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    Blitz nel reggino, 8 arresti di Gdf e CC

     

    Blitz nel reggino, 8 arresti di Gdf e CC. Boss Bellocco stava riorganizzando clan

    16 lug 14 Dalle prime ore di oggi i carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria, coadiuvati dai militari della Guardia di finanza reggina, stanno eseguendo un provvedimento di fermo di indiziato di delitto nei confronti di otto persone accusate di associazione per delinquere di tipo mafioso e porto e detenzione illegale di armi e munizioni aggravati dalle finalità mafiose. Il provvedimento di fermo che è in esecuzione è stato emesso dalla Dda di Reggio Calabria. Al centro delle indagini condotte dai carabinieri le dinamiche criminali delle cosche Pesce e Bellocco di Rosarno della 'ndrangheta, all'indomani della scarcerazione del capo storico del gruppo criminale, il boss Umberto Bellocco, dopo 21 anni di detenzione, e gli interessi del sodalizio nel traffico di armi e stupefacenti.

    Boss Bellocco voleva riavere leadership. L'operazione "Sant'Anna", che stamani ha portato al fermo di otto persone - sette eseguiti dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria e uno dal Goa dalla Guardia di finanza - scaturisce dagli esiti di due indagini sul contesto mafioso della Piana di Gioia Tauro, sviluppate in due periodi differenti: il primo tra settembre 2012 e ottobre 2013 sul latitante Giuseppe Pesce, di 34 anni, chiamato "Testuni", divenuto reggente dell'omonima cosca all'indomani della cattura, nell'agosto 2011, del fratello maggiore Francesco; il secondo, quale prosecuzione, tra gennaio e giugno 2014, in direzione del suocero Umberto Bellocco (77) e di altri appartenenti all'omonimo clan, di cui l'anziano boss è ritenuto il capo fondatore e di cui voleva riconquistare la leadership. Il primo segmento di indagine ha mirato principalmente alla localizzazione e al rintraccio del latitante Giuseppe Pesce, sfuggito alla cattura nell'operazione "All Inside", conclusa dai carabinieri nel maggio 2010. La pressione degli investigatori ed il fermo, tra aprile e maggio 2013, della moglie Ilenia Bellocco (45) e di quello che è indicato come il maggiore favoreggiatore Domenico Sibio (36), hanno indotto il latitante, il 15 maggio 2013, a costituirsi ai carabinieri di Rosarno. La prosecuzione dell'attività ha invece consentito di accertare le complessive dinamiche associative sviluppatesi nella consorteria dopo la scarcerazione di Umberto Bellocco, avvenuta nell'aprile scorso dopo una detenzione di 21 anni. Dalle indagini, secondo quanto riferito dalla Guardia di finanza, è emersa la dinamicità criminale di Umberto Bellocco, il quale, con la collaborazione dei più stretti sodali, la maggior parte appartenenti al medesimo contesto familiare, per riaffermare la propria leadership, anche attraverso il ripristino di preesistenti relazioni con esponenti apicali di altre cosche e la riorganizzazione delle attività illecite sul territorio di Rosarno. E' stato anche documentato come Bellocco e gli altri affiliati destinatari del medesimo provvedimento non solo avessero ampia disponibilità di armi, ma si siano siano attivati per reperirne altre ancora più potenti. Infine sono stati documentati gli interessi del sodalizio nel traffico di sostanze stupefacenti, nel cui ambito si inseriscono le convergenze investigative della Guardia di finanza, che vedono coinvolto Umberto Emanuele Oliveri, nipote di Umberto Bellocco, indicato dallo zio quale reggente degli interessi della cosca nei traffici illeciti all'interno del porto di Gioia Tauro.

    De Raho: Boss stava riorganizzando clan. "E' fuor di dubbio che Bellocco stesse riunendo attorno a se un gruppo di fedelissimi, tra i quali la sua compagna, per ridiscutere gli equilibri malavitosi, e non solo a Rosarno, ma anche nel resto della Piana di Gioia Tauro". A dirlo è stato il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, incontrando i giornalisti al comando provinciale dei carabinieri, sul tentativo del boss Umberto Bellocco, di 77 anni, di riacquisire la vecchia leadership dopo essere stato scarcerato. L'uomo non ha rinunciato a mostrare il tatuaggio che lo aveva reso famoso: un asso di bastoni impresso sulla fronte, come dire che il suo ruolo era "capobastone", cioè indiscusso leader. Un tentativo per il quale, ha aggiunto Cafiero de Raho, poteva "contare su un vecchio rapporto di complicità con il boss di Rizziconi, Teodoro Crea. Una figura di riconosciuto carisma criminale ancora in condizioni di potere e sapere aggregare anche le giovani leve della criminalità organizzata rosarnese". "A poco più di due mesi dalla scarcerazione - ha proseguito il magistrato - Bellocco si era rimesso in circuito, si muoveva armato, tranne che nel tragitto che da casa lo portava alla caserma dei carabinieri di Rosarno per i controlli quotidiani. E non aveva neppure nascosto la preoccupazione di un agguato ai suoi fedelissimi, temendo, appunto, di essere aggredito durante uno dei quotidiani controlli. Il provvedimento di fermo, richiesto al gip, è anche motivato come misura di prevenzione poiché i Bellocco, con la scarcerazione del loro boss, avevano avviato una febbrile attività per reperire armi di particolare potenzialità offensiva". L'operazione, coordinata dal pm della Dda di Reggio Calabria, Alessandra Cerreti, è stata eseguita dai carabinieri del Ros, del comando provinciale e dal Gico della Guardia di Finanza. All'incontro con giornalisti hanno partecipato il vicecomandante nazionale del Ros col. Roberto Pugnetti, il comandante provinciale dell'Arma col. Lorenzo Falferi, ed il comandante provinciale della Guardia di finanza col. Alessandro Barbera.

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