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    Prevenzione frane, 2 comuni calabresi tra i peggiori d'Italia

     

     

    Prevenzione frane, 2 comuni calabresi tra i peggiori d'Italia

    07 dic 10 E' Senigallia, nelle Marche, il comune italiano che piu' degli altri ha operato per prevenire frane ed alluvioni e ridurre cosi' i rischi per la popolazione. La classifica e' contenuta nel rapporto 'Ecosistema rischio 2010', l'indagine sulla fragilita' del territorio italiano e sulle attivita' messe in campo dai comuni per ridurre i rischi, realizzato da Legambiente e Dipartimento della Protezione Civile, presentato oggi a Roma. ''A seguito di interventi di delocalizzazione - si legge nell'indagine - a Senigallia non sono presenti abitazioni e industrie in aree a rischio idrogeologico e viene realizzata un'ordinaria attivita' di manutenzione delle sponde e delle opere di difesa idraulica''. Inoltre, ''il comune si e' dotato di un piano di emergenza aggiornato, ha organizzato iniziative di informazione rivolte alla popolazione ed esercitazioni per verificare la reale efficacia del piano d'emergenza. E nel territorio comunale sono presenti sistemi di monitoraggio e di allerta in caso di pericolo''. Senigallia ha avuto un punteggio di 9,5 su 10: la presenza di un centro commerciale in un'area a rischio non gli ha permesso di ottenere il massimo. Il rovescio della medaglia e' invece rappresentato da 7 comuni del Sud e da uno dell'Emilia Romagna, che hanno ottenuto un pesantissimo zero in pagella: si tratta di Bolognetta (Pa) e Ravanusa (Ag) in Sicilia, Coriano (Rn) in Emilia Romagna, San Roberto e Fiumara (Rc) in Calabria , Paupisi (Bn) e Raviscanina (Ce) in Campania. Nei territori di queste amministrazioni, afferma il rapporto, ''e' presente una pesante urbanizzazione delle zone esposte a pericolo di frane e alluvioni e non sono state avviate attivita' mirate alla mitigazione del rischio, ne' dal punto di vista della manutenzione del territorio ne' nell'attivazione di un corretto sistema comunale di protezione civile''.

    L'indagine condotta da Legambiente e dalla Protezione Civile - presentata questa mattina a Roma dal direttore generale di Legambiente Rossella Muroni e dal capo del Dipartimento della Protezione Civile Franco Gabrielli - ha riguardato oltre duemila amministrazioni comunali, vale a dire il 37% dei 6.633 comuni inseriti nelle aree piu' a rischio dal ministero dell'Ambiente e dall'Unione delle province italiane. E il quadro che emerge e' tutt'altro che rassicurante, anche in considerazione del fatto che soltanto nell'ultimo anno sono stati stanziati 650 milioni per fronteggiare le piu' gravi emergenze idrogeologiche. ''I danni provocati dalle recenti alluvioni in Veneto, Calabria e Campania - dice Muroni - sono la testimonianza di quanto il nostro paese sia sempre piu' esposto al rischio idrogeologico''. E dunque ''non puo' bastare il sistema di pronto soccorso per l'emergenza gia' in corso, ma e' necessaria una concreta politica di prevenzione, agendo su quei fiumi, torrenti e fossi che sembrano rappresentare oggi la vera emergenza dell'Italia''. ''La vera grande opera di cui ha bisogno il paese - aggiunge il responsabile protezione civile di Legambiente, Simone Andreotti - e' un intervento di prevenzione e manutenzione dei corsi d'acqua su scala nazionale. Un'opera di prevenzione improrogabile'' che faccia della ''sicurezza della collettivita' una priorita'''. Parole confermate dai dati raccolti, ancor piu' veritieri in quanto frutto di un'autocertificazione dei comuni e non di un' interpretazione di Legambiente. E dunque: nell'82% dei comuni sono presenti abitazioni in aree golenali, in prossimita' degli alvei e in aree a rischio frana; nel 54% vi sono nelle stesse aree fabbricati industriali e in tre comuni su dieci (31%) ci sono addirittura interi quartieri a rischio. Nel 19% dei comuni, invece, sono gli ospedali e le scuole ad essere stati costruiti in aree di pericolo. Solo il 22% dei comuni, dice il rapporto, svolge in modo positivo il lavoro di mitigazione del rischio mentre quasi un'amministrazione su 2 (43%) non fa praticamente nulla per prevenire frane e alluvioni. Unica nota positiva, se cosi' si puo' chiamare, e' che il 76% dei comuni ha un piano d'emergenza in caso di pericolo: ma nel 51% dei casi si tratta di piani che non sono stati aggiornati negli ultimi due anni. Quanto alla delocalizzazione delle abitazioni nelle zone a rischio, soltanto il 6% dei comuni ha intrapreso iniziative positive e solo il 3% ha fatto lo stesso per insediamenti e fabbricati industriali. Perche'? C'e', dice Legambiente, ''una generale resistenza delle popolazioni ad accettare'' la delocalizzazione, ''anche a fronte di un rischio acclarato''.

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