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      Le PMI calabresi tornano a crescere, ma di poco (+1.6%)

       

       

      Le PMI calabresi tornano a crescere, ma di poco (+1.6%)

      05 apr 18 "Le PMI meridionali tornano ad investire, e potrebbero farlo in maniera più consistente grazie ad una crescente solidità finanziaria e patrimoniale. Il tessuto produttivo ha conti economici in ripresa e torna a popolarsi, ma è costituito soprattutto da imprese di piccolissime dimensioni, che però faticano a crescere. Due saranno le sfide decisive: attivare il potenziale degli investimenti e favorire il salto dimensionale delle micro imprese". È quanto emerge dalla quarta edizione del Rapporto PMI Mezzogiorno, a cura di Confindustria e Cerved, con la collaborazione di SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, presentato da Confindustria nella sede di Cosenza, che fa il punto sulle caratteristiche e sull'andamento di un significativo campione di imprese - le PMI di capitali tra 10 e 250 addetti - rappresentativo del tessuto imprenditoriale meridionale. Nel suo complesso - si legge nel rapporto - il sistema di PMI meridionali è tornato a crescere, a ritmi anche superiori a quelli nazionali (nel 2016 +4,1%). Il numero di PMI uscite dal mercato è tornato su livelli fisiologici, con netti cali dei fallimenti (-25% tra 2016 e 2017), di procedure concorsuali (-18%) e di chiusure volontarie. Nel 2016 in Calabria operavano 1.600 PMI di capitali, dato in leggero aumento rispetto all'anno precedente (+1,6%) ma ancora lontano dai livelli del 2009. Rispetto al 2009, anno in cui la crisi si è estesa anche alle imprese del Sud per la Calabria mancano all'appello 359 PMI (-18,3%). Ciò vuol dire che dall'inizio della crisi la Calabria ha perso quasi 2 PMI su 10. Per quanto concerne la composizione settoriale, le PMI che operano nell'industria sono sensibilmente inferiori alla media meridionale (13% contro il 19,5% del Sud nel suo complesso), mentre il comparto agricoltura (3,9%), invece, è relativamente più esteso in Calabria che nel resto del Meridione e, infine, una percentuale ancora più alta di PMI opera nei servizi (60,5%). Un indicatore per misurare la competitività delle imprese è il costo del lavoro per unità di prodotto: nel 2016 il CLUP delle PMI della Calabria è risultato leggermente più alto che nel resto del Mezzogiorno (69,2% contro 69,1%) ma, cosa forse ancora più rilevante, rispetto al biennio precedente ha subito un incremento significativo (+0,9 punti) inferiore, tra le regioni del Sud, solo a quello dell'Abruzzo (+1,1 punti). Anche per le PMI calabresi nel 2016 prosegue la crescita del MOL (+0,4%), anche se sensibilmente inferiore al resto del Sud (+1,6%). I valori fatti registrare dalle PMI industriali calabresi (+0,3%), invece, sono sostanzialmente in linea con il totale delle PMI. Un dato rilevante per le PMI calabresi riguarda l'andamento dei debiti finanziari, che tra il 2015 e il 2016 sono cresciuti del 6,4%, più di ogni altra regione meridionale (il Sud in media si attesta su un +1,7%). La marcata ripresa dell'indebitamento è probabilmente conseguenza di un'attenuazione del credit crunch. "C'è una ripresa dei conti economici delle piccole e medie imprese meridionali, una ripresa, però - ha sostenuto Guido Romano, responsabile studi economici Cerved - ancora lenta. Il dato incoraggiante è riferito alla crescita degli investimenti che rileviamo nel Mezzogiorno e soprattutto in Calabria. Abbiamo individuato in Calabria circa trecento imprese che potrebbero aumentare i propri debiti finanziari fino a 400 milioni, un potenziale importante che bisogna rendere concreto, magari utilizzando gli incentivi di industria 4.0. Per coglierli è necessario avere il credito e promuovere in maniera trasparente al mercato". Tra 2015 e 2016 - è scritto nell'analisi - gli investimenti materiali lordi delle PMI meridionali aumentano dal 5,9% delle immobilizzazioni materiali all'8,5%, superando la media nazionale (7,8%). Nel 2016 gli investimenti materiali lordi effettuati dalle PMI calabresi sono stati pari al 7,3% delle immobilizzazioni, in forte aumento rispetto al +4,3% dell'anno precedente. Tra le imprese osservate, quelle industriali sembrano aver pagato i costi maggiori della crisi ma mostrano ora i maggiori segnali di vitalità. I risultati delle PMI dell'industria rimaste sul mercato - è scritto ancora nel rapporto Confindustria e Cerved - sono incoraggianti: il loro fatturato cresce al Sud del 4,8% (2016), quasi il doppio del complesso delle PMI dell'area e più della media nazionale (3,1%). I margini lordi delle PMI industriali aumentano del 3,2%, il doppio del complesso delle PMI, ma meno di quelle italiane (+4,6%). Anche le imprese industriali scontano, dunque, il peso di diseconomie esterne che ne limita le performance.Un peso che continuerà a farsi sentire, anche in una congiuntura che si conferma positiva.

