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      Duplice omicidio Chiodo-Tucci 5 arresti della DIA a Cosenza

       

       

      Duplice omicidio Chiodo-Tucci 5 arresti della DIA a Cosenza

      16 nov 18 Un'operazione antimafia della Dia di Catanzaro è in corso per l'arresto l'arresto di 5 persone ritenute responsabili del duplice omicidio di Benito Aldo Chiodo e Francesco Tucci e del contestuale ferimento di Mario Trinni, avvenuto a Cosenza il 9 novembre del 2000. Il provvedimento restrittivo è stato emesso dal Gip distrettuale di Catanzaro, al termine delle indagini coordinate dal procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e del pm della Dda Camillo Falvo, nei confronti di soggetti di spicco della criminalità organizzata cosentina di etnia nomade. Chiodo, Tucci e Trinni stavano chiacchierando in una piazzetta nei pressi del carcere di via Popilia, quando da un'auto scesero due sicari incappucciati che iniziarono a sparare all'impazzata. Trinni riuscì a fuggire mentre Chiodo e Tucci furono colpiti. I sicari, poi, spararono alla testa delle due vittime il colpo di grazia con una pistola calibro 9.

      Ci sono i presunti mandanti ed esecutori tra le cinque persone arrestate stamani dalla Dia come responsabili del duplice omicidio di Aldo Benito Chiodo e Francesco Tucci e del contestuale ferimento di Mario Trinni. Un contributo alle indagini è venuto da un collaboratore di giustizia, Francesco Bevilacqua, alias "Franchino di Mafalda", all'epoca dei fatti capo degli zingari di Cosenza, già condannato per lo stesso fatto e poi diventato collaboratore di giustizia.

      Gli arrestati sono Antonio Abbruzzese, di 48 anni, Luigi Berlingieri (48), Saverio Madio (56), Celestino Bevilacqua (57) e Fiore Abbruzzese (52), tutti ritenuti stabilmente inseriti nella criminalità mafiosa cosentina di etnia nomade.

      Agli arresti, nella fase esecutiva, hanno collaborato personale della Polizia di Stato e dei Carabinieri di Cosenza. Chiodo era ritenuto il "contabile" dell'allora gruppo confederato Cicero-Lanzino. Bevilacqua, dopo l'avvio della collaborazione, aveva svelato tutti i retroscena del delitto, rivelando i nomi dei partecipi all'azione, le modalità di esecuzione e il movente, da ricercare nel mancato rispetto, da parte di Chiodo, dei patti stretti dai nomadi con l'allora gruppo confederato Lanzino-Cicero sulla spartizione dei proventi di alcune attività illecite precluse agli zingari quali estorsioni, usura e traffico di cocaina. Successive dichiarazioni di altri collaboratori, raccolte di recente e riscontrate dagli investigatori della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, hanno permesso di acquisire ulteriori elementi di prova nei confronti degli arrestati, tali da consentire ai magistrati della Dda - il procuratore Nicola Gratteri ed il pm Camillo Falvo - di chiedere ed ottenere dal Gip il loro arresto. Nell'agguato, portato a termine nel tardo pomeriggio del 9 novembre 2000 in via Popilia a Cosenza, i sicari utilizzarono, oltre ad una pistola Beretta, anche un fucile mitragliatore Kalashnikov. Dalla ricostruzione investigativa, è emerso che sull'autovettura Lancia Thema utilizzata per l'agguato, e rinvenuta poi sepolta nel cantiere della De.MAR Costruzioni di Sergio Perri (rimasto poi ucciso in un agguato di stampo mafioso insieme alla moglie il successivo 17 novembre), oltre a Francesco Bevilacqua, c'erano Luigi Berlingieri, detto "occhi di giaccio" o "il cinese", armato del Kalashnikov, Fiore Abbruzzese, detto Ninuzzo, con il compito di fare da autista, e Gianfranco Iannuzzi, detto "a' ntacca", successivamente vittima di lupara bianca. Antonio Abbruzzese è invece ritenuto il mandante, insieme a Francesco Bevilacqua, mentre Saverio Madio e Celestino Bevilcqua, si sarebbero occupati, il primo del trasporto dei killer al luogo di partenza dell'azione, ed il secondo del loro recupero dal luogo ove venne interrata l'auto utilizzata per l'agguato.

      "Questo duplice omicidio non poteva rimanere impunito. E' stato un caso eccellente, avvenuto in pieno giorno con l'uso anche di armi da guerra e in una zona centrale di Cosenza. E, come è stato per questo caso, bisognerà rivedere altri fatti di sangue seppur datati nel tempo". Lo ha detto il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa sugli arresti dei presunti responsabili del duplice omicidio di Benito Aldo Chiodo e Francesco Tucci, avvenuto il 9 novembre di 18 anni fa. "Oggi - ha aggiunto - ci possiamo permettere di scavare nel passato perché finalmente abbiamo aumentato il numero di magistrati alla Dda e possiamo permetterci il lusso di avere un sostituto sul circondario di Paola, uno sul circondario di Cosenza e uno su Castrovillari. C'è stato un periodo in cui c'era un solo sostituto per tre circondari. Adesso c'è il dottore Camillo Falvo che è uno dei migliori sostituti di questa Procura e si sta dedicando alle indagini su Cosenza". "La Cosenza di quegli anni - ha detto Antonio Turi, direttore della Dia di Catanzaro - vedeva contrapposti i clan Ruà-Lanzino e Perna-Cicero. Clan autonomi ma confederati che avevano stabilito di spartirsi importanti appalti come quello per i lavori di ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, lo spaccio di sostanze stupefacenti e le estorsioni. A questo gruppo si era aggiunto in alleanza il gruppo degli 'zingari'. Fino ad un certo punto questa alleanza è rimasta in equilibrio perché prevedeva per gli 'zingari' l'appannaggio di reati quali le rapine e lo spaccio di eroina e hashish, mentre per le estorsioni e gli appalti sulla Salerno-Reggio c'era il gruppo confederato con l'accordo di corrispondere agli 'zingari' anche una parte dei proventi dei reati un po' più gravi. Questo accordo è andato bene fino a quando Benito Chiodo, contabile del gruppo confederato, non ha rispettato più gli accordi della spartizione del territorio con gli 'zingari'. Agli affari si aggiungevano vicende personali perché uno dei suoi sicari aveva avviato una relazione extraconiugale con la moglie del fratello di Chiodo".

      "L'indagine che ha portato stamani ad alcuni arresti a Cosenza, per un omicidio avvenuto 18 anni fa, disvela, al netto di ogni risultanza che non potrà non emergere dalle sentenze, meccanismi criminali che rischiavano di finire nell'oblio". Lo afferma la vice presidente della commissione antimafia e deputata di Forza Italia, Jole Santelli. "Mi pare di poter dire che le parole più confortanti - aggiunge Santelli - siano giunte dal procuratore Nicola Gratteri che ha sottolineato come, finalmente, gli organici della DDA siano stati potenziati consentendo la possibilità di avere tre sostituti sulla Provincia di Cosenza. Si tratta di un passo in avanti imprescindibile - prosegue la vice presidente della commissione antimafia - se vogliamo concretamente contrastare la criminalità organizzata sul territorio. Fermo restando che ogni indagine deve seguire i percorsi del diritto - continua Santelli - , è confortante registrare ancora una volta la serietà e l'incisività della fase di indagine, in un contesto di tempi che non era certo facile. È estremamente importante fare luce su delitti caduti nell'oblio sia per la lettura complessiva degli assetti anche attuali, sia per sottolineare la necessità che si deve tentare di dare risposte a delitti rimasti nell'oscurità".

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