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    Inchiesta Crimine, chiusura indagini per 161 persone

     

     

    Inchiesta Crimine, chiusura indagini per 161 persone

    24 mar 11 La Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha emesso l'avviso di conclusione indagini per 161 persone coinvolte sul versante calabrese dell'inchiesta Crimine, condotta in collaborazione con la Dda di Milano, che nel luglio del 2010 portò all'arresto di oltre 300 persone tra la Calabria e la Lombardia. Per gli indagati del troncone lombardo, la Dda di Milano, nel dicembre scorso, ha chiesto il giudizio immediato per 174 persone. L'inchiesta "Crimine" ha svelato il nuovo volto della 'ndrangheta come non piu' un insieme di cosche, famiglie o 'ndrine scoordinate e scollegate tra di loro, salvo alcuni patti locali, ma un'organizzazione di "tipo mafioso, segreta, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice" che prendono e ratificano le decisioni più importanti, come hanno scritto i magistrati reggini nell'ordinanza di custodia cautelare. La nuova 'ndrangheta, cosi' come emerge dalle indagini, è divisa in tre 'mandamenti' (Tirrenico, Città e Ionico) all'interno dei quali si muovono le "locali", composte a loro volta dalle 'ndrine e dalle famiglie. C'é poi il quarto mandamento, quello della "Lombardia", che raggruppa tutte le 'locali' che operano nella regione ma che dipende comunque dalla "Provincia" o "Crimine", il vertice dell'organizzazione che sta nella provincia di Reggio Calabria, che ratifica ogni decisione che conta. Ai vertici del "Crimine", secondo quanto emerso dalle indagini, c'era Domenico Oppedisano , di 81 anni, "eletto" nel settembre 2009 corso di un vertice tra i boss della 'ndrangheta nel santuario della Madonna di Polsi, sull'Aspromonte. Dopo la notifica dell'avviso di conclusione dell'inchiesta, gli indagati avranno 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o per depositare memorie difensive. Quindi la Dda di Reggio Calabria provvederà a chiedere il rinvio a giudizio o l'archiviazione per le singole posizioni.

    Pignatone: Ndrangheta si espande a nord. "Stiamo assistendo ad un'evoluzione decisiva" della 'ndrangheta. Lo afferma Giuseppe Pignatore, procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, in una lunga lettera al Corriere della Sera. Il procuratore afferma che la 'ndrangheta reggina "non solo ha accumulato e continua ad accumulare immense ricchezze con il suo ruolo di interlocutore privilegiato dei narcotrafficanti sudamericani ma è anche riuscita ad espandersi in molte parti del mondo a cominciare dalla Lombardia e ad altre regioni del Nord Italia". Nella sua lettera, Pignatore parla di una "colonizzazione" da parte della 'ndrangheta in ampie zone della Lombardia ''e non solo riproducendo la sua peculiare struttura organizzativa con la creazione di decine di locali - prosegue il procuratore - e con l'affiliazione di centinaia di persone ma senza mai interrompere il legame essenziale con la terra d'origine a cui sono sempre rimesse le decisioni strategiche". Il procuratore reggino lamenta che un "cono d'ombra informativo" ha impedito di cogliere "non solo la diffusione dell' omertà e del silenzio in tante province lombarde, come denunciato dalla procura della Repubblica di Milano - prosegue - ma, ancora e di più, la presenza della 'ndrangheta in tanti settori dell'economia dell'Italia centrale e settentrionale luogo ideale per investire, senza destare troppo l'attenzione, somme ingentissime, di cui le cosche dispongono". "Chiarissimo é stato in questo senso - precisa il magistrato nella sua lettera al Corriere - l'allarme del Governatore della Banca d'Italia". Il procuratore Pignatone, infine, parla della consapevolezza di dover "contrastare la 'ndrangheta tanto in Calabria, dove ci sono il cuore e la testa dell'organizzazione, quanto nel Nord Italia, dove ci sono le sue ramificazioni e la sua espansione economica". E poi invita alla "reazione della società civile, con tutte le sue articolazioni, ognuna delle quali può svolgere un ruolo prezioso" per sconfiggere "questo cancro della società, come l'hanno definito i vescovi italiani, che mette a rischio l'economia e la democrazia del nostro Paese".

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