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    Il Consiglio regionale commemora i 150 anni dell'Unita' d'Italia

     

     

    Il Consiglio regionale commemora i 150 anni dell'Unita' d'Italia

    16 mar 11 Si e' svolto a Palazzo Campanella il Consiglio Regionale della Calabria dedicato alla commemorazione dei 150 anni dell'Unita' d'Italia aperto sulle note dell'Inno Nazionale cantato dall'artista Alma Manera e con la lettura del presidente del Consiglio Regionale, Francesco Talarico, del messaggio del Presidente della Repubblica ai Presidenti delle Regioni. Nella sala del consiglio erano presenti, in via del tutto eccezzionale, anche 155 sindaci dei comuni calabresi. Questo il discorso di apertura del Presidente Talaraico:

    E’ con sentita emozione che do inizio a questa solenne seduta aperta del Consiglio regionale per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Certo d’interpretare i vostri sentimenti, desidero rivolgere a ciascuna donna e a ciascun uomo, figli di questa terra di Calabria, un augurio sincero per la celebrazione di questo anniversario. Sono tante le iniziative che in questi giorni si stanno susseguendo nella nostra regione a testimonianza del forte legame della nostra comunità con gli ideali della patria. Questa giornata deve far rivivere alla memoria e al cuore di ognuno di noi i protagonisti degli eventi che portarono all’unificazione nazionale, per rendere viva e attuale la storia del nostro paese. Senza la memoria del nostro passato, della nostra storia, della nostra cultura, senza la memoria delle vicende storiche che hanno portato all’unità d’Italia saremmo tutti più deboli, poveri e soli di fronte al futuro. Tutti dobbiamo sentire forte il significato di tale evento per rafforzare il sentimento d’identità e di appartenenza. Il messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ho appena letto, che ha voluto rivolgere direttamente alle Assemblee regionali, testimonia la solennità dell’evento che oggi celebriamo. L’inno nazionale che abbiamo ascoltato, la bandiera che è sempre presente in quest’aula, la nostra lingua sono i simboli della nostra italianità, in un’ epoca di globalizzazione e di confronto sempre più frequente con le altre nazioni. Quello dell’unificazione fu un processo lungo e difficile animato da un forte amore per la patria che determinò il sacrificio di tante vite umane per gli ideali di libertà e indipendenza. Anche se la nostra identità risale a prima del Risorgimento, tutti siamo d’accordo che il nostro essere italiani nasce da quel 17 Marzo 1861 e da tutti gli eventi che lo hanno, nel bene e nel male, preceduto e reso possibile. La nostra Regione diede un grande contributo all’unità e molti furono i calabresi che parteciparono in maniera attiva al processo risorgimentale. Dallo sbarco di Garibaldi a Melito e poi in Aspromonte, ai Fratelli Bandiera che abbracciando gli ideali mazziniani vennero fucilati perché volevano sollevare la Calabria contro il governo borbonico, ai tanti, magari non citati nei libri di storia, che oggi qui vorrei ricordare: dai Martiri di Gerace al generale Stocco con i Cacciatori della Sila, dai fratelli Plutino a Giovanni Nicotera, da Domenico Lamis a Michele Bello. A loro e a quanti si sono sacrificati per rendere possibile, in più momenti storici, la nascita dell’Italia, oggi intendiamo tributare un riconoscimento sentito, un “grazie” che viene dal cuore prima ancora che dalla mente. A loro dobbiamo essere riconoscenti. Così come è doveroso ricordare i tanti emigrati calabresi che, con le loro braccia e le loro intelligenze, hanno contribuito alla costruzione dell’Italia moderna, ricoprendo