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    Festa del 2 giugno in Calabria

     

     

    Festa del 2 giugno in Calabria

    02 giu 12 Due giugno caratterizzato dalla solidarietà e dal ricordo delle "Vittime di terrorismo e della mafia nella continuità del sacrificio di chi ha contrbuito a tenere unità questo Paese". Così ha voluto sottolineare il Prefetto di Cosenza, Raffaele Cannizzaro una giornata di festa sotto un sole che ha illuminato la cerimonia. Sobria, con tutte le autorità militari, civili e religiose schierate in Piazza XV marzo. Alla presenza del Procuratore Granieri, dei coandanti di tutte le forze dell'ordine, del vescovo Mons. Salvatore Nunnari, del Presidente della Provincia Mario Oliverio, del Sindaco di Cosenza Mario Occhiuto e la maggior parte dei sindaci della Provincia, il Prefetto ha ricevuto gli onori militari seguiti dall'alzabandiera. Dopo i saluti il Rappresentante del Governo ha letto il messaggio del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Presenti tra gli altri, l'on. Roberto Occhiuto, l'ass. regionale Giacomo Mancini e gli onorevoli Salvatore Magarò e Gianpaolo Chiappetta. Durante la manifestazione è stato osservato un minuto di silenzio per ricordare le vittime del terremoto dell'Emilia.

