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    Dirty Soccer, coinvolta Salernitana e altre 2 squadre, trovati pizzini con quote

     

    Dirty Soccer, coinvolta Salernitana e altre 2 squadre, trovati pizzini con quote

    20 mag 15 Ci sono almeno altre cinque partite che sarebbero state combinate e su cui gli inquirenti di Catanzaro che hanno concluso ieri la prima fase dell'inchiesta sul calcioscommesse stanno indagando. Gare che riguarderebbero almeno 3 squadre, tra cui la Salernitana, promossa direttamente in serie B dopo aver vinto il girone C di Lega Pro. Delle partite su cui si starebbe concentrando l'attenzione degli investigatori della squadra mobile di Catanzaro e del Servizio centrale operativo, di Lega Pro, avrebbero parlato in diverse telefonate alcuni degli indagati e degli arrestati nell'operazione di ieri. Discorsi nei quali, si apprende da fonti qualificate, i personaggi coinvolti nell'inchiesta affermerebbero di aver avuto notizie da soggetti terzi sulla possibilità di scommettere su quelle partite perché combinate. Si tratterebbe di almeno una decina di soggetti, tra cui altri calciatori e dirigenti sportivi. E sarebbero almeno tre le squadre tirate in ballo in questa nuova fase dell'inchiesta: la Salernitana, che ha vinto il girone C di Lega Pro e l'anno prossimo giocherà in serie B, ma anche il Benevento e l'Ascoli: la prima è inserita nello stesso girone della Salernitana; la seconda, invece, milita nel girone B, sempre di Lega Pro. Entrambe hanno disputato i play off per accedere in serie B e sono state sconfitte.

    Trovati pizzini con quote e squadre. Alcuni "pizzini" con quote, nomi di squadre e modalità di giocate sono stati trovati dalla polizia nel corso delle perquisizioni effettuate contestualmente all'esecuzione dei 50 fermi disposti dalla Dda di Catanzaro per il calcioscommesse. In uno, ad accompagnare la giocata da fare, c'è scritto: "se ci beccano ci arrestano". Le perquisizioni effettuate dalla squadra mobile di Catanzaro e dallo Sco hanno riguardato sia le persone sottoposte a fermo, sia altre 27 per ora indagate in stato di libertà. Gli investigatori sono andati alla ricerca, soprattutto, di tablet e smartphone. Dalle indagini, infatti, è emerso che in certe fasi delle trattative per organizzare le combine, i fermati utilizzavano la messaggeria telefonica ed in particolare whatsapp. I pizzini, secondo quanto appreso da fonti qualificate, sarebbero stati utilizzati da alcuni indagati anche per comunicare le modalità di gioco delle scommesse al fine di evitare di concentrare somme troppe elevate sulle singole partite, così da evitare l'abbassamento della quota o di destare sospetti.

    Lotito: vado avanti come un treno."Non ho niente da dire, parlo con i fatti: vado avanti come un treno sulla strada del lavoro e dei risultati, e' evidente che sto cogliendo nel segno. Tutto queste bugie non mi interessano, rispondo alla mia coscienza". Cosi' Claudio Lotito al telefono con l'Ansa sulle inchieste sul calcio: "La Salernitana? I pizzini? Ma non scherziamo…”. "Qui - aggiunge Lotito - si diffondono cose senza un reato contestato, chiaro che se ne occuperà il mio avvocato ma quanto danno è già stato fatto? Comunque - ribadisce - io dichiarazioni ufficiali non ne faccio, anzi lasciatemi andare, tra l'altro siete insensibili a tempestarmi di telefonate a poche ore dalla finale di coppa Italia"

    Torres diede OK. Il direttore sportivo dell'Aquila, Ercole Di Nicola, avrebbe avuto un ruolo anche nel campionato della Torres. Sarebbe stato lui a combinare il risultato della gara di Coppa Italia con il Pisa. Nelle oltre 1300 pagine del provvedimento di fermo emerge che con la collaborazione di Giuseppe Sampino, ex calciatore e oggi procuratore sportivo, Di Nicola sarebbe entrato in contatto con la dirigenza della Torres "riuscendo ad averne la disponibilità a vendere il risultato dell'incontro di Coppa Italia che la squadra sarda avrebbe disputato, di lì a pochi giorni, con il Pisa". Di Nicola avrebbe messo a frutto la frode "vendendo il risultato artefatto dell'incontro ad un gruppo di scommettitori stranieri (serbi e sloveni)" dietro il pagamento di 20mila euro.
    Col Pisa farsa, giocò con la Berretti. La partita Pisa-Torres del 29 ottobre 2014, valevole per la Coppa Italia di Lega Pro e finita sotto la lente degli investigatori della Dda di Catanzaro per l'inchiesta sul calcioscommesse, fu una farsa e irritò molto il club toscano perché i sardi spedirono a giocare la Berretti e i nerazzurri ritennero il gesto poco rispettoso del pubblico pagante. La società nerazzurra non è minimamente coinvolta nell'inchiesta e sceglie la strada del silenzio. Ma il comportamento dei sardi non piacque affatto ai toscani, che liquidarono la pratica con un secco 4-0. La Torres mandò a giocare la formazione giovanile 'rinforzata' da un unico giocatore della prima squadra squalificato in campionato e che dunque avrebbe saltato l'impegno successivo. A Pisa non andò neppure l'allenatore Costantino, ma il suo secondo. Insomma uno 'schiaffo' per il mancato accordo tra i due club per disputare il match. Alla fine anche l'allora tecnico toscano Piero Braglia commentò con fastidio: "E' stata una partita che non ha avuto senso, meno male non ci sono stati infortuni".