con dignità e autorevolezza anche ruoli di grande responsabilità. L’Assemblea legislativa che ho l’onore di presiedere, è la Casa di tutti i Calabresi, il luogo in cui i cittadini sono ugualmente rappresentati. Ed oggi, noi calabresi, che di divisioni purtroppo ne abbiamo conosciute tante ed alcune laceranti, abbiamo l’opportunità di testimoniare, insieme a tutte le rappresentanze religiose, politiche, sociali e culturali, compreso il sistema delle autonomie locali, l’importanza fondamentale dell’Unità. Soltanto un Paese unito, può sperare di affrontare e vincere le grandi sfide che l’economia globale, da un lato, e la modernizzazione dall’altro, ci mettono costantemente di fronte. Soltanto un Paese unito potrà affrontare la riforma federalista che deve avere come obiettivo primario la valorizzazione delle diversità delle singole identità. Un federalismo solidale che deve unire e non dividere per non vanificare lo spirito e il sacrificio dei nostri padri. Il sentimento nazionale non può cancellare però la consapevolezza che in Italia esiste ancora un divario tra Nord e Sud nonostante le molte politiche adottate a sostegno del Mezzogiorno durante la storia nazionale. Sono fortemente convinto che questo divario socio-economico non potrà mai essere superato senza una classe dirigente consapevole che occorre puntare sulla qualità e sulla meritocrazia. Siamo chiamati oggi a fronteggiare una situazione assolutamente nuova che richiede la giusta attenzione da parte dello Stato. Gli uomini e le donne di questa terra, i giovani, che lottano quotidianamente con pesanti eredità legate a responsabilità locali e nazionali, non hanno da soli gli strumenti adeguati per vincere una partita difficile, dove la ‘ndrangheta e a volte la cattiva amministrazione alimentano il circuito della sfiducia. Ecco perché questa ricorrenza deve diventare un’opportunità per riproporre al dibattito nazionale le difficili condizioni della Calabria, la necessità di farla uscire da una solitudine che frena lo sviluppo , la crescita, la voglia di riscatto e il diritto ad avere una “quotidiana normalità”. Oggi, pur riconoscendo le nostre legittime diversità culturali e politiche, festeggiamo assieme i valori centrali della nostra cittadinanza e del nostro essere persone libere. In questi anni la nostra storia è stata costellata da una serie di avvenimenti, dalla prima guerra mondiale al fascismo, alla sconfitta della seconda, per giungere alla scelta repubblicana e alla Costituzione che rappresenta il momento centrale della nostra esperienza e della nostra vita unitaria. All’origine della Carta Costituzionale, alla sua scrittura e alla sua attuazione, ancora certamente incompleta, bisogna volgere lo sguardo per celebrare questi 150 anni. La Costituzione che pone al centro non lo Stato ma la persona con i diritti e i doveri, nel principio di pari dignità sociale. Concludo augurandomi che questa giornata possa, attraverso il contributo di tutti, far rivivere lo spirito e la tensione storico-politica degli anni antecedenti l’Unità quando, a guidare i nostri patrioti, vi erano valori forti e radicati, principi, sogni, idee e speranze. Elementi, questi ultimi, che purtroppo sono diventati poco frequenti nel dibattito politico odierno, e dei quali occorre, però, ritrovare urgentemente l’ispirazione. Con queste riflessioni e con l’auspicio che si possa rafforzare sempre di più in ognuno di noi e, soprattutto nelle nuove generazioni, l’amore per la patria - saluto e ringrazio tutti Voi per la presenza – consapevole di vivere in una Nazione che, pur tra tanti problemi e diversità, mantiene alti i valori della democrazia e della libertà.