    Questo il discorso del Prefetto di Cosenza, Raffaele Cannizzaro: Eccellenza revendissima, Sig. Presidente della Provincia Sigg.ri Sindaci, Autorità, cittadini abbiamo legato le celebrazioni del 65° anniversario della nascita della Repubblica, lo scorso anno, a quelle del 150° anniversario dell’Unità d’Italia ed abbiamo chiamato alla nostra memoria ed alla nostra attenzione fatti e uomini che hanno reso unito questo nostro paese . Altri importanti anniversari che ricorrono quest’anno 66° della fondazione dello stato repubblicano conducono il nostro pensiero a coloro che hanno reso possibile con le loro azioni, il loro sacrificio, anche della vita, al nostro paese di proseguire nel suo cammino e ci inducono a riflessioni sui doveri delle Istituzioni e dei cittadini. I valori della libertà, del diritto, della giustizia e della democrazia sono tutti condensati nel significato delle celebrazioni della giornata odierna nel corso della quale nel ribadire i valori repubblicani riaffermiamo anche l’appartenenza al nostro paese la cui grandezza si fonda sul martirio non solo dei padri fondatori ma anche di coloro che negli anni e sotto l’attacco di spinte disgregatrici di matrice mafiosa e terroristica, hanno saputo fornire risposta di impegno e di sacrificio anche estremi. Sento da più parti, in questi giorni, chiedere, ancora una volta, se la fiducia nella crescita dell’umana coscienza e del senso civico possa vincere contro le derive barbare cui abbiamo assistito solo qualche giorno fa seguendo nel dolore ciò che è accaduto nella vicina Brindisi. Ed è proprio per questo, per riaffermare valori di unità e libertà, che se c’è un momento nel quale le Istituzioni devono stringersi attorno ai cittadini, valorizzarne l’azione, per fissare il significato simbolico del loro operato, amplificandone il portato, questo è il momento. Perché senza Istituzioni pronte a mettersi al servizio del cittadino anche la passione civica, del cittadino più attento resterà dispersa. Solo Istituzioni che ascoltano e servono, sanno raccogliere attorno a procedure, strumenti, obiettivi di governo e regole, le singole esperienze civiche e di impegno facendone la trama del vivere comune, dando ad esse permanenza e senso del tempo. Sentiamo il nostro senso di umanità e giustizia ferito ed indignato in qualsiasi momento il vivere pacifico ed ordinato viene brutalmente sovvertito. Ma la passione civica non può accendersi soltanto della ribellione di Brindisi, per le stragi di Capaci e di via D’Amelio ed ogni volta che la violenza deturpa il volto della nostra storia. Certo. Occorre indignarsi. Ma la passione civica ha bisogno di essere mantenuta, viva e protetta specialmente in un periodo difficile come quello attuale, con il pervicace impegno e il senso del dovere ogni giorno. Perché è assai facile, forse anche banale, smettere di indignarsi quando la quotidianità della vita prende il sopravvento insieme con le azioni di ogni giorno, che si allineano a ciò che di solito si fa, a ciò per cui non si protesta più, azioni che, una dopo l’altra, una sopra l’altra, accumulano nella nostra memoria il portato di una abitudine, talvolta della rassegnazione e dell’indifferenza. Non ci sarà più, allora, la libertà di scegliere, la forza di dettare la direzione del destino non solo delle nostre vite individuali, ma anche del nostro paese, e del paese che lasceremo in eredità ai nostri figli. Non sono, io credo, le azioni e i comportamenti che fanno rumore, a deteriorare dovere e impegno civico, quanto piuttosto impercettibili, banali assuefazioni a eccezioni alle regole o all’assenza dalla sfera pubblica, della vita collettiva. Certo, è soltanto l’inizio. Ma è nel relativismo dei valori che si perde la cognizione di dove orientare il nostro cammino. Una società democratica deve trovare nella giustizia il suo momento di sanzione dell’illecito, ma non può e non deve affidare soltanto alla funzione giudiziaria il controllo e il contrasto della violazione delle regole dello Stato di diritto. Il primo momento regolatore deve essere insito nel proprio senso civico. Che sia oggi, allora, la festa dei valori civici quali valori fondanti della Repubblica. Perché dietro ad un vivere comune che non è più vigile e partecipato che si nasconde il più intimo, profondo, persistente tradimento non solo del sacrificio di coloro che hanno anteposto lo spirito di servizio alla loro stessa vita e a quella dei loro cari, ma anche del senso vero e ultimo dell’essere donne e uomini, cittadini, portatori di libero arbitrio e quindi capaci di dettare il segno della propria vita. E’ il tradimento allo stato di diritto, alla giustizia, all’uguaglianza. Dietro all’indifferenza si nasconde il terreno favorevole per ciò che è al di fuori delle regole prima e poi per il baratto delle regole, anticamera del crimine. Gli ideali e i principi si nutrono anche di celebrazioni.. A ciascuno di noi, così come alle Istituzioni e alle collettività che vivono sul territorio si chiedono non atti di eroismo che si facciano notare dalla storia, bensì infiniti atti di civico coinvolgimento, di civica passione. La storia forse non noterà, ma essi sono l’unico modo per garantire che sui principi del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, del lecito e dell’illecito, non cada una coltre di indifferente indistinzione. Il nostro paese assegna alla storia l’elenco lungo di nomi di uomini e di donne che hanno lasciato sul campo della passione civica la loro propria vita: rappresentanti delle Forze dell’ordine, giornalisti, funzionari, sindacalisti, rappresentanti delle associazioni di interessi, magistrati. Tutti costoro hanno garantito a noi di conservare ciò che altri avevano costruito con coraggio e determinazione. Ma è opportuno che nel nostro ricordo non ci lasciamo sviare da un errore logico che sarebbe fatale per la memoria del loro sacrificio e per il rispetto del significato lasciato dal loro esempio. Il loro sacrificio non è di un giorno. L’eroismo di queste persone e delle tante che, note e ignote, nella società civile e nelle istituzioni contribuiscono al bene comune e si muovono verso l’interesse generale, risiede