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    Presidente nazionale Arci visita campi dalla legalità a Pentadattilo

     

     

    Presidente nazionale Arci visita campi dalla legalità a Pentadattilo

    04 ago 10 Martedì 3 agosto, per il primo dei laboratori della seconda parte dei Campi del Sole, i volontari che stanno vivendo questa esperienza a Pentedattilo, hanno ricevuto la visita del presidente Nazionale dell’ARCI, Paolo Beni. Mai come in questo caso, si è trattato quindi di un momento di confronto con i ragazzi su quello che si sta facendo e su quanto si può ancora fare attraverso il progetto dei Campi di lavoro e studio su terreni confiscati. L’incontro è stato introdotto da Peppe Fanti, Presidente del Comitato Territoriale Arci di Reggio Calabria che ha voluto sottolineare come la presenza del presidente nazionale sia un segnale dell’attenzione dell’ARCI alla realtà calabrese e, allo stesso tempo, un’importante riconoscimento del lavoro svolto sul territorio reggino, in particolare della capacità di sviluppo associativo nell’area grecanica. Il progetto dei Campi del Sole, infatti, mette insieme numerose realtà associative e cooperative del territorio che lavorano insieme sul terreno confiscato di Villa Placanica. Nuccio Quattrone, presidente di lega Coop e del Consorzio Terre del Sole, ha spiegato il lungo percorso che ha portato al recupero del terreno, dall’assegnazione in comodato d’uso dopo oltre 10 anni di abbandono fino alla produzione dei primi ortaggi nel 2009. Il percorso avviato, che prevede ulteriori progetti sperimentali, ha il fine dell’inserimento lavorativo di categorie svantaggiate. Paolo Beni ha affermato che la sua presenza ai Campi del Sole intende ribadire la centralità che riveste per l’ARCI il lavoro sui beni confiscati, e si è trattato quindi di una visita che era doveroso inserire tra i tanti impegni esistenti a livello nazionale. Ha poi voluto ricordare ai ragazzi che la loro non è un’opera missionaria, ma un progetto di impegno nell’aiuto concreto alla resistenza e alla lotta di chi abita queste terre. Sempre secondo le parole di Paolo Beni, si tratta di un’esperienza fortemente formativa dal punto di vista umano e civile da spendere quando si torna, arricchiti, alle proprie città. È tutta la società italiana ad avere bisogno di questo impegno civile, di questo contatto tra realtà sociali diverse. Il presidente dell’ARCI ha ricordato, inoltre, che il problema della criminalità organizzata non è un problema regionale. La ‘ndrangheta sta dimostrando una straordinaria capacità di penetrare il territorio, anche in posti insospettabili, inquinando interi settori dell’attività economica, grazie all’enorme disponibilità di risorse. Ha la capacità di distribuire ricchezza e, quindi, di creare consenso. Di fronte a questa capacità di penetrazione, non basta il lavoro delle forze preposte alla lotta alla criminalità, perché le mafie possono fare affidamento sulla passività e la rassegnazione della maggioranza. Le mafie, ha continuato Beni, hanno bisogno di uno spazio pubblico svuotato, debole, incapace di creare partecipazione. Finché ognuno si sente solo, è maggiormente ricattabile. Per questi motivi è importante l’impegno delle associazioni, occorre ricostruire legami sociali. Da quando esiste la legge sulla confisca dei beni e sul loro riutilizzo a fini sociali, ogni volta che un bene viene tolto alle mafie e riassegnato per un uso sociale si ha un segno tangibile che lega l’azione repressiva dello stato con la ricostruzione, la dimostrazione che si può fare impresa operando nella legalità. Pensare al prossimo anniversario dei 150 dell’Unità d’Italia è un’occasione per rileggere la storia dal basso, per riappropriarsene in un’ottica di responsabilità collettiva, è importante il protagonismo dei cittadini. È necessario condividere problemi, obiettivi e risorse e comprendere che i problemi dei territori si risolvono se diventano problema di tutti e i problemi nazionali si risolvono se affrontati sul territorio”. Per fare ciò non bastano le due settimane dei campi di lavoro, ma bisogna creare reti di relazioni durante tutto l’anno, con l’auspicio che la presenza di giovani provenienti da diverse regioni d’Italia per lavorare sui terreni confiscati, col tempo, aiuti a creare delle relazioni, una conoscenza reciproca che coinvolga sempre di più anche la gente del posto.

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