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      Sequestrato il depuratore di Rende, 6 denunce dei CC forestali

       

       

      Sequestrato il depuratore di Rende, 6 denunce dei CC forestali

      02 feb 18 I carabinieri forestali del Gruppo di Cosenza hanno sequestrato il depuratore consortile "Valle Crati" di Rende. L'operazione, diretta dalla Procura della Repubblica di Cosenza e denominata "Cloaca maxima", ha portato anche all'esecuzione di sei misure cautelari nei confronti di dirigenti ed amministratori della società che ha in gestione l'impianto. I liquami prodotti dal depuratore, secondo quanto é stato riferito dagli investigatori, finivano nelle acque del fiume Crati senza essere trattati in modo conforme alla legge. Ne derivava una condizione di grave inquinamento, con conseguenti pericoli per la salute pubblica. Le sei misure cautelarti emesse consistono in misure interdittive nei confronti del direttore dell'impianto, del rsponsabile dell'unità operativa e di quattro turnisti.

      --- Video Sequestro depuratore Rende (VIDEO)

      La conferenza in Procura a Cosenza

      "Questa è la più importante indagine in materia di tutela dell'ambiente mai condotta nel cosentino". Lo dice il Procuratore della Repubblica di Cosenza, Mario Spagnuolo, in relazione al sequestro del depuratore consortile di Rende. "Grazie alla professionalità dei carabinieri forestali - aggiunge il procuratore Spagnuolo - è stato possibile stabilire con certezza che l'impianto che doveva servire per depurare i reflui era invece un mezzo attraverso il quale si inquinavano le acque dei fiumi. L'indagine prosegue al fine d'individuare ulteriori e diverse responsabilità".

      In 2 mesi 141 sversamenti. In soli due mesi ci sono stati 141 sversamenti di liquami nel fiume Crati. É quanto é emerso dall'inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Cosenza ha portato al sequestro da parte dei carabinieri forestale del depuratore consortile "Valle Crati" di Rende, gestito dalla "Geko spa", ed alla all'esecuzione di sei misure cautelari nei confronti del personale cui era affidata la gestione dell'impianto. Secondo il procuratore della Repubblica di Cosenza, Mario Spagnuolo, e il procuratore aggiunto, Marisa Manzini, che hanno incontrato i giornalisti insieme ai responsabili del Nucleo investigativo dei Carabinieri forestali, gli operai dell'impianto, seguendo le direttive che gli erano state impartite, avrebbero sversato ripetutamente i liquami nel fiume senza effettuare alcun tipo di trattamento depurativo. "Abbiamo condotto un'indagine che si é rivelata complessa - ha detto il Procuratore Spagnuolo - che ci ha portato ad un primo step estremamente significativo ed a contestare per la prima volta in Calabria, con misure cautelari e sequestri, il reato di inquinamento ambientale. Ci siamo trovati di fronte ad una situazione assolutamente grave e sorprendente: un impianto che doveva servire per salvaguardare l'ambiente che in realtà veniva utilizzato per inquinare". Le indagini, é stato spiegato, hanno preso spunto dalle denunce presentate da alcuni cittadini e da un esposto presentato da alcuni esponenti del Movimento 5 stelle: la parlamentare europea Laura Ferrara, il deputato Paolo Parentela ed il consigliere comunale di Rende Domenico Miceli. Quali fossero i vantaggi economici che i gestori dell'impianto ottenevano non trattando tutti i liquami che finivano nell'impianto sarà oggetto di una fase successiva dell'indagine. "Non é soltanto - é stato spiegato - un problema di risparmio sui costi di gestione. La situazione, in questo senso, é più complessa e richiede un approfondimento che sarà fatto nel più breve tempo possibile". "Il lavoro dei carabinieri forestali - ha detto ancora il procuratore Spagnuolo - è stato ottimo. Abbiamo una base probatoria forte. Continuiamo ad indagare per capire quali fossero gli interessi alla base del sistema". Sono state notificate misure cautelari ad alcuni operai del depuratore ed al loro coordinatore, nei confronti dei quali, sono stati emessi obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, ed al direttore dell'impianto, raggiunto dall'interdizione ad esercitare per un anno la direzione tecnica di persone giuridiche ed imprese.

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