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    Anche il racket dell'uva, 19 arresti nelle cosche del crotonese

     

    Anche il racket dell'uva e delle castagne, 19 arresti nelle cosche del crotonese

    22 mag 14 Diciannove provvedimenti di fermo emessi dalla Dda di Catanzaro sono stati eseguiti dai carabinieri del Comando provinciale di Crotone a Petilia Policastro ed in altri centri della provincia nei confronti di presunti capi e gregari delle cosche della 'ndrangheta della zona. Gli indagati sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, spaccio di droga, violazione in materia d'armi, estorsioni ad imprenditori e commercianti. Gli investigatori sono convinti di avere disarticolato le cosche e colpito gli interessi illegali e le ramificazioni nel settore economico, produttivo e sociale. Scoperte una serie di estorsioni ad imprenditori edili, agricoli e turistico alberghieri. Gli indagati, che disponevano anche di numerose armi, attraverso minacce, intimidazioni e violenze erano riusciti anche ad imporre il monopolio nelle costruzioni, anche in ambito privato, nonché un vero e proprio racket delle castagne e dell'uva, di cui le cosche decidevano i prezzi all'ingrosso ed al dettaglio, con guadagni di centinaia di migliaia di euro, imponendo anche la manodopera. A chi non si adeguava al racket venivano bruciati i camion e tagliati gli alberi e le viti. Scoperta anche una rete di favoreggiatori di latitanti e disarticolata un'articolata attività di spaccio di stupefacenti. La cocaina veniva venduta al dettaglio a giovani della provincia di Crotone. I carabinieri hanno anche individuato gli autori di due rapine a uffici postali ed una in abitazione, nel corso della quale un anziano era stato legato, imbavagliato e picchiato. All'esecuzione dei fermi hanno preso parte circa cento militari.

    Gli arresti: Sono accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsioni, danneggiamenti e rapina le 19 persone fermate dai carabinieri di Crotone a Petilia Policastro nell'ambito dell'operazione "Tabula Rasa". Si tratta di Pasquale Manfreda, 48 anni, di Mesoraca; Francesco Garofalo (38), Massimo Carvelli (39), Diego Garofalo (34), Emilio Lazzaro (44), Giuseppe Garofalo (28), Giuseppe Vona (28), Vincenzo Teti (50), di Cotronei, Domenico Manfreda (43), di Mesoraca, Vincenzo Manfreda (38), di Mesoraca, Gianni Gumari, (26), di Petilia, Francesco Astorino (46), Giuseppe Ceraudo (31) di Mesoraca, Giuliano Mannolo (41) di San Leonardo di Cutro, Marco Astorino (19) di Petilia, Salvatore Astorino (27), di Petilia, Carmelo Astorino (50) di Petilia, Rosa Pace (45) di Petilia e Leonello Astorino (36) di Petilia.

    Il boss in processione, "Entrate dentro, entrate dentro e festeggiamo il santo". Furono queste le parole pronunciate da Vincenzo Manfreda, il presunto boss di Petilia Policastro ucciso in un agguato il 24 marzo 2012, per fare in modo che la processione di San Francesco di Paola si fermasse nel suo frantoio. La sosta della statua nell'attività commerciale del presunto boss è stata ricostruita dalla Dda di Catanzaro nelle indagini che hanno portato stamane al fermo di 19 persone. All'interno dell'attività commerciale fu preparato un buffet a base di vino, bibite e panini in modo da festeggiare il Santo. Mentre all'interno del frantoio avvenivano i festeggiamenti, la processione era bloccata ed attendeva la fine del buffet per riprendere il percorso e poi arrivare in chiesa.

    Da intercettazioni alleanza tra cosche. Un quadro completo delle alleanze tra cosche della 'ndrangheta del crotonese emerge dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali compiute nel corso dell'inchiesta della Dda di Catanzaro che ha portato al fermo di 19 persone ritenute affiliate ai Manfreda di Petilia Policastro. Il capo della Dda di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, ha evidenziato che dalle indagini si è avuto un "ottimo risultato, conseguito tra l'altro in tempi brevi che ci ha dato modo di legare il passato all'attualità. Cambiano i soggetti alla guida, ma la storia di questo locale di 'ndrangheta è unica. E' la storia di una cosca che si impone al territorio ed impone il suo dominio in tutti i settori". Il Procuratore aggiunto, Giovanni Bombardieri, ha ricordato come "una serie di conversazioni captate ha permesso di ricostruire la storia del locale di Petilia e i suoi rapporti con le cosche di Cutro e Cirò. Ora abbiamo un quadro completo delle alleanze". Il procuratore di Crotone, Raffaele Mazzotta, ha parlato di "una operazione che dimostra la presenza dello Stato". Il Comandante provinciale dei Carabinieri di Crotone, Col. Francesco Iacono, ha affermato che "riteniamo di avere arrestato capi e gregari del locale di Petilia, facendo luce su estorsioni ai danni di imprenditori che tenevano sotto scacco l'economia nel settore agricolo, ma anche turistico ed edilizio. Si tratta quindi delle attività che confermano come la cosca dominasse in maniera pervasiva tutto il territorio". (ANSA).

