali per le Operazioni Speciali della Questura di Cosenza. Tuttavia sono stati sentiti solo il Luogotenente dei Carabinieri Pasquale Schettini, l’Ispettore Capo della Polizia Luigi Gangemi, l’Assistente Capo della Polizia Vincenzo Lavini ed un dipendente delle Ferrovie che abita nello stabile in cui si sono verificati i fatti oggetto del processo. Nessuno di questi, nonostante le richieste incalzanti del rappresentante dell’Ufficio del Pubblico Ministero, ha fornito elementi interessanti ai fini processuali che potessero dimostrare la colpevolezza dell’imputato per i reati ascrittigli. Eppure questo è stato un caso eclatante per il quale, addirittura, si era arrivati ad interessare gli Uffici Antiterrorismo di Catanzaro e di Bologna, la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione di Roma e la Divisione Investigativa della Questura di Cosenza. La difesa non ha fatto altro che far rilevare che le accuse erano generiche e totalmente inconsistenti e che le prove testimoniali e documentali andavano in tutt’altra direzione di quanto prospettato dagli organi inquirenti. Infatti lo stesso Vice Procuratore Onorario Gravina richiedeva l’assoluzione dell’imputato per insufficienza di prova mentre il difensore si opponeva e insisteva per il proscioglimento liberatorio più ampio. Il Giudice Monocratico Sommella, dopo essersi ritirato in Camera di Consiglio, ha deliberato con Sentenza la completa assoluzione dell’imputato M.M. per non aver commesso il fatto, accogliendo pienamente le richieste avanzate dalla difesa.

     

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