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Cultura

Andrea G. Pinketts e il giallo in Italia.

Si potrebbe iniziare con una frase del tipo “Forse non tutti sanno che…”. Forse non tutti sanno che in Italia, a partire dal 1929, l’editoria, basandosi sul rispetto delle leggi fasciste che prevedevano che il 20% dello spazio di ogni loro collana fosse dedicato a opere di autori italiani, iniziò a pubblicare accanto ai più grandi maestri giallisti stranieri, anche alcuni testi di autori italiani.
Fra questi emergevano per qualità Augusto De Angelis e Ezio d’Errico, inventori di personaggi che popolarono le avventure dei nostri nonni, come il commissario De Vincenti e l’ispettore Richard.
Nel 1941 invece, il regime fascista ordina il sequestro di tutte le opere gialle sul mercato e l’immediata cessazione delle pubblicazioni poliziesche in quanto “antieducative e deteriori”.
Solo nel dopoguerra abbiamo la ripresa di un genere che ha sempre entusiasmato i lettori di tutto il mondo, con autori come Carlo Fruttero e Franco Lucentini (come non ricordare l’intrigante libro “La donna della domenica” – Mondatori Editore € 7,80 - da cui è stato anche tratto un famoso film con Marcello Mastroianni).
La produzione giallistica italiana prosegue annoverando tra le sue fila anche scrittori insospettabili (dato che siamo in tema di mistero questo aggettivo è più che mai calzante.)
Leonardo Sciascia con il famoso “Il giorno della civetta” (Adelphi - € 7,00 - da cui ha ancora attinto il mercato cinematografico per un film di successo) crea un differente tipo di giallo, il cui scopo non è la soluzione dell’enigma finale o l’arresto del colpevole ma bensì il criminale è protetto dall’omertà, dal potere, dalla politica, dalla mafia.
Altro “insospettabile” è il semiologo Umberto Eco che ambienta nel medioevo il suo “”Il nome della rosa” (Bompiani - € 9,50 - Premio Strega 1981. Altro libro, altro film; per la serie: la sterilità degli sceneggiatori cinematografici costringe ad attingere a piene mani dalla letteratura mondiale)
Si arriva ai giorni nostri con scrittori come Lucarelli, Dazieri, Colaprico o Veraldi che costituiscono una valida alternativa e un valido sviluppo alla produzione nostrana che, tranne i casi eccellenti che abbiamo testè citato ma che si sono impegnati in questo genere o per gioco (vedi Eco) o per fini sociali e di costume (vedi Sciascia), non ha mai toccato però punte di successo internazionale ma si è contenuta nel panorama italiano.
In questo panorama, si inserisce Andrea G. Pinketts. Perché la G.? Bè, lui l’ha spiega così: ammiratore di Claudio G. Fava (famoso critico cinematografico), ha deciso di inserire nel suo nome anche una G., come lui. Come possiamo intuire, ci troviamo di fronte a un personaggio.
Nella pazza intervista nel suo sito, alla domanda: “Per quel motivo un aspirante lettore, aggirandosi tra gli scaffali di una libreria, dovrebbe acquistare un suo libro e non, ad esempio, uno di Susanna Tamaro?”, risponde al suo intervistatore “Perché io sono il Vate della letteratura e, a mio parere, per quello che vale lei è il Water”.
Il suo personaggio chiave è Lazzaro Santandrea, sorta di alter ego dell’autore. Come l’autore ha fatto il fotomodello, la guardia del corpo, il giornalista (ricordiamo che il vero Pinketts per un noto settimanale, ha passato alcuni mesi vivendo da barbone per la pubblicazione di un reportage).
Insieme ai suoi amici si trova sempre impelagato in strane storie con strani omicidi. Il tutto condito da humor e ironia, tanta ironia.
Il panorama è quello di Milano, città con la quale Pinketts ha un rapporto “viscerale, sviscerato attraverso i libri”. D’altronde una caratteristica tipica della letteratura gialla è il personaggio e la città che in ogni romanzo fanno da protagonista e da sfondo alle avventure e alle investigazioni. Basti citare un classico dei classici come Sir Arthur Conan Doyle e Sherlock Holmes.
