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    Giornalista di 79 anni in carcere per diffamazione a Reggio Calabria

     

     

    Giornalista di 79 anni in carcere per diffamazione a Reggio Calabria

    06 ott 13 Il giornalista Francesco Gangemi, di 79 anni, è stato arrestato a Reggio Calabria dalla polizia di Stato in esecuzione di un provvedimento di carcerazione emesso dalla Procura generale della Repubblica di Catania. Gangemi, direttore responsabile del mensile ''Dibattito News'' di Reggio Calabria, secondo quanto riporta la stampa locale, deve scontare due anni di carcere per una serie di condanne per falsa testimonianza e diffamazione diventate definitive. Gangemi è stato portato nella carcere di Reggio Calabria.

    Gangemi ha otto condnne. Sono otto le sentenze emesse, dal 2007 al 2012, a carico del giornalista di 79 anni, Francesco Gangemi nei tribunali di Reggio Calabria, Cosenza e Catania, in gran parte per il reato di diffamazione. Solo in un caso, Gangemi, è stato condannato per falsa testimonianza, ed è la vicenda fa riferimento all'attività politica del giornalista che ha anche ricoperto la carica di sindaco di Reggio Calabria, per poche settimane, agli inizi degli anni '90 in un periodo travagliato per la città calabrese dello Stretto. L'arresto di Gangemi, è stato eseguito dagli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria, città dove il giornalista risiede, su provvedimento emesso dalla Procura generale di Catania a firma del sostituto procuratore generale Elvira Tafuri perché l'ultima sentenza, passata in giudicato, è quella del 21 novembre del 2012 emessa dal tribunale della città etnea. Gangemi, dopo l'arresto, è stato condotto in Questura e successivamente, nel carcere di Reggio Calabria. Nel provvedimento di arresto si legge che Gangemi ''ha omesso di presentare l'istanza per la concessione delle misure alternative alla detenzione nei termini prescritti''. Da qui la sospensione della revoca e la carcerazione.

    Il figlio: è grottesco. A dare la notizia dell'arresto del giornalista settantanovenne Francesco Gangemi, in carcere per diffamazione, è stato il figlio Maurizio che dirige il sito di informazione on line ''Il Reggino''. In un articolo Maurizio Gangemi scrive, fra l'altro, che ''le sentenze si rispettano! Si discutono e si commentano, certo, ma si rispettano. Chiunque ne sia il soggetto destinatario, anche mio padre! Detto questo, con la convinzione di chi ha avuto in eredità dal padre proprio rettitudine, onestà e, soprattutto, dignità, a me non resta che discuterne un po'. Posso, per esempio, dire che per reati molto più gravi si rimane liberi (magari di reiterarli); posso, per esempio, dire che mio padre ha da poco compiuto 79 anni; posso, per esempio, elencare tante di quelle patologie gravi che affliggono mio padre da riempire cartelle cliniche di quasi tutte le specializzazioni mediche esistenti; posso, per esempio, dire che mio padre è stato riconosciuto invalido civile al 100%; posso, per esempio, dire che ho difficoltà a credere che il regime carcerario sia compatibile con tutto quello di cui soffre e con tutte quelle medicine che io e mia madre gli abbiamo scrupolosamente preparato non dimenticando di appuntargli dosi ed orari. E' una vicenda grottesca quella che vede protagonista mio padre. E' così tanto grottesca che solo in Italia poteva verificarsi''.

    Siddi: è allucinante. "E' allucinante che a 79 anni, un giornalista, condannato per diffamazione e per non avere rivelato le fonti fiduciarie di notizie, venga arrestato e portato in carcere''. E' quanto affermano, in una dichiarazione congiunta, il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, e il vicesegretario nazionale della Fnsi e segretario del Sindacato giornalisti Calabria Carlo Parisi. ''Quanto accaduto al giornalista pubblicista Francesco Gangemi - affermano Siddi e Parisi - appare una mostruosità difficilmente concepibile per qualsiasi ordinamento democratico che si fondi sulla libertà di espressione, di stampa e sul pluralismo delle idee. Anche le idee più 'forti' hanno diritto di esistere. Francesco Gangemi è chiamato a scontare due anni di pena residua dopo che la Procura della Repubblica di Catania ha dichiarato decaduti i benefici di sospensione condizionale della pena, in diverse circostanze, per i suoi articoli pubblicati sul periodico 'Il Dibattito'. Sorprende che la magistratura, pur in presenza di una legislazione che prevede il carcere per i reati di diffamazione a mezzo stampa, e che perciò è stata giudicata incompatibile dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, non abbia individuato misure alternative alla detenzione al pari di quelle che vengono riconosciute in quasi tutte le parti d'Italia a fior di delinquenti ultrasettantenni per crimini efferati di ben altra natura''. ''Ci appelliamo al Parlamento perché voglia, con urgenza - sostengono ancora Siddi e Parisi - riformare la legge sulla diffamazione come si è impegnata a fare di recente la Camera, per evitare il ripetersi di questi dolorosi sconci. Alle cariche istituzionali dello Stato chiediamo, infine, una considerazione appropriata e umana del caso che faccia uscire al più presto il giornalista Gangemi dalle patrie galere"

    Unci aderisce ad appello Fnsi. ''Superata la crisi istituzionale del caso Sallusti la politica si è acquietata e cincischia sulla depenalizzazione del reato di diffamazione a mezzo stampa. Intanto i giornalisti in carcere ci vanno davvero. Accade ora a Francesco Cangemi, 79 anni che deve scontare due anni di pena residua''. E' quanto si afferma in una nota dell'Unci, l'unione dei cronisti italiani. ''Il reato che lo ha fatto rinchiudere in carcere, ad una età che è vietata dalla legge - prosegue la nota - è la diffamazione a mezzo stampa durante la direzione del periodico 'Il Dibattito' e il rifiuto di rivelare la fonte delle proprie notizie. Comportamenti tutti ritenuti perfettamente legittimi dalla Corte dei diritti di Strasburgo che ha ripetutamente affermato che nessuno Stato può ostacolare la funzione di 'cane da guardia della democrazia' dei giornalisti''. ''L'Unione cronisti - conclude la nota - sottoscrive pienamente l'appello del segretario della Fnsi Franco Siddi al Parlamento perché superando tatticismi e veti incrociati si decida a varare una normativa in linea con i principi di civiltà giuridica europea''

    Corbelli: aberrazione. "Sia il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a risolvere questo caso del giornalista Gangemi così come ha giustamente fatto recentemente per il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, commutando la pena detentiva in pecuniaria''. Lo chiede il leader del movimento Diritti civili Franco Corbelli. ''Il presidente Napolitano - afferma Corbelli - sono certo che avrà la stessa attenzione e adotterà l'identico provvedimento utilizzato per evitare il carcere al direttore del Giornale. Una cosa è certa: un giornalista non si dovrebbe mai arrestare per un reato di diffamazione. E' una aberrazione legislativa e giuridica che il Parlamento, con una apposita legge, ha il dovere di cancellare. Se poi il giornalista è anziano, ha quasi 80 anni, ed è malato, come nel caso di Gangemi, non lo si può tenere in carcere neppure per un giorno. Per un fatto non solo di giustizia e di incompatibilità con il regime carcerario, ma di umanità".

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