nell’anteporre all’orizzonte rispettabilissimo della propria vita, l’orizzonte infinito, perché impersonale, dei principi del vivere civile, della pace sociale, della democrazia, della libertà, dell’uguaglianza e della concordia. Insomma del buon governo! Il tema del buon governo è oggi snodo essenziale delle politiche a difesa e a promozione delle democrazie e dello stato di diritto. Mi piace qui ricordare, per avere una visione d’insieme di come istituzioni di governo e cittadini devono stare in un sistema basato sulla leale collaborazione, l’efficace “Allegoria ed effetti del Buon governo e del Cattivo governo” di Ambrogio Lorenzetti. Siamo nel 1338. Siena è al tempo uno dei luoghi più floridi d’Europa, retta da un governo dei nove e testimone di un raro esempio di virtuoso connubio fra benessere economico e libertà repubblicana. Ma occorre facilitare la trasmissione degli insegnamenti della storia. Ecco allora l’idea di una allegoria che, affrescata mirabilmente, abbraccia l’intera sala del Consiglio dei Nove, detta anche Sala della Pace, nel palazzo pubblico di Siena. Il buon governo ne emerge anzitutto come qualcosa di corale. Non si governa bene nella solitudine del potere, né si può prescindere dal contributo di molte e diverse virtù che insieme a molte e diverse voci della vita sociale e politica devono partecipare del buon governo. Perché a ben governare occorre la Sapienza, seduta a sinistra a tutto proteggere e garantire, condizione indispensabile ad ispirare l’azione del potere nel senso dettato dalla consapevolezza di principi superiori e non negoziabili. Ma la Sapienza non si traduce immediatamente in ponderata azione di governo. Essa ha bisogno di due ancelle, due strumenti che le permettano di riversarsi nel quotidiano vivere civile attraverso il ribilanciamento delle ingiustizie e delle disuguaglianze, così come i piatti della bilancia che la Sapienza sorregge con fermezza. Non è la Giustizia che regge da sola l’intero buon governo, né essa potrebbe, amministratrice dell’ordine sociale e politico ma in bisogno sempre di ispirarsi a valori che risiedono fuori di essa, che la bilanciano essa stessa, attraverso la conoscenza e la saggezza politica. Da questo connubio di pensiero sapiente e azione bilanciata emerge la Concordia, che corde trattenute da angeli rappresentano come un tenere tutto insieme con-corde (con lo stesso cuore), cittadini e parti sociali, in un vivere leale, separati gli uni dagli altri, perché intrinsecamente liberi, ma legati perché appartenenti allo stesso sistema di buon governo. Così si spiegano i 24 cittadini e i rappresentanti delle classi sociali, il cui movimento prospettico li proietta sul Comune, in bianco e nero, risultante della volontà e della partecipazione dal basso, ma ispirato dalle virtù teologali e cardinali che portano sulla scena i principi di etica pubblica che devono ispirare qualsiasi organo di governo. E sarebbe già di grande valore anche così l’allegoria del buon governo, ma non in una città che vuole vedere il buon governo in funzione della pace sociale e del vivere civile. Ed è per questo che sui fianchi della sala Lorenzetti affresca gli effetti del buon governo, in città e in campagna, nelle due anime della società civile che al tempo costituisce il popolo senese. E allora possiamo misurare con i nostri occhi gli effetti benefici di un buon governo dove l’insieme dei principi etici, il giusto bilanciamento di una giustizia che guarda ai valori ma si cala nella realtà e la partecipazione e reciproca fiducia di istituzioni repubblicane e cittadini permettano a tutti il godimento del benessere: artigianato, botteghe, commercio, lo studio, l’arte, la musica. Il tema della danza ricorda che come in una danza corale la concordia si costruisce tutti insieme. Cosa mai potrebbe deturpare questo equilibrio perfetto? Foriero di benessere e di floridezza? Un governo senza corde, ci dice Lorenzetti, la tirannide, nera e bestiale, rappresentata dalla parte opposta dirimpetto al lato dove sta l’affresco del buon governo, senza corde e quindi senza vincoli né legami. Scomparsi i principi etici restano i vizi, la superbia, l’avarizia, la vanagloria e da essi facile è vedere scaturire i mali del cattivo governo, in primis la divisione e quindi il conflitto. La giustizia non è scomparsa nel cattivo governo, è soggiogata, a terra e sottomessa, senza più equa bilancia. L’arte allegorica si mostra qui nella sua forma più splendente. Semplice e diretta essa lascia impressa nella memoria la chiara e vivida consapevolezza di un sistema, di un insieme, dove tutto si tiene e nulla può funzionare da solo. Una macchina perfetta, il buon governo, che però si situa in una articolazione orizzontale, dove non tutto è equi-ordinato. La Concordia non si dà senza Sapienza e Giustizia così come senza i legami delle regole comuni il potere finisce facilmente in tirannide. Leale collaborazione e pace sociale, due condizioni cui tutti aspiriamo per potere immaginare possibile una vita collettiva migliore. Mi scuso di avere così a lungo abusato della vostra cortesia. Ma mi piace particolarmente ricordare l’allegoria del buon governo nel giorno in cui festeggiamo la nascita della nostra Repubblica e delle istituzioni democratiche che le danno nerbo e corpo. E mi piace ancor più farlo insieme a tutti i rappresentanti delle istituzioni e dei cittadini, perché senza quell’armoniosa convivenza di diversi attori, funzioni, capacità, virtù, nessun vivere civile sostenibile e duraturo saprà mai darsi alla storia. Forse potremo avere un comando, sì, un uso del potere avulso dalla società che non parla che ai suoi propri interessi. Ma noi non vogliamo questo. Non è per questo che la res publica, la Repubblica italiana, è stata creata. Creata nel sogno di rispondere insieme ai problemi comuni, di scegliere, delegare coloro che prendono le decisioni ispirandosi a principi di buon governo, perché con Lorenzetti, il buon governo è contribuire ciascuno per le proprie funzioni e per le proprie capacità a tratteggiare e progettare un orizzonte comune che non appartiene a nessuno di noi, eppur è per tutti. Viva la Repubblica! Viva l’Italia!

