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    Arresti Ospedale Reggio, cartelle manipolate per coprire errori. Tra fermati primari ed ex

     

    Arresti Ospedale Reggio, cartelle manipolate per coprire errori. Tra fermati primari ed ex

    21 apr 16 Le cartelle cliniche "manipolate" o, peggio, falsificate per coprire le responsabilità derivanti dagli errori medici commessi nei reparti di Ostetricia e ginecologia, di Neonatologia e di Anestesia del Presidio ospedaliero "Bianchi-Melacrino-Morelli" ("Ospedali Riuniti") di Reggio Calabria. E' lo spaccato emerso dall'inchiesta "Mala sanitas" coordinata dalla Procura della Repubblica reggina e dal Gico del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza. Nell'ordinanza che ha portato ai domiciliari 4 medici ed alla sospensione dalla professione di altri sei e di una ostetrica, il gip parla dell'"esistenza di una serie di gravi negligenze professionali e di 'assoluta freddezza e indifferenza' verso il bene della vita che di contro dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata 'a salvare gli altri' e non se stessi". Dalle indagini sarebbe emersa l'esistenza di un sistema di copertura illecito, condiviso dall'intero apparato sanitario, che è stato attuato tutte le volte in cui "le cose non sono andate come dovevano andare" nell'esecuzione dell'intervento sulle singoli gestanti o pazienti, per evitare di incorrere nelle conseguenti responsabilità soprattutto giudiziarie. Nelle conversazioni intercettate nel corso delle indagini, si sentono gli indagati che, a seconda il caso trattato e il bisogno necessario, si esprimono dicendo "la si chiuderà e poserà nell'armadio", oppure che la cartella sarà alterata "con bianchetto", o si inciderà sulla stessa "con una striatura", o si provvederà a introdurre nella stessa falsi documenti sanitari o a sopprimerne "parti". Secondo gli inquirenti, all'occorrenza, la cartella veniva confezionata ad arte o veniva omesso deliberatamente di attestare ciò che era stato visto e compiuto durante l'intervento.

    Primari ed ex tra gli arrestati. Il primario e l'ex primario dell'Unità operativa complessa di Ostetricia e Ginecologia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, Alessandro Tripodi e Pasquale Vadalà, sono due dei quattro medici sottoposti agli arresti domiciliari nell'ambito dell'inchiesta "Mala sanitas". Gli altri due medici arrestati sono Daniela Manuzio e Filippo Luigi Saccà, entrambi in servizio nello stesso reparto. Saccà è anche responsabile della struttura semplice "Diagnosi e Terapia Prenatale". Sono, invece, stati sospesi dall'esercizio della professione per 12 mesi, i medici Salvatore Timpano (in servizio a Ostetricia e ginecologia fino al 28 febbraio 2015); Francesca Stiriti (Ostetricia); Maria Concetta Maio (responsabile "Ambulatorio di neonatologia" nell'Unità di Neonatologia); Antonella Musella (Ostetricia e Ginecologia); Luigi Grasso (medico anestesista all'Unità operativa di Anestesia fino al 31 dicembre 2012); Annibale Maria Musitano (direttore dell'Unità operativa di Anestesia fino al 30 giugno 2013); e l'ostetrica Pina Grazia Gangemi (Ostetricia e ginecologia).

