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      Maxi frode Iva scoperta da Gdf Venezia, 4 arresti, 87 indagati, anche a Reggio C.

       

       

      Maxi frode Iva scoperta da Gdf Venezia, 4 arresti, 87 indagati, anche a Reggio C.

      26 nov 19 Arrestate 4 persone dalla guardia di Finanza di Venezia e dai carabinieri di Roma che hanno anche sequestrato beni per 37 milioni di euro nell'ambito di un' indagine su una maxi frode Iva nel settore dei carburanti. Coinvolte 65 società, denunciate 86 persone per associazione per delinquere, omessa ed infedele presentazione delle dichiarazioni fiscali, emissione o annotazione di fatture false, indebita compensazione di crediti Iva o correlati ad investimenti fittizi in aree svantaggiate, riciclaggio ed autoriciclaggio. Il sequestro, finalizzato alla confisca, riguarda quote societarie, disponibilità finanziarie e 48 immobili nelle province di Milano, Novara, Parma e Reggio Calabria quale illecito profitto corrispondente all'Iva non versata relativa alla cessione di 270 mln di litri di carburante. I finanzieri nel 2016 avevano individuato numerosi distributori stradali nel veneziano e in altre parti d'Italia, che applicavano un prezzo "alla pompa" sensibilmente inferiore alla media di mercato, reso possibile per effetto dell'evasione dell'Iva. I finanzieri, coordinati dalla procura di Roma, hanno svolto accertamenti su 300 posizioni bancarie individuando un'organizzazione criminale, con base in uno studio professionale a Roma, facente capo a 2 intermediari calabresi, fratello e sorella, e a 2 "esperti" di prodotti petroliferi di Milano che hanno gestito un traffico di carburante per 300 milioni di euro, senza pagare 31 milioni di Iva, interponendo nella filiera commerciale numerose società risultate essere mere "cartiere", tutte gestite dagli indagati. In particolare, una società del milanese era incaricata di acquistare prodotto petrolifero da fornitori comunitari che arrivava via mare a Venezia, dove veniva stoccato presso un deposito costiero. Il carburante era poi ceduto a un'altra impresa - senza IVA per effetto della presentazione di false dichiarazioni d'intento - che lo rivendeva sottocosto e con IVA esposta ad un'ulteriore azienda della filiera che, a propria volta, lo retrocedeva alla prima società acquirente. Tutti trasferimenti meramente cartolari, in quanto il prodotto non usciva mai dal deposito di Venezia da dove veniva estratto solo per essere venduto a 'pompe' stradali del nord-est. Uno schema fraudolento che nel tempo è più volte cambiato. In un caso, utilizzando un'altra società di Roma, che ha ceduto il carburante preso dal deposito veneziano per rivenderlo a clienti finali applicando l'Iva che veniva però indebitamente compensata con falsi crediti d'imposta, ceduti da altre società gestite presso lo studio professionale romano. In un altro caso, interponendo una società incaricata di acquistare il prodotto da un'impresa inglese (senza Iva), che è stato dato a clienti finali con l'imposta, che però non veniva versata all'erario per effetto dell'utilizzo di fatture false. E' stato anche scoperto che i due 'esperti' di prodotti petroliferi avevano gestito una ulteriore società che ha preso ulteriori 24 milioni di litri di carburante da altro deposito veneziano, per poi venderlo senza versare 6 milioni di Iva. L'Iva evasa è stata poi monetizzata mediante il trasferimento, giustificato da ulteriori fatture per operazioni inesistenti, di ingenti somme di denaro verso ditte economiche compiacenti con sede in Cina, Hong Kong, Taiwan e verso una miriade di società cartiere deell'area campana, i cui amministratori prestanome provvedevano prelevare il denaro presso uffici postali. Una parte del profitto è poi tornata agli artefici dell'organizzazione tramite una fittizia cessione di ramo d'azienda, avallata da un notaio compiacente.

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