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      Marijuana a km0 a Reggio, dieci arresti della Gdf

       

       

      Marijuana a km0 a Reggio, dieci arresti della Gdf

      20 nov 19 Gestivano in house la coltivazione e il confezionamento di marijuana che poi provvedevano anche a spacciare al consumo. Un'organizzazione dedita alla produzione ed al traffico di droga è stata smantellata dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria che, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari nei confronti 10 soggetti, tutti reggini. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione a delinquere finalizzata alla produzione e al traffico di droga e di illecita detenzione, spaccio e produzione di sostanze stupefacenti. Nel corso dell'operazione è stato fatto anche il sequestro preventivo di beni. Complessivamente sono 13 le persone coinvolte.

      Un vero e proprio business "a km 0". Così la Guardia di finanza definisce il giro messo in piedi da un'organizzazione che coltivava piante di marijuana - ne sono state trovate 200 - nel giardino di un'abitazione e in altri due terreni tra i quartieri di Pellaro, San Cristoforo e centro città, per poi lavorarla e venderla direttamente sul mercato. Dieci gli arresti eseguiti dai finanzieri, 9 in carcere ed uno ai domiciliari. I provvedimenti rappresentano l'epilogo di indagini della Dda reggina diretta da Giovanni Bombardieri, coordinate dal pm Giovanni Calamita e condotte dalla Compagnia della Guardia di finanza di Reggio Calabria. Gli arrestati, secondo l'accusa, coltivavano lo stupefacente con metodologie tecnologicamente avanzate per garantire un'eccellente qualità. Dalle piante sequestrate l'organizzazione avrebbe potuto ricavare diverse migliaia di dosi di marijuana. All'operazione è stato dato il nome "Pollice Verde", spiega la Guardia di finanza, proprio in riferimento "alla maniacale dedizione posta in essere dai criminali alla produzione in house dello stupefacente, con relativo peculiare know how che, di fatto, sbaragliava la concorrenza e garantiva elevati profitti". Nei siti di coltivazione, la sostanza veniva abilmente curata, annaffiata, raccolta, fatta essiccare e confezionata, per poi essere distribuita direttamente al consumo tramite una rete di pusher tutti stabilmente partecipi all'associazione. L'inchiesta, condotte con indagini tecniche, appostamenti, pedinamenti e osservazione, perquisizioni, oltre a diversi sequestri, ha permesso di raccogliere una serie di elementi che hanno portato all'emissione delle ordinanze cautelari. L'organizzazione, secondo l'accusa, aveva una tipica struttura "piramidale", con ruoli interni ben definiti. Al vertice ci sarebbero stati Domenico Di Grande, detto "Mimmone", di 60 anni, e Valentino Buzzan (59). Erano loro, secondo l'accusa, che provvedevano alla ricerca dei terreni e degli altri spazi su cui avviare i lavori di produzione dello stupefacente, tenevano i contatti tra tutti i membri dell'organizzazione e cedevano, personalmente, la marijuana prodotta a una selezionata clientela o ai vari pusher. Gli altri componenti dell'organizzazione si occupavano, invero, prevalentemente di vendere la marijuana al dettaglio, trovare nuovi "clienti", coadiuvare i capi nella coltivazione. Oltre a Di Grande e Buzzan, sono stati arrestati Roberto Bevilacqua (35), Giuseppe Simone (45), Domenico Genoese Zerbi, detto "Nico" (48), Fabio Puglisi (40), Carmelo Tommasini (32), Fedele Zaminga (43), Sebastiano Trunfio (37) e Carmelo Gatto (30), quest'ultimo posto ai domiciliari.

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