    Intercettazioni: risate su errori. "Sai che fai? Gli devi dire 'Se non vi serve la cartella ci serve a noi' perché abbiamo la paziente ricoverata. Hai capito? Perché ora sicuramente cercheranno di pararsi il culo loro, no?!". Così parlava, intercettato dagli uomini della Guardia di finanza, il primario del reparto di ostetricia e ginecologia degli ospedali Riuniti di Reggio Calabria Alessandro Tripodi, preoccupato che un errore commesso da un collega di neonatologia potesse ricadere sul suo reparto. E' quanto emerge dall'ordinanza con la quale il gip di Reggio Calabria Antonino Laganà ha disposto gli arresti domiciliari per quattro medici e la sospensione dalla professione per un anno per sei loro colleghi ed una ostetrica. Perché, scrive il gip, "come già riscontrato in altri episodi che vedevano il coinvolgimento di più reparti, quanto accaduto creava inevitabili frizioni i tra medici delle diverse Unità Operative, che privi di deontologia professionale e di umana pietà per l'epilogo infausto della vicenda, si ponevano il solo problema di attivarsi al fine di spostare l'asse delle responsabilità". E l'accaduto era una errata intubazione ed il successivo ritardo con cui un neonato era stato ossigenato che ha fatto sì che il piccolo, che adesso ha 5 anni, riportasse lesioni cerebrali gravissime venendo poi dichiarato invalido civile al 100%. Ed a conferma della tesi accusatoria, il gip pone un'altra intercettazione di Tripodi: "Vabbè loro cercheranno di occultare il fatto che non sono riusciti ad intubarlo. Speriamo che non abbia danni. Mah, comunque cazzi loro! Noi sicuramente non c'entriamo niente". Una vicenda tenuta nascosta, sottolinea il gip, persino alla madre che, sentita dal pm durante l'inchiesta, ha addirittura avuto parole di gratitudine per i medici di neonatologia: "ha ricevuto le cure necessarie e, a mio avviso, i medici di quel Reparto sono stati bravissimi, a differenza di quelli di ostetricia che, a mio avviso, mi hanno trascurata". Ma dalle intercettazioni agli atti emerge un'altra verità: "in questo momento non ha nulla di particolare, di immediato - dice uno dei medici di ginecologia indagati - però dobbiamo vedere che non sviluppi qualche lesione a distanza di qualche giorno, perché, comunque, è stato 53 minuti senza intubazione, perché chi l'ha dovuto intubare non è stato capace ma il problema è stata l'assistenza neonatologica". Nel caso di una donna alla quale un medico provoca lacerazioni vescicali e la rottura del collo dell'utero due colleghi parlano di lui ridendo. "Stava morendo no? (ride)" annotano i finanzieri. E poi: "sto animale fa queste tragedie ogni volta". Tripodi, secondo l'accusa, è anche il responsabile del procurato aborto della sorella che, pur affetta da una grave patologia, d'intesa col marito voleva portare avanti la gravidanza. Tripodi, prima fa sostituire la flebo alla sorella e poi chiede aiuto ad un collega. "Domani mattina la portiamo di là - dice il medico a Tripodi - senza far vedere un cazzo, gli metto il Cervidil mentre la visito. Quindi, quando lei comincerà ad avere contrazioni per 2/3 ore... dice niente, non c'è niente stai abortendo e allora ti dobbiamo aiutare e la rendiamo partecipe del fatto. Io vengo già con l'ovulo dentro il guanto quando la visito, ho l'ovulo dentro il guanto e me la vedo io".

    Indagine nata dal altra indagine su cosca De Stefano. E' nata grazie ad intercettazioni telefoniche disposte nell'ambito di una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia su persone a vario titolo gravitanti intorno alla cosca di 'ndrangheta dei De Stefano, l'indagine della Guardia di finanza che ha portato stamani all'arresto di 4 medici degli "Ospedali Riuniti" di Reggio Calabria ed alla sospensione per un anno dalla professione altri sei ed una ostetrica. In particolare, dalle intercettazioni su un'utenza intestata all'Azienda ospedaliera e in uso al dott. Alessandro Tripodi, primario del reparto "Ginecologia e ostetricia" e nipote di Giorgio De Stefano - cugino dei capi storici della cosca - sarebbero emersi numerosi episodi di malasanità riguardanti reati di colpa medica e di falsità in atto pubblico da parte dei dipendenti del reparto. Gli atti sono così passati alla Procura ordinaria che ha disposto ulteriori intercettazioni, raccogliendo poi le dichiarazioni delle pazienti e degenti, acquisendo la documentazione sanitaria e disponendo consulenze tecniche. Il contenuto delle conversazioni intercettate, secondo gli investigatori, ha assunto "un'importanza decisiva e dirimente nella misura in cui la falsità in atto pubblico contestata emergeva con palmare evidenza nel rapporto e nella discrasia esistente tra ciò che è stato attestato fittiziamente in cartella e ciò che, di contro, il personale sanitario coinvolto ha realmente visto e compiuto durante la fase del parto e/o della degenza e/o dell'intervento chirurgico cesareo svoltosi presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia degli Ospedali Riuniti".