    "Questa giornata in cui si celebra il 150/mo anniversario dell'Unità d'Italia è un vero e proprio punto di partenza per una nuova stagione che vede, oggi come 150 anni fa, la nostra Calabria tra i territori protagonisti del panorama italiano". Lo ha detto la vicepresidente della Regione Antonella Stasi nel suo intervento alla seduta dell'Assemblea sui 150 anni dell' Unità d' Italia. "Storicamente il processo che ha portato all'unificazione - ha aggiunto Stasi - è stato lento e molto travagliato e ha fatto scorrere molto, molto sangue. Sono tantissimi i calabresi che hanno dato la propria vita per uno Stato unito e indipendente. Quando Garibaldi sbarcò a Melito di Porto Salvo, nel 1860, trovò un popolo fortemente motivato, che credeva nella sua battaglia per conquistare il Regno di Napoli e proprio qui, a Reggio, sconfisse i borbonici nonostante essi fossero dotati di un esercito numericamente molto superiore. Condizioni che si riproposero puntualmente durante la marcia verso Napoli, durante la quale trovò tantissimi patrioti pronti ad unirsi a lui. Emblematiche le battaglie di Soveria Mannelli e Lungro, episodi in cui i calabresi diedero una gloriosa prova del coraggio di cui sono dotati, per tradizione. Non a caso tra le regioni della penisola la Calabria può vantare il maggior numero di volontari 'prestati' all'impresa di Giuseppe Garibaldi. E non a caso piange tantissimi uomini valorosi, caduti in nome dell'Unità d'Italia secondo il principio di Quinto Orazio Flacco che recita 'Dulce et decorum est pro patria mori' (é dolce e bello morire per la patria)". "E rattrista il fatto - sostiene ancora la vicepresidente della Regione - che l'estremo sacrificio di questi fieri patrioti non sempre venga adeguatamente onorato e omaggiato. Uomini dello Stato, capitani d'industria, giuristi, scrittori, ricercatori, artisti, imprenditori, medici, professori e, con un termine desueto, anche eroi. Per come si può essere eroi oggi, cioé facendo per bene il proprio dovere di donne e di uomini. Non rivendichiamo alcun privilegio ma è proprio la Calabria ad avere dato il nome all'Italia. Infatti con il nome con il quale é conosciuto il Belpaese, anticamente veniva indicata la nostra antica regione, culla della Magna Grecia. Anche nel processo di creazione della nostra Nazione, quindi, la Calabria ha avuto un ruolo fondamentale in favore dell'Italia che fosse una, unita e indipendente. Una storia che si ripete: anche oggi, a distanza di 150 anni, nella stagione del Federalismo, il fuoco che arde nel cuore dei calabresi ne alimenta i cuori e la passione per ribadire il messaggio che rilanciamo da quest'Aula: l'Italia deve essere una, unita, coesa". "Oggi ho l'onore di parlare in rappresentanza del Presidente Scopelliti e della Giunta regionale - ha detto ancora Stasi - e non dimentico mai che, prima di ogni cosa, noi tutti siamo italiani, siamo tutti italiani. E non solo la Calabria, ma tutto il Mezzogiorno è Italia, Italia vera. Siamo quegli italiani che lavorano quotidianamente per migliorare il territorio, per assicurare un futuro ai figli, per dare dignità a una Calabria sempre più baricentrica nell'Europa che guarda al Mediterraneo. Una Calabria dinamica, che vuole mostrarsi all'Italia per la sua capacità di valorizzare al meglio la propria storia e le proprie tradizioni, armonizzandole con il progresso e la modernità. Una Calabria che non ha paura del Federalismo ma che, al contrario, lo vede come una sfida necessaria per ottenere un salto di qualità definitivo, nell'ottica di uno sviluppo integrato che sia ad una velocità maggiore rispetto agli altri territori, proprio al fine di colmare quelle lacune che, con il passare dei decenni, per certi versi si sono acuite. Devo dire che proviamo profondo dispiacere quando sentiamo che qualcuno storce il naso sentendo parlare dell'Italia unita". "Proviamo profondo dispiacere - ha sostenuto ancora - sia chiaro, per loro e non certo per noi. Per loro, che perdono una grande occasione per capire quanto siano fortunati a far parte di questa splendida Nazione. Molto probabilmente è proprio colpa di questa visione miope che, anche quando sembra molto vicino, quel salto di qualità da tutti auspicato viene puntualmente mancato. La storia ci insegna che sono principalmente le classi dirigenti a determinare le sorti dei popoli, anche se servono necessariamente determinate condizioni. I vari Garibaldi, Mazzini, Cavour e Vittorio Emanuele II sono stati soggetti fondamentali per portare a compimento il processo di unificazione dei territori, ma non bisogna mai dimenticare che senza il consenso degli italiani probabilmente oggi parleremmo di altro. E' dal principio appena esposto, ovviamente attualizzato e con le dovute proporzioni, che si muove la nostra. Siamo per il cambiamento, per le scelte coraggiose, spesso difficili ma sempre nel solo interesse dei calabresi. Questo momento storico è importantissimo e gli echi si protrarranno per decenni:il ruolo della Regione è fondamentale, nell'ottica di un Federalismo che, se ben interpretato, potrà unire ancora di più i territori, valorizzandone le risorse e le diversità in virtù di un'autonomia comunque mai avulsa dai princìpi di solidarietà. Troppo spesso il Federalismo viene inteso come uno spauracchio, un male da cui correre ai ripari". Io voglio ricordare a questi illustri presenti e a tutti i cittadini calabresi - ha detto ancora la vicepresidente della Regione - che tanti autorevoli esponenti si sono espressi favorevolmente: basti pensare che anche il primo presidente del Consiglio della Repubblica Italiana, il grande statista Alcide De Gasperi, non ha mai fatto mistero di avere idee federaliste".

