Ricercatore Unical "Il Pd liberi il presente dalla paura"

28 mag 10 Riceviamo e pubblichiamo: La “burocrazia” della parola è stata la cifra espressiva che ha caratterizzato le analisi del voto regionale di alcuni esponenti di rilievo del Pd. Decostruendo le loro argomentazioni e le loro proposte, sostanzialmente riassumibili nella richiesta di commissariare l’attuale segreteria regionale del partito, si possono rintracciare i segni di un codice espressivo che continua a rendere vitale un’ideologia della politica – il potere per il potere – che è l’articolato delle relazioni socio-economiche della struttura civile della nostra regione. Se è ovvio sottolineare che tale complesso e radicato quadro mentale–espressivo non trova soltanto a sinistra luoghi d’incubazione, è quantomeno imbarazzante osservare che neanche una sonora debacle elettorale permette al Pd di voltare pagina. La recente sconfitta ha radici in questa deformante visione del potere: credere che l’aritmetica delle clientele possa bastare per mantenere il consenso dell’opinione pubblica. Chissà, forse Loiero ha creduto di governare la Calabria del primo Novecento: una terra aggredita dalla miseria psicologica e morale determinata dai tassi abnormi di analfabetismo, una terra imprigionata in un presente senza divenire. Chissà, forse chi ha ricoperto il ruolo di segretario regionale del Pd, dalla sua fondazione al Congresso di ottobre del 2009, ha creduto che i giochi di potere che animano i salotti romani della politica, possano anche fornire utili elementi alla soluzione delle gravi emergenze calabresi. Chissà. Resta, tuttavia, l’amara constatazione che nonostante l’assoluta e colpevole incapacità politica di confrontarsi con le tante criticità della regione, molti protagonisti di queste vicende continuino a pensare e parlare come se niente fosse accaduto. Il problema, per loro, è di facile soluzione: basta commissariare il segretario, affinché tutti restino a loro posto per proseguire le azioni di sempre. L’iniziativa voluta da Mario Oliverio nei giorni scorsi è stata, invece, un’occasione di ben altro respiro che ha animato un dibattito serio e articolato. Per contenuti e metodi segna uno spartiacque: ha liberato la parola, consentendo ai militanti e ai soggetti istituzionali che operano nei territori periferici di potersi finalmente riappropriare di reali facoltà espressive, non più egemonizzate da una classe dirigente troppo spesso avulsa dalle necessità della società civile, arroccata nelle difesa di interessi lobbistici. Il Pd può ricostruire la propria identità politica “sovvertendo” la dimensione burocratica e conservativa della parola, accentuandone, invece, quella sua forza trasformativa che si esercita rompendo le visioni stereotipate della politica e della vita. E’ arrivato il momento di assumere la questione giovanile come tema centrale dell’azione politica del partito. Paolo Borsellino amava dire: “chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Riappropriarsi della parola significa liberare il presente dalla paura: liberare il lavoro dalla mortificazione dell’”inginocchiatoio” per liberare il territorio offeso dalla ‘ndrangheta che contamina ogni ganglio della nostra realtà sociale; liberare i giovani dalla schiavitù del precariato che li costringe all’emigrazione, pur laureati e specializzati. Il Pd deve rifiutare le scorciatoie burocratiche e nominalistiche per ridefinire la sua identità e i contenuti della sua prassi politica: è necessaria una rottura con uomini e metodi del passato. Dobbiamo riprenderci la “possibilità del futuro” e ridare ai giovani la speranza di vivere in una terra civile.

GIANCARLO COSTABILE

RICERCATORE UNICAL