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    Durissimo colpo a cosche sibaritide

     

     

    Durissimo colpo a cosche sibaritide, 67 arresti, estorsioni, traffico di droga e società di comodo. Le indagini

    21 lug 10 Durissimo colpo inferto dalla D.d.a. di Catanzaro alla criminalita’ organizzata dell’alto ionio cosentino. in carcere 67 affiliati al “Locale di Corigliano” e sequestri patrimoniali per 250 milioni di euro Dalle prime ore di oggi, all’esito di una lunga e complessa indagine, i finanzieri del gico di catanzaro e del servizio centrale di investigazione sulla criminalita’ organizzata (S.c.i.c.o.) di Roma e i carabinieri del comando provinciale di Cosenza, stanno eseguendo 67 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti esponenti di uno dei piu’ pericolosi clan della ‘ndrangheta dell’alto ionio cosentino: il “Locale di Corigliano”.

    Per numero di arresti, spessore criminale, entita’ del patrimonio sottratto e per il coinvolgimento di una dozzina di imprenditori, si tratta di una delle piu’ importanti operazioni di sempre condotte contro la ‘ndrangheta nel distretto giudiziario di catanzaro.

    I reati contestati dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catanzaro, che ha accolto le richieste formulate dal procuratore della repubblica Antonio Vincenzo Lombardo e dal sostituto procuratore Vincenzo Luberto della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, all’estorsione, all’usura, al traffico di sostanze stupefacenti.

    Contestualmente, i reparti specialistici della Guardia di finanza stanno eseguendo sequestri patrimoniali per un valore complessivo di 250 milioni di euro.

    Oltre al territorio calabrese, la vasta operazione sta interessando le province di Roma, Reggio Calabria, foggia, Bologna, Brescia e milano.

    In particolare, nel capoluogo lombardo il gico sta procedendo all’arresto di 7 soggetti ritenuti responsabili di un traffico di sostanze stupefacenti tra la calabria ed il nord-italia gestito dall’organizzazione.

    Complessivamente, sono impegnati oltre 350 militari fra finanzieri e carabinieri.

    Genesi e sviluppo dell’indagine

    L’operazione prende il nome dall’omonima via ubicata nel centro di Milano, proprio a ridosso del duomo dove, presso alcuni locali pubblici, membri dell’organizzazione si davano appuntamento per concludere accordi e definire strategie circa la gestione del traffico di stupefacenti tra il nord-italia e la Calabria.

    Inizialmente, infatti, le indagini miravano a disarticolare un gruppo criminale dedito al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti nel territorio della piana di sibari ma con importanti ramificazioni anche nel capoluogo meneghino.

    Le investigazioni hanno subito rivelato che l’approvvigionamento, lo stoccaggio e la distribuzione dello stupefacente avvenivano sistematicamente sotto l’egida del noto e pericoloso sodalizio criminale di stampo ‘ndranghetistico denominato “Locale di Corigliano”, da diversi anni attivo nell’alto ionio cosentino.

    I riscontri e le risultanze così scaturite fornivano numerosi, significativi spunti per l’avvio di più ampie e penetranti attività investigative tese a monitorare l’intero novero degli interessi economici, leciti e non, facenti capo alla predetta organizzazione criminale.

    Le investigazioni sul campo, durate oltre tre anni (dalla fine del 2007 ad oggi), sono state condotte, con grandi sacrifici, attraverso l’utilizzo delle più evolute tecniche investigative e di ricerca della prova ed hanno conseguito il risultato di comprovare l’importante apporto collaborativo fornito da diversi pentiti che, a diverso titolo, avevano fatto parte dell’organizzazione criminale (Alfano Carmine, fra l’altro cognato e collaboratore di fiducia di Barilari Maurizio sino al 2006; Curato Vincenzo; Basile Giorgio; Cimino Giovanni; Cimino Antonio; Converso Giampiero, Russo Tommaso).

