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    Morto il giornalista Antonio La Tella

     

     

    Morto il giornalista Antonio La Tella

    22 ott 12 Se n'é andato da solo, così come ha scelto di vivere gli ultimi anni della sua esistenza. Antonio La Tella, per gli amici (ma solo per quelli, teneva sempre a precisare) Totò, decano dei giornalisti calabresi, memoria storica della città di Reggio Calabria e non solo. Un male inesorabile, scoperto negli ultimi mesi, gli ha impedito di raggiungere il traguardo dei 90 anni, che avrebbe compiuto il 29 gennaio prossimo, sebbene all'anagrafe risultasse nato il 2 febbraio 1923. E' morto giovedì, ma la notizia è stata diffusa solo oggi, nel rispetto delle sue ultime volontà affidate al suo amico Pino Benedetto: funerale privato, sepoltura nella terra e comunicazione della notizia ad un altro suo amico di sempre, Gianni Letta, che gli fu direttore al quotidiano "Il Tempo". Una messa in suo suffragio sarà celebrata giovedì prossimo, alle ore 18.30, nella Chiesa della Cattolica, a Reggio Calabria. Antonio La Tella è stato il primo addetto stampa del Governo Alleato, istituito presso la Prefettura di Reggio Calabria dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Non a caso, tre anni fa, in occasione del debutto del nostro quotidiano on line, Giornalisti Calabria, furono il segretario della Fnsi, Franco Siddi, e il segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, attuale vicesegretario nazionale Fnsi, a consegnare ad Antonio La Tella una targa per i suoi 60 anni di iscrizione all'Ordine dei giornalisti."1950 - 2010: per i 60 anni di giornalismo di Totò La Tella, memoria storica di un mestiere e di un Paese in cui c'é ancora chi lotta per raccontare la verità": queste le parole impresse sulla targa consegnata l'11 giugno 2010 a La Tella. Un carattere non facile, quello di Totò, che ha accompagnato la sua vita di "bastian contrario" sino all'ultimo giorno, ma nel contempo un carattere forte aperto all'innovazione come neppure tantissimi giovani sanno fare. Se fino alla soglia degli 85 anni non sapeva usare un cellulare e si ostinava a scrivere con la sua cara "Olivetti", nell'ultimo lustro era diventato un mago della telefonia mobile e di Internet. Un fenomeno, come lo è stato nel giornalismo, maestro di intere generazioni di giornalisti ai quali ha insegnato tanto, ad alcuni tutto, ma dai quali - raccontava con amarezza - non aveva più ricevuto neppure una telefonata. "L'unico rammarico - afferma Carlo Parisi - è legato all'imprevedibile reazione alla malattia che, negli ultimi mesi, lo aveva portato ad interrompere bruscamente i rapporti anche con i pochissimi amici. Quelli che gli sono stati veramente e disinteressatamente vicini, che gli avevano perdonato sempre tutto e che gli perdonano anche l'ultimo, sicuramente non lucido, colpo di testa". Antonio La Tella inizia l'attività giornalistica all'indomani dello sbarco degli anglo americani, avvenuto sulla spiaggia di Gallico nelle prime ore del mattino del 3 settembre 1943, collaborando in tempi diversi a quotidiani (Giornale di Sicilia, La Voce di Calabria, Gazzetta del Sud, Il Messaggero) e periodici (L'Airone, Calabria). Dall'ottobre del 1957, è redattore de "Il Tempo", quotidiano, allora, tra i più diffusi ed influenti della Capitale. Vi resterà sino all'età della pensione. In anni più recenti dirige il settimanale I Giorni. Nel gennaio del 1944 viene chiamato a costituire ed a dirigere l'Ufficio Stampa, voluto dall'Amgot (acronimo di Allied Military Government Of Occupied Territory), con sede presso la prefettura di Reggio Calabria. Il giornalista non aveva ancora compiuto ventun'anni. Avrebbe mantenuto l'incarico fino alla soppressione dell'ufficio avvenuto con il passaggio dei poteri dalla Commissione Alleata di Controllo al Governo Italiano. Nel giugno del 1946 riceve dalla prima amministrazione elettiva del dopoguerra - sindaco Nicola Siles - l'incarico di provvedere alla organizzazione dell'Ufficio Stampa a Palazzo San Giorgio: un inedito nell'Italia di quegli anni che, in mezzo a tanti triboli, usciva dalle angustie della guerra e dai rigori della dittatura. Contestualmente gli venivano conferite le funzioni e le responsabilità della direzione del servizio. Eletto presidente dell'Associazione Provinciale della Stampa - un sodalizio che riuniva il meglio del giornalismo reggino di quegli anni - assume funzioni di rappresentanza della categoria a tutela della professione, ancora non regolamentata dalla legge e costretta perciò ad operare in un clima di incertezza e fuori da qualsiasi garanzia.Nei primi anni cinquanta stabilisce con la sede Rai di Napoli un rapporto di attiva collaborazione. Ottiene consensi una sua rubrica settimanale sui temi dell'attualità, ma improntata allo stile dell'elzeviro, allora in uso. Tale rapporto, confermato anche dopo l'apertura della sede calabrese dell'ente di Stato, verrà bruscamente interrotto nel 1970 per intervento politico, a causa della posizione assunta dal giornalista rispetto alla protesta popolare di Reggio. Solo molti anni dopo gli sarebbe stato offerto, proprio dalla Rai, un contratto per un programma in diverse puntate, poi realizzato per la regia di Valerio Nataletti, uno dei nomi più noti e stimati della televisione italiana. Ancora per la televisione, ma per quella commerciale, si sarebbe impegnato nella direzione di Tvr, uno tra i primi esperimenti nel genere, rivelatosi ricco più di idee che di capitali. Presente nella pubblicistica più impegnata su temi di stretta attualità, ha riassunto le sue esperienze di vita e di lavoro in un libro di memorie ("Taccuino Segreto") che racconta episodi, quasi tutti inediti, dell'Italia - di Reggio in particolare - del secolo appena trascorso. Parte del suo archivio privato è custodito presso l'Archivio di Stato, nel Fondo intestato al suo nome ( e ciò a seguito del decreto emesso dal Ministero dei Beni Culturali con riferimento all'avvenuta donazione.

    Sergi "Ha fatto la storia del giornalismo calabrese". "Non so se nel suo 'Taccuino Segreto', il libro in cui ha raccolto le sue esperienze di vita e di lavoro, Totò La Tella - lo chiamo Totò perché così mi concesse - abbia ricordato le cose che 'a futura memoria' anni fa ha raccontato a me, che volle incontrare con il permesso di un giudice, sulle vicende di quella Reggio 'infelice' che ebbe nel delitto di Lodovico Ligato il suo momento più tragico". A sostenerlo è Pantaleone Sergi. "Non so - ha aggiunto - se mai divulgherò quegli appunti, gelosamente custoditi da anni, dove più che fatti c'erano spiegazioni, deduzioni sul sistema Reggio delle fioriere e dei grandi affari all'ombra dei clan. Ora è il tempo della tristezza per un grande giornalista che non c'é più, per un giornalista leale, per un personaggio che ha fatto la storia del giornalismo calabrese del dopoguerra, tra denuncia, sarcasmo e ironia. Con una prosa brillante, dai registri letterari, a cui tanti si sono abbeverati".

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