    "Come la clinica del dott Mengele". "Un quadro probatorio che richiama alla mente la famigerata 'clinica del dottor Mengele'". Non usa mezzi termini un investigatore per descrivere quanto avveniva nel reparto di Ostetricia e ginecologia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria. Parole cui fa eco il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho che, incontrando i giornalisti, parla di "situazione indegna di un Paese civile". "Le gravissime vicende di questa inchiesta - aggiunge il magistrato - sono riassumibili col decesso di neonati, di malformazioni gravissime procurate per colpa e imperizia a puerpere e nascituri, di donne raggirate per abortire senza consenso". Come nel caso di una partoriente, spiega il procuratore, alla quale "insieme al bambino i sanitari di turno estraggono anche il collo uterino, mutilandola orrendamente". O il caso di una donna che "affetta da una forma di patologia della gravidanza, nonostante volesse tenere il bambino d'accordo col marito, per un malore viene ricoverata alla diciassettesima settimana di gravidanza nel reparto dove lavora anche il fratello, il quale, d'accordo con il primario facente funzioni Alessandro Tripodi, le somministra a sua insaputa un farmaco per stimolare le contrazioni uterine e indurre l'aborto". Ed ancora, il caso del "neonato prematuro che una dottoressa non riesce ad intubare, inserendo la sonda nel canale digerente anziché nelle vie respiratorie, provocando danni cerebrali indelebili al piccolo, adesso di cinque anni, raccontando alla madre che sarebbe stato fatto il miracolo riuscendo a salvare almeno lei". "Ascoltando le conversazioni di Tripodi - ha detto il procuratore aggiunto Gaetano Paci - è emerso un quadro gravissimo: cartelle manipolate, volontà coartate, falsificazioni tese a dimostrare alle pazienti ed ai loro familiari che tutto era stato fatto secondo le regole e che solo il destino aveva voluto diversamente. Questa città è sottoposta ad ulteriore e profonda sofferenza persino dove la poca cura per la vita umana e sociale prevale fino a fare impallidire ogni valore e tutto diventa buio. E anche chi voleva denunciare veniva indotto con atteggiamenti che rasentano l'atteggiamento mafioso a rinunciare. Il diritto alla salute inserito nella Costituzione veniva umiliato e sottoposto a coercizione e in tanti si ritraevano per paura". "Abbiamo trovato una situazione che definire indecente è davvero poco", ha detto il comandante provinciale della Guardia di finanza col. Alessandro Barbera: "cartelle cliniche lasciate dentro locali semi abbandonati e senza descrizione di quanto avveniva nel reparto e nella sala operatoria, con il personale più impegnato allo scaricabile che a garantire la sicurezza e il diritto alla salute". "Senza le intercettazioni telefoniche - ha sottolineato Cafiero de Raho - oggi di tutto questo non avremmo saputo nulla, non si sarebbe mai colta la gravità dei fatti. Qui non si è trattato solo di errori, ma di una sistematica opera di falsificazione per impedire l'attività di ricerca delle fonti di prova. E' proprio una pagina nera della sanità del nostro Paese".

    Lorenzin: caso scandaloso. "Una situazione veramente scandalosa". Così il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha definito l'arresto per illeciti di vari medici a Reggio Calabria, sottolineando come sia "strano che le denunce siano pervenute dai pazienti e non dalla direzione sanitaria" dello stesso ospedale di Reggio Calabria. "Si tratta - ha detto Lorenzin a margine della firma del protocollo di intesa con l'Autorità nazionale anticorruzione Anac - di azioni avvenute qualche anno fa, e il primario che gestiva il reparto non c'è più mentre oggi a Reggio Calabria stanno facendo nuovi concorsi per primariati certificati da notai". Un punto però, ha rilevato, è da sottolineare: "Mi sembra strano che questa inchiesta sia scaturita da una denuncia dei pazienti e non dalla capacità della direzione sanitaria di verificare le anomalie all'interno del reparto di ostetrici".
    In Calabria molto da fare. In Calabria "c'è molto lavoro da fare e da fare in modo molto veloce". Lo ha sottolineato il ministro della salute Beatrice Lorenzin parlando della vicenda di Reggio Calabria che ha portato all'arresto di alcuni medici degli 'Ospedali riuniti' della città. Fra l'altro, il ministro ha detto: "Dobbiamo lavorare sulla maggiore capacità di segnalazione delle anomalie da parte delle direzioni sanitarie". In questo caso, ha proseguito, "dobbiamo capire cosa è accaduto non solo dal punto di vista sanitario ma anche organizzativo all'interno dell'ospedale". Sulla Calabria, ha quindi commentato Lorenzin, "si sta lavorando moltissimo, ed un caso è proprio l'ospedale di Reggio Calabria, dove ora ci sono primari che vengono da fuori regione con concorso". Tuttavia, ha avvertito, "ci sono delle zone d'ombra ed è una regione dove il lavoro da fare è molto ed è da fare anche in modo molto veloce"