    Le loro dichiarazioni, infatti, sono state scandagliate a fondo, riscontrate con mirate attività sul territorio, verificate tramite un ampio ventaglio di intercettazioni telefoniche ed ambientali, testimonianze, nonche’ attraverso specifici approfondimenti economico-patrimoniali, contabili e finanziari.

    Si e’ potuto, in tal modo:

    • delineare ed aggiornare la composizione e gli equilibri interni al clan, ripercorrendone la storia criminale e gli avvicendamenti al vertice sino ai giorni nostri;

     

    • ricostruire una lunga serie di reati posti in essere dagli esponenti dell’organizzazione, fra cui numerosi episodi estorsivi, in merito ai quali sono state individuate e documentate le modalità attraverso cui la cosca imponeva a imprenditori della zona l’esborso di consistenti somme di danaro a titolo di “pizzo”;
    • risalire alle persone, tutte incensurate, che si prestavano ad interporsi fittiziamente nell’intestazione di beni ed attività economiche acquisiti tramite il reimpiego di danaro illecitamente accumulato dalla consorteria criminale e molto spesso utilizzate per la commissione di attivita’ estorsive.

     

    Il “locale di Corigliano”

    L’origine e la presenza del gruppo criminale denominato “locale di Corigliano” sono state delineate, da ultimo, nella sentenza relativa al processo c.d. “corinan”, emessa in esito al p.p. 3134/04 e collegati dal tribunale di rossano nel settembre del 2009.

    Al comando dell’organizzazione si collocava, sino alla data della sua uccisione avvenuta il 10 giugno 2009, Bruno Antonio (59 anni), alias “giravite”, il quale era subentrato nella posizione di vertice a seguito della decapitazione della precedente leadership ad opera delle forze di polizia e della magistratura.

    Durante il suo ultimo periodo di detenzione, le redini dell’organizzazione coriglianese sono state affidate, anche su volere degli zingari di cassano, ed in particolare del loro capo Abbruzzese Franco alias “dentuzzu”, a Barilari Maurizio (41 anni).

    Il barilari e’ stato arrestato in data 16.07.2009 dal R.o.s. dei carabinieri in esecuzione di ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal G.i.p. di Catanzaro per vari reati, tra cui concorso in omicidio volontario ed associazione per delinquere di stampo mafioso, nell’ambito della operazione denominata “timpone rosso” condotta contro il cosiddetto “clan degli zingari” (attivo nell’alto ionio cosentino).

    secondo quanto emerso dalle indagini, gli zingari di cassano erano in collegamento con il locale di Corigliano per il tramite proprio di Maurizio Barilari, il quale avrebbe avuto un ruolo di "mediazione" tra le cosche, occupandosi anche di estorsioni e di traffico di stupefacenti.

    Posizione di rilievo all’interno del locale coriglianese riveste poi la figura di Mollo Pietro salvatore (cl. 69) il quale, unitamente al cognato Marrazzo Alfonso Sandro (41 anni) e ad  altri sodali ha avuto un ruolo di assoluto rilievo nel traffico di droga gestito dalla cosca nonchè in diverse attività estorsive e usurarie.

    Infatti, sebbene all’interno del “locale” di Corigliano fossero stati individuati altri soggetti come referenti unici del traffico di stupefacenti e/o della raccolta del denaro a titolo estorsivo (in primis Maurizio Barilari), bruno Antonio dopo un primo periodo di forti contrasti, aveva finito per tollerare le suddette ingerenze criminali da parte di Mollo Pietro salvatore in quanto quest’ultimo corrispondeva direttamente a lui parte dei proventi derivanti dalle sue attività illecite, anziché versarla nelle casse dell’organizzazione.

    All’interno dell’organizzazione coriglianese emergono, poi, altri personaggi di elevato spessore criminale, tra cui il già citato Marrazzo Antonio (57 anni) e Pietro Longobucco (43 anni) alias “‘u iancu”.

