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    Sindaci della Piana contro armi chimiche al porto, il 1 febbraio manifestazione

     

     

    Sindaci della Piana contro armi chimiche al porto, il 1 febbraio manifestazione

    23 gen 14 I sindaci della Piana di Gioia Tauro hanno ribadito oggi il loro no all'utilizzo del porto per l'operazione di trasbordo delle armi chimiche siriane da smaltire. I primi cittadini dell'area si sono ritrovati oggi nel Comune di Gioia Tauro per una riunione a porte chiuse. Dopo aver ascoltato le relazioni dei sindaci di San Ferdinando e Gioia Tauro che hanno partecipato martedì alla riunione a Palazzo Chigi con il premier Enrico Letta, l'assemblea di "Città degli ulivi", dopo un lungo dibattito ha deciso di chiedere la convocazione del Comitato portuale di Gioia Tauro perché prenda posizione sulla vicenda, di chiedere una convocazione urgente del Consiglio regionale della Calabria con un unico punto all'ordine del giorno e di indire una manifestazione di protesta per ribadire il no all'operazione per il primo febbraio alle 10 davanti al porto di Gioia Tauro.

    M5S Cosenza: Scopelliti ha tradito la Calabria. "Le riservate operazioni internazionali di neutralizzazione dell’arsenale chimico siriano, frutto di accordi raggiunti tra le maggiori potenze mondiali nei mesi scorsi, scongiurando il rischio di un attacco militare, hanno finito con il coinvolgere il territorio calabrese". Lo affermano in una nota il Movimento 5 Stelle Cosenza e MeetUp Cosenza. "È trapelata, inaspettata, giorni fa -scrivono- la notizia del transito del materiale chimico dal porto di Gioia Tauro. Qui, scortate da una flotta militare multinazionale, tonnellate di componenti chimici per armi di distruzione di massa, trasportate a bordo di due navi, una danese e l’altra norvegese, saranno trasbordate sulla nave americana Cape Ray, attrezzata con il Fdhs System, un sistema di idrolisi per rendere inefficaci gli agenti chimici più pericolosi. Dal sito ufficiale dell’ esercito degli Usa si apprende che il metodo dell'idrolisi è stato già collaudato e sperimentato, ma sempre a terra, mai su una nave, e consiste nel mescolare gli agenti chimici siriani, al fine di neutralizzarli, con reagenti: acqua, idrossido di sodio e candeggina. Questa operazione avverrà in mare, in acque internazionali, dopo che la Cape Ray lascerà il porto. Il risultato di questo processo di neutralizzazione sarà un "effluente", un rifiuto tossico simile a quelli generati nei processi industriali, che non potrà essere usato come arma chimica, ma destinato al mercato internazionale dello smaltimento di tali rifiuti. L’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (premio Nobel per la pace nel 2013), i cui ispettori partecipano alle operazioni del disarmo chimico siriano, hanno indetto un bando di gara per le imprese che si occuperanno dello smaltimento, ricevendo 14 offerte, tra cui quella della Veolia, multinazionale nota per aver in passato operato in Calabria con la gestione dei rifiuti e dell’acqua. In ballo ci sono oltre 50 milioni di dollari. Per i retroscena militari e commerciali della vicenda c’è riserbo, le informazioni ufficiali sono scarse  e incomplete, non c’è clamore mediatico. L'impressione è che ci sia una strategia di contenimento e controllo delle informazioni, di depistaggio, per motivi di sicurezza. La protesta dei sindaci della Piana di Gioia Tauro è stata però unanime. Non sono stati gli unici a dire no al transito nel proprio territorio. Altri territori italiani che in un primo momento erano stati coinvolti, e altri stati europei, si sono opposti ad accogliere nei propri porti le operazioni. Fa discutere la non posizione assunta dal governatore Scopelliti che ha letteralmente tradito la sua terra, pur sapendo che quel territorio non è preparato in caso di incidente: il primo ospedale dista oltre 70 chilometri dalla zona dell'attracco, la popolazione non ha ricevuto indicazioni su possibili piani di evacuazione e nessuno sarebbe in grado di fronteggiare in sicurezza l'emergenza.  Non lusingano per nulla neanche le dichiarazioni di alcuni Ministri che cantano le lodi al porto di Gioia, scelto perché struttura d’eccellenza nel suo genere. È un’offesa all’intelligenza dei calabresi. Indigna che ci si ricordi della Calabria per supportare, con il pieno avallo del nostro Governo, rischiose missioni internazionali quando i mille problemi di questa regione vengono obliati costantemente. La posizione del Meetup 85 di Cosenza non può quindi, per tutte le considerazioni fin qui riportate, che essere di assoluta chiusura all'ingresso nel porto di Gioia Tauro di ogni tipo di mezzo nautico con a bordo armi chimiche di distruzione di massa. Saremo aperti nel frattempo a recepire qualsiasi nota informativa o comunicazione ufficiale del Governo con cui ci interfacceremo anche attraverso i nostri portavoce romani nelle istituzioni fermo restando che la nostra posizione rimane quella del No assoluto al transito nei porti calabresi. Saremo presenti a dare supporto e solidarietà alle popolazioni della piana pur convinti che il problema non sia solo calabrese o italiano ma riguarda tutte le popolazioni del Mediterraneo e il resto del mondo.  Il “mare nostrum”, come veniva chiamato dai romani il Mediterraneo, è un bene comune di rara bellezza e di storica importanza, considerato "area speciale" e soggetto a particolari vincoli di salvaguardia dalla Convenzione internazionale Marpol 73/78, operante a tutela dell'ambiente marino per evitare rischi di inquinamento derivanti da sversamenti provenienti da navi (dumping). Non ci stiamo e non ci accordiamo col Governo, non vogliamo ascoltare le ragioni della minimizzazione dei rischi, accettare il transito della nave, sarebbe come far entrare in casa i ladri a patto che richiudano bene la porta".