    Il boss voleva le benedizioni. La sosta della statua di San Francesco di Paola nel frantoio del presunto boss Vincenzo Manfreda, secondo gli inquirenti della Dda di Catanzaro, era fatta allo scopo di "ottenere la benedizione del luogo simbolo della cosca della 'ndrangheta". I magistrati hanno acquisito il programma della processione dalla quale è emerso che non era prevista la sosta davanti al frantoio di Manfreda. Dalle indagini è poi emerso, secondo i magistrati, che il presunto boss avrebbe costretto ad effettuare la sosta davanti alla sua attività per dimostrare il "potere egemone" della cosca. Il frantoio di Manfreda, inoltre, è ritenuto dagli investigatori il luogo dove gli uomini della cosca si incontravano per decidere gli 'affari' tra cui anche la gestione assoluta del mercato dell'uva e delle castagne. La sosta nel frantoio di Manfreda provocò l'arrivo in ritardo della statua di San Francesco di Paola nella chiesa dove c'erano centinaia di devoti che attendevano l'inizio della funzione religiosa per la festa del santo.

    Procuratore: ricostruita storia cosca. "Le indagini che stamane hanno portato ai 19 fermi ci hanno permesso di ricostruire l'evoluzione e la storia della cosca". Lo ha detto il Procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, circa l'operazione dei carabinieri di Crotone. "La cosca dei Comberiati - ha aggiunto - fu sostituita da Vincenzo Manfreda e noi siamo riusciti a ricostruire sia l'evoluzione avvenuta e sia i nuovi assetti. Dalle indagini, inoltre, siamo riusciti anche ad accertare che Manfreda aveva il controllo assoluto del mercato dell'uva e delle castagne, che produceva un consistente reddito". "Quella portata a termine - ha concluso Lombardo - è stata un'indagine molto complessa che ci ha consentito di ricostruire in pieno tutta l'attività della cosca di Petilia Policastro".

    Il racket dell'uva e delle catagne. A Petilia Policastro la 'ndrangheta aveva il monopolio assoluto del mercato dell'uva e delle castagne. E' quanto emerge dalle indagini della Dda di Catanzaro che hanno portato stamane all'operazione dei carabinieri di Crotone che hanno fermato 19 persone. I provvedimenti di fermo sono stati emessi dal Procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, dall'aggiunto, Giovanni Bombardieri, e dai sostituti Salvatore Curcio e Domenico Guarascio. Dalle indagini è stata ricostruita l'evoluzione criminale di Vincenzo Manfreda, il presunto boss di Petilia Policastro ucciso in un agguato il 24 marzo 2012. Manfreda avrebbe preso il comando sostituito della locale cosca della 'ndrangheta che precedentemente era diretta dai Comberiati. Secondo la Dda di Catanzaro Manfreda avrebbe controllato il mercato dell'uva e delle castagne. Tutti coloro che volevano acquistare l'uva oppure il mostro dovevano rivolgersi presso l'azienda di Manfreda e chi non lo faceva subiva intimidazioni e danneggiamenti. La cosca, inoltre, aveva imposto anche il prezzo che doveva essere pagato. Sul fronte delle castagne è emerso che la cosca acquistava dagli agricoltori ad un prezzo tra i 50 ed i 75 centesimi, inferiore a quello di mercato, e poi rivedeva ai commercianti al costo tra 80 centesimi e un euro. Gli agricoltori che si rifiutavano di vendere il loro prodotto venivano minacciati e subivano intimidazioni.

    Anche una statua di San Francesco nel frantoio del boss. La statua di San Francesco di Paola, in occasione della festa, si fermava nel frantoio di Vincenzo Manfreda, il presunto boss di Petilia Policastro ucciso in un agguato il 24 marzo 2012. Il particolare emerge dalle indagini dei carabinieri di Crotone, coordinate dalla Dda di Catanzaro, che hanno portato a 19 fermi. Quando la statua era nel frantoio veniva organizzato un banchetto per onorare il Santo. Gli inquirenti ritengono che il tutto avveniva per indicare che Manfreda era il capo della cosca.

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