    A Catanzaro: L'Unità nazionale e le vittime del terremoto dell'Emilia Romagna sono stati invece i temi che hanno caratterizzato la celebrazione della festa della Repubblica svoltasi a Catanzaro. In mattinata il prefetto del capoluogo calabrese, Antonio Reppucci, ha deposto una corona di alloro al monumento ai caduti. La festa della Repubblica è poi proseguita in piazza Prefettura con l'alzabandiera, un minuti di silenzio per le vittime del terremoto in Emilia e la lettura del messaggio del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Alla celebrazione hanno partecipato numerosi parlamentari, assessori e consiglieri regionali, il presidente della Provincia, Wanda Ferro, il sindaco, Sergio Abramo, l'arcivescovo, mons. Vincenzo Bertolone, ed i vertici delle autorità militari. Nel corso del suo intervento il Prefetto ha ricordato che "quest'anno celebriamo la festa della Repubblica con molta sobrietà ricordando le vittime del terremoto. In questo particolare momento per il Paese un pensiero lo vogliamo rivolgere a quanti vivono quotidianamente il dramma della disoccupazione. E' necessario fare squadra e restare uniti per riuscire a superare questo momento di difficoltà e di crisi. Ci sono poi gli effetti pestiferi della criminalità che si sentono principalmente al Sud. Su questo voglio ringraziare le forze dell'ordine che quotidianamente svolgono una incisiva azione di prevenzione e di repressione. Ma questo non basta è necessario, infatti, che anche la società civile si adoperi per cambio di cultura e di mentalità". Nella piazza antistante la Prefettura di Catanzaro c'erano numerose persone che hanno partecipato alla cerimonia. Il Prefetto ha consegnato le medaglie d'onore riservate ai cittadini italiani deportati ed internati nei lager nazisti ed ai familiari di coloro che sono deceduti. Sono state consegnate anche le onorificenze al Merito della Repubblica Italiana. Particolarmente suggestiva è stata l'esibizione da parte di dei vigili del fuoco che hanno esposto un grande tricolore sulla parete di un palazzo.