La particolarità della letteratura di Pinketts è il rispetto con ironia e brillantissimi giochi di parole dei canoni giallistici.
Il romanzo poliziesco ha una precisa struttura ad intreccio. La sua narrazione è un ragionamento logico. Esiste un caso, un problema: un omicidio inspiegabile, una situazione poco chiara. Subentra l’osservazione: l’analisi dei fatti, l’indagine. Si arriva alla conclusione, alla soluzione frutto dell’indagine. Esiste la dimostrazione che è la spiegazione ricavabile dalle prove.
In una recente presentazione al suo ultimo libro, Pinketts ha spiegato le modalità di scrittura dei suoi libri. Parte da un punto iniziale e da uno finale. Il resto è sconosciuto anche a lui. Crea, modifica, gioca con le parole e i personaggi. Il suo punto iniziale è una novella, un componimento in versi che riprende la trama che nella pagine successive andrà a svolgersi. La novella è il caso, il problema: un omicidio inspiegabile o una situazione poco chiara. La costruzione successiva è la trama vera e propria. Lo svolgersi degli eventi che si “catapultano” sul povero malcapitato Lazzaro Santandrea. Si arriva alla conclusione che è lo scoprire il colpevole che l’antieroe da lui creato ha inseguito (o si è fatto inseguire) per la durata del romanzo.
Pinketts appunto gioca con le parole. Ha il senso della frase, come l’omonimo titolo di un suo romanzo (“Il senso della frase” Feltrinelli - € 8,50).
“Cercavamo di ammazzare il tempo prima che il tempo ammazzasse noi. Era una lotta impari. A volte sembrava stecchito, proprio un tempo morto, poi improvvisamente, prima del tepore della noia, si rialzava e, con uno scatto da centometrista drogato, passava quasi più veloce delle lancette del mio orologio, che in effetti, come molti Rolex, era in ritardo di cinque minuti”.
Questo è l’incipit fulminante de “Il conto dell’ultima cena” (Mondatori - € 8,40), tra i suoi libri più divertenti e di successo.
Altro libro interessante è “Io, non io, neanche lui” (Feltrinelli - € 6,50). Pinketts parte dalle sue sedute presso l’analista per costruire un romanzo. Infatti, uno dei metodi dell’analisi transazionale per poter indagare l’animo del paziente è quello di far improvvisare al paziente stesso racconti orali su parole chiave che l’analista sceglie. L’analista di Pinketts ha deciso invece di farglieli scrivere. Da questo nasce il libro. In versione gialla, Pinketts incrocia i destini delle parole chiave a lui “consegnate” dall’analista per costruire un breve racconto poliziesco.
“La dottoressa B ha trasferito il suo studio dal centro a via Mac Mahon. Il centro è più bello, come le sue commesse. Quando sono depresso prendo un appuntamento. Dopo un’ora di seduta esco nuovamente sereno. Esiste però un percorso perverso. Per raggiungere via Mac Mahon devo prendere la 90, l’autobus più deprimente della città. Facce tristi come una circonvallazione. Arrivo dalla dottoressa col morale a terra, lei mi rinfranca. Esco giubilante ed eccola lì, la maledizione; devo riprendere l’autobus in senso opposto. Torno a casa che sono uno straccio”.
Questo è Pinketts e le sue frasi danno un senso in più alla letteratura gialla.

(Gianfranco Litrenta)

Pinketts sul web:

http://www.pinketts.it/

http://manogialla.bastulli.com/Pinketts/Pinketts.htm

http://www.geocities.com/andreapinketts/

Interviste:

http://www.cafeletterario.it/interviste/pinketts.html

http://www.stradanove.net/news/testi/vips-01b/vabas1211010.html

http://www.bookcafe.net/maltesenarrazioni/pinketts.htm

 

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