    Silvestris: verificare iter autorizzazioni. "Può la Commissione europea verificare la correttezza della procedura autorizzativa attuata dal Governo italiano per effettuare nel porto di Gioia Tauro le operazioni di stoccaggio delle armi chimiche siriane? Può la Commissione acquisire e comunicare notizie dettagliate sulle effettive sostanze chimiche trasportate e sul loro relativo livello di pericolosità?". Sono i due quesiti che Sergio Silvestris, europarlamentare di Forza Italia, ha posto in una interrogazione parlamentare scritta. Silvestris, che nei giorni scorsi aveva incontrato a Gioia Tauro i sindaci della Piana, è intervenuto in sede europea per chiedere alla Commissione se è in grado di offrire informazioni dettagliate sulle armi chimiche siriane e sulle modalità e le tempistiche delle operazioni di stoccaggio. "E' inammissibile - spiega Silvestris - che un Governo autorizzi procedure così delicate senza concordarle con gli enti locali e con la popolazione. E la tardiva stampa di un opuscolo informativo di certo non servirà a molto, ma sarà soltanto carta sprecata".

    Nicolò "Scelta Gioia Calata dall'alto". "La questione dell'arsenale chimico che Damasco si è impegnata a smantellare riguarda indubbiamente tutti, in primis Russia, Usa, Cina ed anche i singoli Stati europei che, in proprio, hanno offerto risorse, uomini e mezzi per garantire la risoluzione del problema, sotto l'occhio vigile dell'Opac". Lo afferma in una nota il vicepresidente del consiglio regionale Alessandro Nicolò. "L'Italia, a dicembre - aggiunge - nell'ambito del Vertice dei Ministri degli esteri Ue, ha dato la propria disponibilità a concedere un porto italiano per il programma di smantellamento di tali armi, senza preoccuparsi delle reazioni negative che tale notizia avrebbe provocato negli animi degli abitanti del posto prescelto. Se si fosse trattato di un'operazione a rischio ed impatto zero, sarebbe significato per l'Italia ricoprire un ruolo di primo piano in una missione internazionale, allora perché dal Governo non sono state diramate notizie in tal senso, bensì è stato richiesto di 'non fare polemiche e … comportarsi col necessario decoro?'. La consultazione preventiva delle forze politiche è stata ignorata, ponendo gli impegni internazionali del Paese al di sopra di tutto e tutti. Dapprima si è ipotizzato di effettuare il trasbordo in Sardegna o in Puglia e subito vi sono state le mobilitazioni politiche e popolari per impedire che le loro regioni diventassero "la pattumiera d'Italia", anche in Puglia il clima si è accesso e le proteste sono state accorate e comuni. Preoccupazioni colte anche oltreoceano tanto che il Wall Street Journal, non senza una nota di polemica, aveva parlato delle proteste dei cittadini e dei gruppi ambientalisti. Arriva, a questo punto, la decisione governativa di utilizzare Gioia Tauro perché considerato lo scalo più sicuro e di più facile gestione in caso di proteste e manifestazioni e perché ben attrezzato e capace di svolgere le operazioni in sicurezza". "Certamente - prosegue Nicolò - non mancano da parte del Governo le argomentazioni a sostegno della scelta, ma more solito è stata ignorata la volontà di ascoltare preventivamente il parere della classe politica locale. La Piana di Gioia Tauro è un territorio segnato da diverse vicissitudini negative ed il Governo anzichè considerarla meritevole di altri tipi di iniziative costruttive idonee al rilancio dell'area (quali ad es. accordi commerciali, potenziamento zone franche, elargizione contributi all'occupazione, …), la considera ben attrezzata e gestita - alla stregua di altri porti internazionali - per svolgere un trasbordo di armi chimiche, senza peraltro informare i diretti interessati degli eventuali - anche irrisori - imprevisti che potrebbero succedere. La mancanza di informazioni certe ha creato caos e panico tra i residenti della zona. Si è trattato di un'imposizione calata dall'alto e non può essere gestita seguendo le regole aziendali, vale a dire cercando ormai di massimizzare il profitto ottenendo un risultato positivo". "Non è un problema circoscritto a Gioa Tauro - conclude Nicolò - ma all'intera regione Calabria. Oggi il porto, domani l'aeroporto e così via. La reazione delle forze politiche dovrebbe essere unanime e congiunta di fronte ad una situazione potenzialmente pericolosa e priva di concertazione con le parti interessate".

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