      "I dati sono lievemente positivi, però la percezione è diversa, soprattutto tra settore e settore. Adesso bisogna velocizzare e attivare tutta la programmazione per tradurre gli investimenti in sostegno reale alle imprese. Il tema fondamentale è la crescita, che vuol dire occupazione, lavoro". È il commento di Natale Mazzuca, presidente di Unindustria Calabria, ai dati contenuti nella quarta edizione del Rapporto PMI Mezzogiorno, a cura di Confindustria e Cerved, con la collaborazione di SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, presentato da Confindustria nella sede di Cosenza, che fa il punto sulle caratteristiche e sull'andamento di un significativo campione di imprese - le PMI di capitali tra 10 e 250 addetti - rappresentativo del tessuto imprenditoriale meridionale. "Lo studio - ha affermato Stefan Pan, vicepresidente per le politiche regionali e coesione territoriale di Confindustria - ci dice che le imprese si sono irrobustite e una ripresa robusta ha più facilità ad accedere al credito. Un segnale di quanto l'imprenditoria del meridione sia vivace e coraggiosa. Nonostante le difficoltà ci siamo rimessi in gioco, l'impresa è la soluzione dei problemi. Se ci sono diseguaglianze si combattono con le imprese, che creano la base per tutto il resto, perché senza l'impresa forte non si riesce a crescere. Il Sud ha dato dimostrazione di dinamicità, ma sono piccole. Ora bisogna vincere la sfida globale e per farlo dobbiamo crescere, puntando sulle competenze del management, per riuscire a intercettare e sfruttare le opportunità che ci offrono. Queste iniziative servono a creare fiducia e raccontare che ci sono imprese capaci, guidate da imprenditori coraggiosi e che ci sono le soluzioni concrete alle sfide".

      "Le Pmi meridionali tornano ad investire, e potrebbero farlo in maniera più consistente grazie ad una crescente solidità finanziaria e patrimoniale. Il tessuto produttivo ha conti economici in ripresa e torna a popolarsi, ma è costituito soprattutto da imprese di piccolissime dimensioni, che però faticano a crescere. Due saranno le sfide decisive: attivare il potenziale degli investimenti e favorire il salto dimensionale delle micro imprese". Emerge dalla quarta edizione del Rapporto PMI Mezzogiorno a cura di Confindustria e Cerved, con la collaborazione di SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, presentato da Confindustria nella sede di Cosenza, che fa il punto sulle caratteristiche e sull'andamento di un significativo campione di imprese - le pmi di capitali tra 10 e 250 addetti - rappresentativo del tessuto imprenditoriale meridionale. Nel suo complesso, evidenzia il rapporto, dopo l'arretramento con la crisi "il sistema di pmi meridionali è tornato a crescere, a ritmi anche superiori a quelli nazionali (nel 2016 +4,1%). Rispetto ai valori pre-crisi mancano ancora all'appello circa 2 mila pmi "ma le tendenze sono incoraggianti, sia sul fronte delle nascite sia delle cessazioni. Il numero di pmi uscite dal mercato è infatti tornato su livelli fisiologici, con netti cali di fallimenti (-25% tra 2016 e 2017), di procedure concorsuali (-18%) e di chiusure volontarie". Quanto allo stato di salute, "i conti economici sono in graduale ripresa e certificano il buono stato di salute di questo campione di imprese. Aumentano infatti il fatturato (+2,7%), che cresce più della media italiana ed è ormai tornato ai livelli pre-crisi, e il valore aggiunto (+4% tra 2015 e 2016)". E c'è una "forte crescita della capitalizzazione delle pmi meridionali (+5,3% tra 2016 e 2015, con un incrementi di 1/3 rispetto ai livelli pre-crisi" che "ne rende più sostenibile il debito". E' "in forte calo" il numero delle imprese meridionali "fortemente dipendenti dal credito bancario, ormai quasi in linea con la media nazionale", ed "anche il miglioramento dell'affidabilità creditizia testimonia la maggiore robustezza dell'apparato produttivo meridionale": sale dal 40 al 48,4% la quota di imprese "valutate positivamente come sicure o solvibili". La ricerca evidenzia che "il principale segnale di svolta viene dagli investimenti: dopo una fase di forte contrazione, accelerano e crescono in tutte le regioni meridionali" e "mostrano ancora ampi e confortanti margini di crescita". Secondo le previsioni di Confindustria e Cerved, "nel 2018 e nel 2019, fatturato e valore aggiunto delle pmi di capitali del Sud continueranno a crescere con tassi non lontani da quelli del resto del Paese, mentre i margini si manterranno più bassi della media nazionale, a conferma della rilevanza di fattori esterni che pesano sulla profittabilità delle imprese meridionali". "Insomma", sintetizza il rapporto, "le prospettive delle pmi meridionali sono moderatamente positive, ma l'intensità con cui tali andamenti si consolidano e, soprattutto, la velocità con cui il segno '+' si estende mostrano che c'è ancora molto da fare per tradurre questi segnali in un complessivo miglioramento della situazione economica e sociale dei territori meridionali". Le sfide da affrontare "sono impegnative, e di non breve periodo: occorre, infatti, rinfoltire le fila delle piccole ma soprattutto delle medie imprese di capitali; attivare il potenziale di investimento con un miglior accesso alle fonti di finanziamento, non solo bancario; utilizzare sinergicamente credito, finanza e strumenti di incentivazione; sfruttare i fondi europei per ridurre le diseconomie territoriali". Per Confindustria e Cerved "imprese, mondo del credito e della finanza, istituzioni, sono tutti chiamati a fare la loro parte".

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