    Il traffico di stupefacenti

    Il filone riguardante il traffico di sostanze stupefacenti prendeva avvio dagli elementi investigativi acquisiti nel corso dell’attività tecnica svolta nell’ambito dell’operazione “skoder 2005”.

    Il prosieguo delle indagini rivelava l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti formata da personaggi appartenenti al “locale” di ‘ndrangheta di Corigliano calabro e da appartenenti alla famiglia mafiosa dei presta di Roggiano gravina.

    Il gruppo coriglianese risultava formato da Mollo Pietro Salvatore (41 anni), che rivestiva il ruolo di capo, Mauro Giuseppe (42 anni) e Marrazzo Alfonso Sandro (41 anni).

    Le attività investigative davano ampio riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia coriglianesi, i quali avevano riferito che mollo, insieme a Marrazzo e a mauro, aveva costituito una propria rete di smercio di stupefacenti su Corigliano calabro, parallela alla rete di distribuzione “ufficiale” del clan.

    Ciò grazie anche agli appoggi che il mollo godeva da parte di esponenti di vertice della cosca Farao-Marincola di Cirò che gli avevano consentito di ritagliarsi un suo spazio autonomo all’interno della “onorata società” coriglianese, generando forte contrasti interni, prima con Longobucco Pietro e, successivamente, con Barilari Maurizio.

    Il gruppo dei roggianesi, capeggiato da Presta Antonio (47 anni), era formato da Presta Roberto (33 anni), Presta Giuseppe (23 anni), Ursomarso Giuseppe (42 anni), Grosso Vincenzo (33 anni), Malvito Renato (39 anni) e Martorelli Attilio (38 anni).

    All’intero di tale gruppo, sussisteva una vera e propria divisione “territoriale” dei compiti che vedeva:

    • Ursomarso Giuseppe, coordinare le attività di gestione del traffico nel nord Italia e, in particolare, nella città di Milano;

     

    • Presta Roberto e Martorelli Attilio gestire lo spaccio di stupefacente nel comprensorio di Roggiano Gravina.

    Sia Ursomarso Giuseppe che Presta Roberto facevano riferimento sempre e comunque a Presta Antonio il quale risultava essere persona di “rispetto” anche in considerazione dei collegamenti con il “crimine” di cirò.

    Nel corso delle indagini, i finanzieri di Catanzaro hanno portato a termine una decina di interventi repressivi in Calabria e nel milanese sequestrando, di volta in volta, quantitativi di cocaina ed eroina, in alcuni casi nell’ordine di un chilogrammo, e arrestando in flagranza 6 corrieri.

    Le attivita’ estorsive

    Le indagini svolte sul versante delle altre attività illecite poste in essere dall’organizzazione criminale hanno consentito di riscontrare  l’esistenza di una sistematica attività estorsiva ai danni di numerosi imprenditori locali realizzata dalla cosca coriglianese, soprattutto tramite la figura di Barilari Maurizio il quale, attraverso l’interposizione di imprese da lui direttamente o indirettamente controllate, ha potuto dissimulare gli illeciti trasferimenti di denaro originati dalle estorsioni attraverso operazioni commerciali di comodo risultate in tutto o in parte inesistenti.

    Fra le attività estorsive maggiormente significative, si segnalano:

    • l’imposizione ad imprese locali delle forniture di materiale cartoplastico, tramite la ditta individuale M.L.C. di Martillotti Cosimo.

     

    Questa ditta, formalmente intestata al prestanome Martillotti Leopoldo Cosimo (42 anni) - che fino ad allora lavorava come dipendente in una cooperativa di pescatori- ma di fatto riconducibile a Maurizio Barilari, era riuscita a conseguire progressivamente una posizione egemonica nelle forniture di materiale cartoplastico nell’area di Corigliano calabro e zone limitrofe, grazie alle pressioni criminali della cosca coriglianese.

