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    Arcivescovo Reggio Morosini scrive ai detenuti: E' tempo di cambiare

     

     

    Arcivescovo Reggio Morosini scrive ai detenuti: E' tempo di cambiare

    09 lug 15 "Questo è il momento favorevole per cambiare vita! Questo è il tempo di lasciarsi toccare il cuore". È quanto scrive l'arcivescovo di Reggio Calabria, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, in una lettera inviata ai detenuti. Mons. Morosini ha deciso di inviare la lettera dopo il suicidio in carcere di Giuseppe Panuccio, l'uomo di 53 anni detenuto per l'omicidio del fratello e della cognata e che feri' la loro figlia di 4 anni, che mori' due giorni dopo in ospedale. "Davanti al male commesso, e davanti anche a crimini gravi, è il momento - aggiunge mons. Morosini - di ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignità, degli affetti, della stessa vita. Rimanere sulla via del male è solo fonte di illusione e di tristezza. La vera vita è ben altro. Dio non si stanca di tendere la mano. È sempre disposto ad ascoltare ed anch'io lo sono, come i miei fratelli vescovi e sacerdoti. È sufficiente solo accogliere l'invito alla conversione e sottoporsi alla giustizia, mentre la Chiesa offre la misericordia. Se mi sarà concesso dalle autorità, durante questo Anno Giubilare della Misericordia, verrò a visitarvi nelle carceri ed a confessarvi io stesso, almeno alcuni di voi. Sogno, lo spero, e per questo prego, che in questo anno nella nostra Diocesi di Reggio Calabria-Bova ci sia qualche segnale forte di dissociazione dalla 'ndrangheta. Siate coraggiosi! Fatelo! Ciò significa essere uomini coraggiosi e veri cristiani. Sarà il primo di tanti altri passi, che cambieranno la nostra città e la nostra regione. Lo spero e prego per tutti voi, mentre vi benedico di cuore".

    Chiedete perdono. "Riconoscere pubblicamente la colpa commessa e chiedere perdono. È il primo passo verso la riparazione". Lo scrive l'Arcivescovo di Reggio Calabria, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, in una lettera ai detenuti. "Bisogna avere il coraggio - aggiunge - di arrivare a fare anche una pubblica dichiarazione, se è necessario ed educativo per gli altri, per riconoscere i propri errori, per dissociarsi da associazioni malavitose. Oppure si può scrivere una pubblica lettera alla famiglia che è stata oltraggiata e dire: riconosco di avere sbagliato, chiedo perdono, voglio riparare. È un segnale forte inviato alla famiglia offesa e alla società intera, educativo anche per i giovani. soprattutto per quelli caduti già nelle maglie della delinquenza. Bisogna restituire tutto ciò di cui ci si è ingiustamente impossessati, con la violenza, con lo spaccio di droga, con le tangenti, con le intimidazioni, con la truffa e la corruzione". "La misericordia di Dio - prosegue mons. Morosini - è speranza che apre alla vita non alla morte. Ma che cosa è il pentimento? È l'atto con il quale si prende coscienza delle proprie colpe e si decide di cambiare. Ci si accorge, ad esempio, che è stato un errore aver usato violenza fisica o morale ad una persona, o aver danneggiato il bene comune o recato danno in qualsivoglia modo alla società o ai singoli. Chi ha preso coscienza di ciò dice: ho sbagliato; mi pento; riparo".

    Collaborazione con lo Stato."La collaborazione con lo Stato è un impegno morale auspicabile, ricordando che nessuno è tenuto ad accusare se stesso o gli altri". Lo scrive l'Arcivescovo di Reggio Calabria, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, in una lettera ai detenuti. "Occorre, però, tener presente - aggiunge - che la propria coscienza deve spingere a questa collaborazione quando si è certi che la criminalità può colpire ancora, quando un innocente paga ingiustamente colpe che altri hanno commesso, quando bisogna garantire la vita ad altre persone. In questi casi è molto importante il dialogo spirituale con il sacerdote. La misericordia nella prospettiva anche della giustizia terrena Quanto sia difficile questo tema, anche nell'amministrazione della giustizia terrena, a nessuno sfugge. Fin dove può estendersi la misericordia senza ledere la giustizia? Fino a quando la giustizia deve essere certa senza mancare di misericordia? San Francesco di Paola dava queste indicazioni ai superiori della sua famiglia religiosa: Correggete le colpe commesse con vera giustizia sì da non dividere da essa la misericordia, ed esercitate la misericordia sì da non separare da essa la giustizia. Il criterio, che si deduce dai suoi scritti e dal suo comportamento, è quello del bene della persona; per cui, con uno è meglio insistere sulla misericordia, se la ferrea giustizia lo può portare alla disperazione; e con un altro, invece, occorre tenere duro sulla giustizia, se l'eccessiva misericordia può condurlo ad un comportamento irresponsabile e recidivo". "Se viene accettata una visione di giustizia all'interno della quale prevale la vendetta - conclude mons. Morosini - non capiremo mai l'esigenza evangelica ed umana della misericordia. Non dimentichiamo che anche la Costituzione Italiana stabilisce la pena come via alla riabilitazione del colpevole. La Chiesa non lascia solo chi sbaglia, e lo riafferma soprattutto con l'indizione di questo Anno Giubilare".

    "Tanti oggi, condizionati dalla cultura dominante nella società, vorrebbero che la Chiesa vi concedesse i sacramenti solo dopo una vostra dichiarata conversione, richiesta di perdono, riparazione effettuata". Lo afferma l'arcivescovo di Reggio Calabria, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, in una lettera ai detenuti. "Ma lo Stato e la Chiesa - aggiunge - hanno compiti diversi. La Chiesa sa che Dio le ha affidato il ministero della riconciliazione e del perdono, che essa deve esercitare come lo ha esercitato Gesù: con la pazienza, l'accompagnamento, l'attesa. Ricordate la parabola del buon seme e della zizzania: Gesù dice che il padrone del campo fa crescere insieme grano e zizzania, sino al momento della mietitura. Poi, a tempo debito, ha fatto giustizia: il grano nei granai e la zizzania al fuoco. Miei cari, ricordate che l'attesa non può essere infinita: se non ci sono segni di conversione il sacerdote può arrivare anche a negare i sacramenti. Gesù ha accompagnato Giuda, che si andava allontanando gradualmente da lui. Gli ha dato continuamente la possibilità di ravvedersi, senza mai scacciarlo. Ma alla fine la separazione c'è stata, anche se è stato lui a voltargli le spalle, tradendolo. La Chiesa seguita ad accompagnarvi e a non privarvi dei sacramenti, perché sa che i sacramenti danno forza nel cammino verso la conversione, la richiesta di perdono, la riparazione. Ma arriverà il momento in cui bisognerà pur dirvi: o con Gesù o contro di lui, perché con Gesù si può stare solo come lui vuole, osservando la sua legge. Non è possibile illuderci che possiamo crearci una fede su nostra misura".

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