    Torres: mai venduto niente. "Io non ho venduto niente, chi dice il contrario sbaglia o è in malafede". Il giorno dopo la tempesta, il presidente della Torres, Domenico Capitani, continua a professare la sua assoluta estraneità rispetto all'attività criminosa di chi aveva messo in piedi una vera e propria struttura d'affari specializzata nel calcioscommesse e stanata dall'inchiesta "Dirty Soccer" della Procura di Catanzaro. "La Torres non costa 5mila euro o 15mila", dichiara il presidente. Il riferimento è a uno stralcio delle intercettazioni legate alla presunta combine di Pisa-Torres, partita di Coppa Italia di LegaPro, giocata il 29 ottobre 2014, per la quale Capitani è finito sul registro degli indagati insieme all'ex allenatore Massimo Costantino. Più complicata la posizione dell'ex direttore sportivo Enzo Nucifora - da ieri in carcere - tirato in ballo anche per Monza-Torres del 17 dicembre 2014 e indicato dagli inquirenti come membro attivo dell'associazione criminale. Ercole Di Nicola, direttore sportivo dell'Aquila e figura centrale dell'inchiesta, grazie alla collaborazione del complice Giuseppe Sampino, ex calciatore, oggi procuratore sportivo, sarebbe entrato in contatto con la dirigenza della Torres, ottenendo la disponibilità a vendere il risultato dell'incontro di Coppa Italia che la squadra sarda avrebbe disputato con il Pisa. Di Nicola avrebbe poi venduto il risultato dell'incontro a un gruppo di scommettitori serbi e sloveni, che in cambio avrebbero pagato agli indagati 20mila euro per l'opera prestata. "Se i tifosi pensano che io possa fare un'operazione del genere per due noccioline allora mi ritengono davvero un cretino - commenta Capitani - sono rattristato da quel che leggo dell'avvocato Nucifora, ma per quanto mi riguarda chiarirò tutto al momento opportuno". Una posizione chiara, confermata dalla volontà di continuare a lavorare per il futuro della squadra sassarese. "Quello che mi interessa ora è la Torres - conferma il presidente - continuerò a lavorare per la Torres, come ho fatto in questi anni, con grandi sacrifici"

    Montalto: siamo estranei. Comunicato ufficiale della Società pubblicato su facebook "in merito alle notizie apprese a mezzo stampa dell’operazione della Polizia di Stato, denominata “Dirty Soccer” "La Società Compr. Montalto Uffugo calcio, dopo aver appreso dagli organi di stampa del presunto coinvolgimento di due tesserati (peraltro già da tempo non facenti parte dello staff tecnico), nell'inchiesta relativa al calcio scommesse, si dichiara totalmente estranea ai fatti, oggetto dell'indagine e ripone assolluta fiducia nell'operato della Magistratura. La Società, comunica altresì. di ritenersi parte lesa della vicenda e si attiverà nelle sedi opportune per la tutela della propria immagine, sempre improntata ai valori di legalità e sportività."

    Tuttocuoio: Escludiamo coinvolgimento. La società A.C. Tuttocuoio 1957, "esclude qualunque coinvolgimento nella vicenda e smentisce anche la notizia riguardante un presunto ruolo dirigenziale del signor Andrea Bagnoli con la nostra società, con la quale il suindicato non svolge alcun ruolo dirigenziale nè di altra natura". Lo scrive la società di Ponte a Egola, una frazione del comune di San Miniato (Pisa), sul sito ufficiale appena appresa la notizia dell'indagine sul calcioscommesse. Il Tuttocuoio sarebbe stato chiamato in causa per la partita Aquila-Tuttocuoio, dove uno degli arrestati avrebbe cercato di combinare, senza riuscirci, il risultato. Per la società della provincia di Pisa i contatti sarebbero stati tenuti, secondo l'accusa, proprio da Bagnoli (procuratore di molti giocatori, anche di Serie A e B) che sarebbe uno degli indagati, che Daniele Donati, amministratore della società toscana, ribadisce "non è mai stato un nostro dirigente". "Noi non sappiano assolutamente niente: il Tuttocuoio non ha avuto nessuna perquisizione - conclude Donati - nè è mai stato al centro di interessi. Siamo completamente estranei a tutta la vicenda".