    "Dobbiamo essere orgogliosi di essere italiani ed orgogliosi di chi l'Italia l'ha voluta e fatta". Lo ha detto il capogruppo del Pdl, Luigi Fedele, nel suo intervento nel corso della seduta straordinaria del Consiglio regionale per il 150/mo anniversario dell'Unità d'Italia. "E questo sentimento - ha aggiunto - occorre avvertirlo sia nel Centro che nel Nord e, a mio avviso, soprattutto nel Mezzogiorno, che alla causa unitaria ha dato uomini e donne, energie e passioni, morti ed immensi sacrifici. E dobbiamo essere orgogliosi, noi meridionali, perché, prima che l'Unità fosse conquistata (con il prezioso e generoso contributo anche dei tantissimi liberali calabresi, molti dei quali, specie dopo la terribile reazione del 1849, furono costretti ad emigrare) per una serie di vicende storiche, sociali e culturali, noi meridionali - come ebbe a dire Vincenzo Cuoco a proposito della Rivoluzione Napoletana del 1799 che costituisce secondo molti storici il preludio dell'Unità, 'non eravamo nulla'. Diventammo or Francesi, or Tedeschi, ora Inglesi. Tante volte ci era stato ripetuto che non valevamo nulla, che quasi si era giunto a farcelo credere. Le condizioni del nostro Sud, specie della Calabria, erano disastrose: la giustizia amministrata secondo la casta d'appartenenza, i processi inquisitori, la povertà si tagliava a fette per i ceti sociali più deboli. La Calabria, anche a causa del terremoto del 1783, presentava divergenze insopportabili tra ricchi e poveri, senza commerci, con un'agricoltura a pezzi, le industrie inesistenti. Non c'erano diritti, c'era la Monarchia e il suo arbitrio. A tutto questo paesaggio desolato ha posto fine l'Unità d'Italia. La nascita dell'Italia, dello Stato italiano, ci ha resi, come meridionali anzitutto, protagonisti del nostro destino, arbitri della nostra vita. Liberi da monarchie e tiranni: questa conquistata indipendenza del nostro Paese merita di per sé di non essere mai dimenticata. Possiamo anche tollerare polemiche aspre circa le ragioni di quella parte del Nord che dà segni d'insofferenza verso l'Unità, o le ragioni di quella parte del Mezzogiorno che non dimentica i Borboni e che ricorda a discredito dell'Italia unita, la bruttissima pagina del brigantaggio che ebbe come conseguenza una repressione cruenta ed a tratti sanguinosa. Forse su quella pagina l'Italia ci si dovrebbe soffermare di più. Ci vorrebbe un"operazione verità per ristabilire torti e ragioni, ma questa è un'operazione che spetta agli storici. L'Italia unita, costituzionale e parte integrante e protagonista di un'Europa il cui progetto è presente persino nelle pagine del nostro Risorgimento; l'Italia, il cui sguardo, soprattutto oggi, è auspicabile che sia diretto con maggiore efficacia verso le politiche euromediterranee, può tollerare divergenze e contrarietà sul suo atto di nascita, sulle cause del suo lungo concepimento e su taluni episodi salienti del processo che ha avuto come sbocco l'impresa dei Mille e, quindi, la proclamazione dello Stato unitario. Ma ad una condizione: che non si metta in discussione ciò che i nostri padri hanno conquistato col sangue e l'intraprendenza carica di abnegazione nel 1861. In tal senso, anche nella qualità di esponente di un partito che tra le sue responsabilità ha la guida del Paese in questa congiuntura economica internazionale assai complessa, ho il dovere di ribadire che per noi non si torna indietro. Non si mette in discussione il disegno unitario. Un Paese frantumato non sarebbe più l'Italia e non si farebbero neanche gli interessi del Nord dividendo l'Italia. Il Nord sarebbe un pezzo di geografia d'infime proporzioni senza il resto del Paese. Non potrebbe svolgere mai una funzione prestigiosa a confronto con le economie forti degli altri partner europei. Oggi possiamo festeggiare senza patemi e preoccupazioni l'Unità, perché il federalismo sta procedendo rapidamente verso la meta. L'aver ripreso l'idea federalista - già presente nella fase Rinascimentale, sia nella forma laica che cattolica - ma accantonata in favore del centralismo sabaudo - è stata una soluzione politica di straordinaria importanza". Secondo Fedele, "la questione meridionale è nata con l'Unità, come dicono i libri di storia, quando scientificamente si piegarono le scelte generali per favorire lo sviluppo del Nord a scapito del Sud - da meridionale e da calabrese non posso certo essere io a sottacere questa lampante verità! - E' cresciuta e si è aggravata, in seguito, a causa di uno Stato centralista e opprimente. Tocca oggi apici inquietanti, per disagio sociale, disoccupazione giovanile, lacune scolastiche e corruzione e sono esattamente questi i veri pirati da cui l'Italia deve guardarsi. Nostro merito oggi, è quello di avere una risposta per tenere unito il Paese, nella continuità ma dentro un processo di modernizzazione che ci deve vedere come classe politica più uniti sulle grandi trasformazioni di sistema. Questo è l'auspicio che mi sento di pronunciare in questa solenne occasione". Fedele, nel suo intervento, ha anche ricordato i "patrioti morti per l'Unità, calabresi e non, nel corso di tutta la fase risorgimentale. Un ricordo va a tutti questi eroi e poi quelli del '48 e del '60. E segnatamente ai ventuno calabresi della spedizione dei Mille La Calabria fra tutte le regioni del Mezzogiorno continentale ha dato il maggior numero di patrioti alla gloriosa impresa di Garibaldi".

    "In uno dei quotidiani nazionali, ieri, è stato pubblicato un articolo, né superficiale né meramente celebrativo, sul centocinquantesimo dell'Unità d'Italia. Il titolo emblematico era 'I numeri dell'Italia che fa 150 anni bloccano il futurò". E' iniziato così l'intervento del presidente del Gruppo misto del Consiglio regionale, Giuseppe Bova, in occasione della seduta straordinaria per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia. "Nel merito, poi - ha aggiunto - una raffica di problemi che tengono distante la media italiana, sugli indicatori di civiltà, da quelli dei Paesi europei più sviluppati. A partire dai due milioni di giovani che non studiano né lavorano, per passare all'essere fanalino di coda, in Europa, sui brevetti per l'innovazione. Infine i dati del Pil italiano scanditi per macroaree, nord, centro, sud. Il sud di oggi (esso rappresenta il 40% della popolazione italiana), veniva detto, contribuisce al Pil nazionale per il 26,8%, cioé lo 0,1% in meno rispetto al 1951. Quello pro capite è il 69% di quello europeo, quando quello del nord è pari al 127%. Non si può, se tutto questo è vero, far finta di nulla, tantomeno limitarsi a sottolineare che 150 anni sono passati, stiamo ancora tutti assieme e tutto va bene. Può essere invece l'occasione per una riflessione approfondita e di lungo respiro sulle prospettive dell'Italia quale cerniera tra l'altra sponda del Mediterraneo e l'Unione Europea. A partire da una riflessione sugli ostacoli e i 'nemici' che l'Italia deve superare per far affermare prospettive unitarie ancor più vere e grandi rispetto a quelle di oggi. Si richiede, a questo proposito, una grande apertura culturale e un procedere di tipo nuovo". "L'Unità di oggi - ha detto ancora Bova - è figlia di grandi processi storici che hanno trovato nel nord del Paese e nelle sue elites ragione, nerbo e spinta propulsiva. Erano giovani del nord i Mille che da Quarto sbarcarono a Marsala. E' un fenomeno essenzialmente del Nord la Resistenza, l'impegno per la Repubblica che portarono il primo gennaio del 1948 alla straordinaria Costituzione da cui ha tratto linfa e spinta l'Italia del dopoguerra. E che successivamente, per l'impegno lungimirante di alcuni grandi italiani, portò il nostro Paese ad essere parte, prima, di un Mercato Comune e, successivamente, dell'Unione europea. Evento, a mio parere, di pari portata rispetto a quello dell'Unità nazionale. Oggi, con ogni evidenza, emerge non solo che questa spinta non c'é più, ma che proprio al nord è insediato un fenomeno politico e sociale che pratica un programma, fin dentro il Governo dell'Italia, che è antitetico all'idea di Paese quale propugnato dai primi e dai secondi Padri fondatori. Da quelli