    "Bene l'azione della magistratura sulla sanità a Reggio Calabria. Ora, tolleranza zero". E' quanto afferma il presidente della Giunta Regionale, Mario Oliverio, in merito, è scritto in una nota, "ai gravissimi fatti, risalenti al 2010, emersi dall'azione della Procura della Repubblica di Reggio Calabria che vede coinvolti medici e personale sanitario". "La gravità dei reati contestati - prosegue Oliverio - richiede severità ed un'azione organica esemplare. La Regione si costituirà parte civile in ogni sede ed in ogni grado di giudizio e, contemporaneamente, oltre alle misure già assunte dalla magistratura, porrà in essere tutte le azioni di propria competenza tese a bonificare e a rendere trasparente ogni tipo di attività sanitaria". "Già nella mattinata di oggi - conclude il Presidente della Giunta regionale calabrese - il direttore generale del dipartimento "Salute" della Regione, assieme ai direttori generali dell'Azienda ospedaliera e dell'Azienda sanitaria di Reggio Calabria, hanno attivato una Unità di Crisi che ha già prodotto un apposito Decreto Commissariale che autorizza mobilità immediata e accessi straordinari per garantire il mantenimento del servizio all'interno dell'Unità Operativa di Ginecologia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria".

    "Nel ringraziare la Procura della Repubblica per il suo prezioso lavoro, auspico che l'azione della magistratura consenta di definire al più presto i profili delle responsabilità per il quadro emerso dall'indagine 'Mala sanitas'". Lo afferma il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Nicola Irto. "Oggi - prosegue - è stata scritta una pagina molto triste per la nostra comunità, che impone equilibrio nelle valutazioni e assoluta fermezza nei provvedimenti da assumere. Condivido la decisione del presidente Oliverio, che ha reso noto che la Regione si costituirà parte civile nei processi e, per la parte di propria competenza, farà il massimo per aumentare la trasparenza e impedire il ripetersi di simili, drammatiche vicende"

    "L'inchiesta giudiziaria e gli arresti ai 'Riuniti' di Reggio Calabria turbano profondamente la coscienza degli italiani e in particolare delle donne italiane, perché mettono in luce abissi di disumanità che hanno, pur risalendo a sei anni addietro, dell'incredibile". E' il commento della consigliera regionale di Calabria in Rete Flora Sculco. "Sono casi ed eventi - prosegue - che, aldilà delle responsabilità individuali, ci obbligano, come cittadini e come politici, ad interrogarci, pur senza generalizzare, sulla caduta valoriale di professioni nelle cui mani consegniamo la nostra salute e sulla inesistenza dei controlli preventivi. La decisione della Regione di costituirsi parte civile è un segnale serio, giusto e incoraggiante. Altrettanto necessario, però, è l'intervento del Ministero sulla specifica questione, soprattutto per restituire fiducia nella sanità pubblica ai cittadini".

    Codacons parte offesa. Il Codacons annuncia la propria costituzione di parte offesa nell'inchiesta aperta dalla Procura di Reggio Calabria, che ha portato oggi all'arresto di 4 medici e alla sospensione di altri 6 che operavano negli Ospedali riuniti della città. Lo riferisce un comunicato dell'associazione. "Le accuse rivolte ai medici - afferma il presidente Carlo Rienzi - sono pesantissime e, se confermati gli illeciti, ci troveremmo di fronte ad un evidente danno per tutti gli utenti della sanità calabrese. Quanto avvenuto nell'ospedale di Reggio Calabria dimostra come la malasanità in Italia sia oramai dilagante, con veri e propri sistemi per coprire gli errori, i decessi e le gravi conseguenze dell'operato dei medici". Per Rienzi si tratta di "una vicenda che danneggia tutti i cittadini calabresi i quali, attraverso le tasse, finanziano il servizio sanitario. Per tale motivo il Codacons si costituirà parte offesa nell'inchiesta e chiederà per conto della collettività un equo risarcimento danni ai responsabili di illeciti"