    Ascoli "Noi estranei". In merito alle indiscrezioni su un possibile coinvolgimento dell'Ascoli Picchio nell'attuale inchiesta "Dirty Soccer", la società dichiara "l'assoluta estraneità sua e dei propri tesserati a qualsiasi forma di scommessa. L'Ascoli Picchio - si legge in una nota - non è stata in alcun modo chiamata in causa dalla magistratura in merito all'attuale inchiesta e sottolinea che, come forma assoluta di prevenzione, a inizio stagione aveva fatto sottoscrivere ai propri giocatori un documento dove si vietava tassativamente ogni forma di scommessa, pena la risoluzione anticipata del contratto".

    Boss a presidente Neapolis: Prima i soldi. "E che ci sto a fare là, con una squadra di 'babbi' (babbei, ndr) che a a me non piace. Quest'anno ha deciso che vuole vincere con pochi soldi .. e gli ho detto 'va bene ho capito ma i miei dammeli prima' e ha detto che lui prima non paga neanche i giocatori. Infatti i giocatori non ti fanno vincere il campionato". Parole chiare, nette, decise che per gli investigatori lasciano ben poco spazio ai dubbi: Pietro Iannazzo, "consulente di mercato" del Neapolis, squadra campana di serie D, la squadra l'avrebbe fatta vincere combinando le partite forte del suo ruolo di elemento di primo piano dell'omonima cosca di 'ndrangheta operante a Lamezia Terme. Un nome "pesante" all'interno dell'organizzazione criminale, quello di Pietro Iannazzo, nipote del capo clan Vincenzino detto "il Moretto". Detenuto da giovedì scorso dopo essere stato arrestato per associazione mafiosa nel corso di un blitz contro la sua famiglia, era proprio lui, secondo gli inquirenti, uno degli elementi di vertice di una delle due organizzazioni criminali dedite al calcioscommesse sgominate stamani da squadra mobile e Sco. E sempre da lui, da quella sua telefonata intercettata nell'estate scorsa mentre parla riferendosi al presidente del Neapolis Mario Moxedano, è partita la nuova indagine che ha scoperchiato il pentolone sul marcio del calcio. Che la 'ndrangheta avesse mire sul mondo del pallone non è una novità assoluta. Già i Pesce di Rosarno, secondo i pentiti, erano inseriti in squadre di calcio e truccavano le partite. Libera ricorda come nel proprio dossier "Le mafie nel pallone" del 2010 furono circa 30 i clan direttamente coinvolti o contigui censiti nelle principali inchieste riguardanti le infiltrazioni mafiose e i casi di corruzione e riciclaggio nel mondo del pallone. Ma l'inchiesta Dirty soccer, per dirla con le parole del capo dello Sco Renato Cortese, dimostra "come le ramificazioni della 'ndrangheta abbiano assunto un livello esorbitante non solo nei settori classici in cui operano le cosche ma anche nel mondo dello sport". La 'ndrina degli Iannazzo, nel panorama criminale calabrese, è stata indicata dai magistrati della Dda di Catanzaro come una cosca "d'elite della mafia imprenditrice" dedita agli affari, ma anche capace di scatenare una guerra con altre consorterie per mantenere il proprio predominio sul territorio. E gli "affari" si fanno anche nel mondo del calcio, combinando le partite per far vincere la squadra per cui si lavora e portarla alla promozione, ma anche approfittando del giro criminale per scommettere su gare aggiustate e guadagnare facile con calcioscommesse. E Iannazzo, avvalendosi della sua caratura criminale dovuta all'essere un esponente di spicco di una cosca in rapporto con le principali consorterie della regione, e grazie alle sue conoscenze con esponenti di varie società calcistiche calabresi, secondo gli inquirenti era riuscito a realizzare "una vera e propria rete di 'personaggi', tutti collegati tra loro, che si adoperavano in un sistema di 'mutua assistenza' finalizzato a condizionare alcuni risultati di partite di calcio della Serie D, per le quali era anche possibile effettuare regolari scommesse dei concorsi pronostici autorizzati". Pietro Iannazzo, secondo gli inquirenti, rappresenta la figura strategica dell'organizzazione di cui fa parte e che, proprio grazie a lui, "riesce ad insinuarsi in gangli insospettabili della cosiddetta società civile", non disdegnando, ovviamente, di ricavarne un utile economico illecito, a tutto beneficio del programma criminoso collettivo. Una presenza, quella della 'ndrangheta anche nel calcioscommesse, che ha portato la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi a sottolineare come la presa della criminalità organizzata su questo settore non possa "essere più minimizzata, come fenomeno locale o episodico. Si sta superando ogni livello di guardia". Per la Bindi "occorre liberare il calcio dal malaffare con risposte immediate e più rigorose, ma c'è da chiedersi se i vertici della Figc e le leghe delle squadre sono davvero all'altezza di questa sfida".

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