    La progressiva ascesa della ditta facente capo a Barilari Maurizio ha determinato la costituzione di una sorta di “duopolio”, atteso che sul mercato della cartoplatica operava gia’ da tempo e con medesime modalita’ impositive un’altra ditta, riconducibile a mollo Pietro Salvatore.

    La conseguenza era che moltissimi esercizi commerciali di corigliano e dintorni erano costrette ad acquistare merce da entrambi i fornitori, circostanza questa riferita dagli stessi collaboratori di giustizia e puntualmente riscontrata attraverso mirati controlli di natura contabile;

    • l’imposizione di lavori di muratura e tinteggiatura della ditta individuale Barilari Fabio e di fittizie sponsorizzazioni sportive tramite la società calcistica Schiavonea ‘97.

     

    A partire dal 2001, Barilari Fabio (39 anni), fratello di Maurizio, diviene titolare di un’impresa di tinteggiatura di edifici commerciali e rappresentante legale della società calcistica Schiavonea ‘97; entrambe le società, tramite l’emissione di fatture per operazioni inesistenti in tutto o in parte, fornivano la copertura contabile a flussi di danaro illecito frutto delle estorsioni (es. veniva simulata in tutto o in parte l’esecuzione di lavori di tinteggiatura ed il relativo compenso, coperto da fattura commerciale, era in realtà l’importo dell’estorsione imposta all’imprenditore committente dei lavori);

    • L’estorsione praticata, tramite i fratelli Straface, fratelli dell’attuale sindaco, ai danni dell’”Airone s.r.l.” nell’ambito della costruzione di un villaggio turistico.

     

    Fra le attività di natura estorsiva poste in essere dalla cosca di Corigliano notevole rilevanza assume, per la portata economica della stessa e per il numero dei soggetti coinvolti, quella compiuta nell’ambito della realizzazione di un villaggio turistico in località Thurio (o Scavolino) da parte dell’ “Airone s.r.l.”

    In particolare, il titolare della società è stato costretto da Barilari Maurizio ad affidare un appalto milionario, dapprima per la sola fornitura del cemento e successivamente di tutta l’opera secondo la formula “chiavi in mano”, alla straface s.r.l.., società dei fratelli Mario e franco straface, indicati da tutti i collaboratori di giustizia come imprenditori storicamente legati alla cosca coriglianese.

    Sistematicamente spalleggiati dai maggiorenti della onorata società coriglianese, Franco e Mario straface hanno scelto le imprese subappaltatrici che hanno fatturato alla  straface s.r.l. ( impresa capofila) importi non dovuti cosi’ creando dei fondi neri che sono stati finanziati, forzatamente, da Curto e girati alla bacinella della cosca coriglianese.

    In particolare, gli straface, con l’appoggio costante degli altri plenipotenziari dell’onorata società coriglianese, hanno imposto a curto condizioni economiche tali da determinare un aggravio di spesa superiore al 20 % dell’importo dei lavori.

    Le indagini patrimoniali

    Parallelamente alle indagini di polizia giudiziaria, i finanzieri del servizio centrale investigazione sulla criminalità organizzata (S.c.i.c.o) di Roma e del Gico di Catanzaro, hanno condotto mirate indagini economico-finanziarie disposte sempre dalla Dda di Catanzaro, grazie alle quali è stato possibile di ricostruire in capo ai principali indagati notevolissimi complessi patrimoniali costituiti, prevalentemente, da beni immobili, attività commerciali e quote societarie, detenuti sia direttamente sia attraverso l’impiego di prestanome.

    I conseguenti provvedimenti di sequestro preventivo emessi dal g.i.p. del tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale procura  distrettuale, colpiscono i seguenti beni per un valore stimato in 250 milioni di euro:

    • 48 societa’ di capitali e/o di persone ed imprese individuali operanti principalmente nel settore dell’edilizia e degli appalti e della distribuzione di prodotti di cartoplastica;

     

    • 69 fra appartamenti e ville;
    • 68 terreni;

     

    • nr. 55 veicoli;
    • numerosi rapporti bancari e polizze vita.

     

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