del Risorgimento a quelli dell'Italia repubblicana. Questo è il nodo. Tanti si muovono, purtroppo, dentro la logica fatalista del 'cosi' e"; altri con il 'prima o poi a'da passà a nuttata", ritenendo che solo dal nord chissà come, quando e perché potrà nascere un terzo Risorgimento, che ci liberi dai problemi attuali. Questi signori ragionano come chi pensa ancora che economia nel XXI secolo sia solo ricchezza di materie prime e di infrastrutture materiali, negando la funzione decisiva che nella nuova economia hanno la conoscenza e la capacità di innovazione. Il ragionamento va trasposto sul terreno della democrazia, delle libertà e dell'autogoverno". "In questo senso - secondo Bova - è doveroso, oltre che possibile, pensare e lavorare ad un percorso e ad un processo che non solo non sia passivo in attesa di un fantomatico 'terzo vento del nord' ma che abbia l'audacia di ritenere, non solo, che questo vento sia urgente e necessario, ma che, questa volta, esso possa scaturire dal sud. Ad un condizione, che il sud cessi di essere passivo, di piangersi addosso, di aspettare 'liberatori' esterni e avvii un processo costituente che abbia nel futuro del sud nel Mediterraneo, dentro l'Italia e l'Europa, il cuore e il cervello del terzo Risorgimento. Tutto ciò, prima e oltre ad essere tema di una stimolante riflessione culturale, può diventare ragione e impegno per un moderno movimento civile e democratico di riscatto del sud".

    Discorso del Presidente del Gruppo Udc, Alfonso Dattolo in occasione della seduta straordinaria dell’Assemblea per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Oggi festeggiamo la nostra bella Italia unita, e lo facciamo da Calabresi in Calabria. Lo facciamo ricordando che la nostra Terra ha dato un grosso contributo all’Italia del dopo Risorgimento e a quella della Resistenza. Per noi la Bandiera italiana deve essere impegno, sacrificio, speranza, patto di libertà per stare sempre a testa alta in Italia ed in Europa. La nostra storia ci ricorda il sacrificio di tanti e deve fare di noi oggi degli Amministratori che sentono di assolvere ad una funzione di servizio. Non possono essere messe in discussione le ragioni stesse dell'Unita'. Noi dobbiamo fare di tutto per annullare il distacco che si è venuto a creare tra il concetto di Patria e i cittadini. Dobbiamo combattere con forza le spinte federaliste della Lega ma anche le nostalgie autonomiste neoborboniche. I festeggiamenti di oggi, inducono una riflessione che ci faccia sentire Regione si, con le sue peculiarità e sue differenze, ma corpo unico all’interno del Paese Nazione. Dobbiamo far nostra una nuova Missione per l’Italia. Deve partire dalla Calabria la capacità creativa e l’intelligenza per tessere le fila di un patto nazionale e federale adeguato alle sfide. La nostra missione deve essere quella di contrastare ogni spinta alla divisione per rilanciare e rinnovare l’unità nazionale. Un’Italia unita, seppur nelle sue differenze regionali, ma ambasciatrice nel mondo, del rilancio del grande progetto Europeo. Non possiamo e non dobbiamo cedere alle lusinghe di chi sostiene che la molteplicita' dei soggetti e delle situazioni, e' in contraddizione con l'unita' della Nazione. Le differenze sono una ricchezza se si integrano in un progetto che mette al centro lo sviluppo delle Regioni, le nuove generazioni, la ricerca e l’innovazione, la dignità del lavoro. Le nuove generazioni sono il nostro futuro. E’ per loro che dobbiamo costruire una rinnovata identità nazionale, dando risposte concrete alle loro aspettative. Serve un cambio di visione che può e deve partire dalla Calabria facendo leva sulle nostre qualità migliori, portando valori ed esperienze: nelle sfide per il lavoro, per l’integrazione, per la crescita, per la legalità, e per il buongoverno delle comunità locali. Trasmettiamo forte a chi oggi ci ascolta l’amore per l’ Italia, per la Nazione e per la nostra terra, perché chi il concetto di Patria l’ha smarrito è perché in realtà quel concetto, quell’amore e quell’attaccamento, non l’ha mai avuto.