    Presidente Talarico a Rosarno. "E' nella giornata in cui si celebra l'orgoglio nazionale e la nascita della democrazia sancita dal Referendum con il quale gli italiani scelsero la Repubblica, che il nostro Paese è chiamato, ancora una volta, a riscoprire i grandi ideali che hanno guidato una stagione carica di attese e di speranza per il futuro". E' quanto ha detto il Presidente del Consiglio regionale, Francesco Talarico, a Rosarno, in occasione della Festa della Repubblica. "Ed è proprio alla visione di prospettiva - ha aggiunto - che segnò gli anni del fermento e della ricostruzione, in cui soffiava vigoroso il vento dell'entusiasmo e dei sentimenti patriottici, che gli italiani e l'Italia intera, in tutte le sue Istituzioni centrali e periferiche, devono ispirare il loro agire. Più che mai in queste ore, il Paese si stringe attorno alle popolazioni dell'Emilia colpite dal sisma che ha piegato ma non abbattuto il coraggio e la voglia di farcela. Proprio in questi difficili giorni si sente ancora più forte quel senso di unità e di appartenenza che come un 'nervo' corre dal Sud al Nord dell'Italia. La comunità offesa dal terremoto ci ha consegnato una lezione di vita e dignità, storie di coraggio e solidarietà vere che hanno commosso l'Italia intera". "La decisione - ha proseguito Talarico - di celebrazioni in tono minore è stata accolta favorevolmente da un capo all'alto dello Stivale; e dai noi calabresi per primi. Noi che sappiamo bene quanto terrificante sia stato il sisma del 28 dicembre del 1908 che, accoppiato al maremoto distrusse Reggio e Messina, irradiando i suoi effetti fin nella provincia di Catanzaro. I cittadini di un grande Paese non hanno in comune solo gli stessi confini: essi condividono anche ideali, progetti e speranze. Oggi il nostro Paese vive, come si sa, la crisi economica più devastante del dopoguerra, ma è forte la volontà di imboccare la risalita pur a prezzo di rinunce e sacrifici. Sappiamo bene che è dovere delle Istituzioni predisporre progetti di crescita, coltivare prospettive di un rinnovamento profondo capace di alimentare la speranza, aperto alle nuove generazioni. Le parole pronunciate dal Presidente Giorgio Napolitano suonano come conforto e monito al tempo stesso. Mai come ora è necessario saper ritrovare lo stesso spirito combattivo che ha consentito all'Italia, uscita stremata dalla guerra, di entrare nel novero delle grandi potenze economiche ed industriali". Talarico ha poi aggiunto che "nella straordinaria e complessa storia del nostro Paese, quello che attualmente viviamo è un momento critico che richiede alla classe dirigente coraggio e lungimiranza nelle decisioni, a maggior ragione nelle aree già deboli come la nostra Calabria dove si guarda al futuro con occhi sempre incerti tra rassegnazione e speranza. E' qui che si ha il dovere di correggere gli errori del passato e di dare nuovo slancio allo sviluppo economico e sociale. E non é un caso che pronunciamo queste parole oggi a Rosarno che, nel recente passato, ha vissuto giornate buie di violenze e di odio, una guerra, come si disse, tra poveri, una rabbia strisciante che va disinnescata fino in fondo percorrendo la strada dello sviluppo, della legalità e del dialogo". "Oggi qui, non ci si poteva vietare - ha concluso - momenti di forte emozione. Rosarno ha saputo mettere in vetrina il meglio di sé. E poi, un tripudio di bandiere e questi giovani dallo sguardo fiero e con la grande voglia di rompere il cerchio dell'isolamento e del silenzio".

    "Coesione sociale, responsabilità e solidarietà. Oggi più che mai, pensando alla popolazione dell'Emilia, sono questi i valori che ci appartengono profondamente e che sentiamo di rilanciare in un'occasione, la festa della repubblica, che così suggestivamente rinnova il sentimento italico e lo sforzo che lo ha suggellato". Lo afferma il Vice Presidente del consiglio regionale, Alessandro Nicolò che stamane ha partecipato, a Reggio Calabria, alle celebrazioni del 2 Giugno. "Una data questa - aggiunge - che ancora oggi racchiude il senso profondo delle scelte che uomini e donne, quest'ultime chiamate al voto per la prima volta, finalmente liberi, hanno consegnato al Paese, accompagnandolo verso quella grande conquista che è la democrazia ed una comunità più partecipata. Rifondare politicamente e moralmente la Nazione, sulla base dei nuovi principi, è stata l'azione più importante anche soprattutto da un punto di vista culturale, economico e sociale che i nostri padri hanno compiuto". "Un nuovo corso - conclude Nicolò - ed un nuovo cammino delle coscienze, protagoniste di quel riscatto morale che ormai albergava negli italiani, nella volontà di lasciarsi alle spalle le tante offese subite".

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