    "Dalle indagini su quanto accaduto a Reggio Calabria emerge un quadro inquietante. Si tratta di un enorme sistema che coinvolge l'intero reparto sanitario degli Ospedali riuniti attuato attraverso l'occultamento di numerose cartelle cliniche, e la loro manomissione per evitare di incorrere in sanzioni giudiziarie in seguito a palesi errori commessi. Una cosa gravissima sulla quale il ministro della Salute Lorenzin deve intervenire immediatamente". E' quanto afferma la deputata di Sinistra Italiana Celeste Costantino, calabrese, che, insieme alle colleghe Marisa Nicchi, Lara Ricciatti e Donatella Duranti, ha presentato una interpellanza al Ministro della Salute e alla Presidenza del Consiglio "che ha nominato - riporta una nota - con delibera del Consiglio dei Ministri del 12 marzo 2015 il Commissario ad acta alla Sanità della Regione Calabria, per chiedere come intendano ripristinare le condizioni di legalità e di servizi sanitari degli Ospedali riuniti di Reggio Calabria". "Il sistema sanitario calabrese è al collasso - prosegue la parlamentare - e la diffusa presenza di corruzione e incompetenza, nonostante la presenza di un commissario ad acta nominato dalla Presidenza del Consiglio mette a repentaglio la salute non solo delle gestanti e dei neonati della città di Reggio Calabria, ma anche coloro che abitano in quel bacino territoriale e che si rivolgono a una grande struttura come quella degli Ospedali riuniti a causa dell'assenza di servizi sanitari nelle proprie località di appartenenza. Ma soprattutto violando, come nell'accertato caso dell'aborto indotto, le scelte riproduttive delle donne. Occorre - conclude la parlamentare - ripristinare al più presto le condizioni di legalità dei servizi sanitari degli Ospedali riuniti di Reggio Calabria anche per rassicurare la popolazione di quel territorio".

    "Le notizie sconvolgenti che questa mattina hanno portato ad arresti e sospensioni per 11 medici degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria delineano un quadro raccapricciante e inaccettabile". Con queste parole il deputato e responsabile sanità del Pd, Federico Gelli, ha commentato le vicende legate all'inchiesta 'Mala Sanitas' della procura di Reggio Calabria, avviata su una serie di denunce per la morte di due neonati, per casi di lesioni procurate a bimbi e per maltrattamenti ai danni delle partorienti. "All'incapacità di questi medici che hanno causato lesioni irreversibili, fino alla morte di diversi neonati - prosegue - si deve aggiungere anche quella lucida follia che ha fatto sì che si arrivasse a creare un vero e proprio sistema di copertura illecito, condiviso dall'intero apparato sanitario. Urge immediatamente un'ispezione ministeriale per far luce sull'accaduto e comprendere come sia possibile che, nel 2016, possano avvenire episodi simili in un ospedale facente parte di uno dei migliori sistemi sanitari al mondo. Da parte mia, presenterò un'interrogazione parlamentare e chiederò al ministro Lorenzin di riferire sull'accaduto. E' prioritario comprendere come sia possibile che queste persone siano state messe nelle condizioni di operare o ricoprire incarichi apicali all'interno di una struttura sanitaria".

    "L'arresto di alcuni medici di Reggio Calabria merita una duplice riflessione. Da un lato abbiamo a che fare con una delle numerose vicende di malasanità, con elementi di imperizia e negligenza clamorosi. Dall'altro evidenzia, per uno dei casi, l'ipotesi che la generosità di due genitori, disponibili a farsi carico di un nascituro affetto da un'alterazione cromosomica, sia stata sopraffatta dal disegno criminale di un medico, per giunta fratello della donna in attesa, con l'aiuto di due altri colleghi senza scrupoli". Lo dichiara, in una nota, Gian Luigi Gigli, presidente del Movimento per la Vita italiano e deputato di "Democrazia Solidale-Centro Democratico". "Ancora una volta - prosegue Gigli - sembra aver prevalso dall'esterno un giudizio sulla vita di un nascituro, considerata non degna di essere vissuta. Si tratta di una doppia violenza: l'uccisione del bambino e la negazione di un desiderio di maternità. Ciò che congiunge ancora una volta malasanità e aborto cosiddetto 'terapeutico' sembra essere il comune denominatore di una scarsa considerazione per il valore e l'intangibilità della vita umana. Occorre riflettere sulla facilità con cui oggi si dà luogo all'aborto per malattie del nascituro".

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