    L’on. Pacenza (Pdl) sulle celebrazioni organizzate a Crotone presso il monumento ai fratelli Bandiera: “Luoghi della memoria che uniscono l’Italia da Nord a Sud” “C’è un pezzetto di Crotone nella storia dell’Unità d’Italia che, domani mattina, il presidente della Regione Peppe Scopelliti, assieme al prefetto Vincenzo Panico e ai rappresentanti delle istituzioni locali, ha deciso di celebrare per questo 150° anniversario: è il monumento ai Fratelli Bandiera di contrada Bucchi”. Il presidente del Comitato regionale per la qualità e la fattibilità delle leggi, Salvatore Pacenza, esprime viva soddisfazione per la scelta fatta dal presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, di onorare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia proprio a Crotone. La città capoluogo, infatti, è stata individuata come luogo simbolo per celebrare in Calabria le lotte che portarono al primo regno di Vittorio Emanuele II a partire da quel 17 marzo 1861. Il monumento nazionale ai caduti della spedizione dei Fratelli Bandiera fu realizzato in circa sei anni (dal 1961 al 1966) in località Bucchi sul progetto stilato dall’architetto Giorgio Volpato. La prima pietra del monumento venne posta in occasione del centenario dell’Unità d’Italia (26 marzo 1961) e inaugurato dal Presidente della Repubblica Saragat (presente anche l’onorevole Sandro Pertini) il 21 aprile 1966. È un parallelepipedo di calcestruzzo, realizzato in cemento e marmo. La struttura è stata edificata su due livelli con 17 blocchi di pietra di Trani che simboleggiano il numero degli uomini fucilati durante la spedizione organizzata dai fratelli Attilio ed Emilio bandiera che sbarcarono alla foce del fiume Neto il 16 giugno 1844. “C’è la necessità per una terra come la nostra - prosegue ancora l’onorevole Salvatore Pacenza – di recuperare questi luoghi simbolo che indicano alle nuove, ma anche alle vecchie generazioni un esempio da seguire per riaccendere i motori dello sviluppo e del progresso sociale in Calabria. Il sacrifico dei 17 uomini che accompagnarono i fratelli Bandiera nell’epica impresa risorgimentale possono e devono essere un monito a lottare per riportare legalità e senso civico tra i calabresi, ma soprattutto fra i giovani. L’Italia è stata fatta da loro, dai giovani. E adesso si attende un sussulto proprio da chi ha il vigore e la freschezza di pensiero per far ripartire questa nazione. Magari innescando questa rivoluzione proprio dal Sud. In controtendenza. Così come progettarono con l’incedere di quell’estate del 1844 i fratelli Emilio ed Attilio Bandiera. Inoltre, luoghi simbolo come il monumento ai caduti di contrada Bucchi a Crotone - conclude l’onorevole Pacenza – aiutano ad avvicinare la Calabria al resto d’Italia. Attraverso la memoria, infatti, si alimenta un senso d’appartenenza comune, un amor di patria, oggi davvero in crisi al Nord come al Sud”.

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