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    Sciolto per mafia il Comune di Corigliano, indagata la Straface

     

     

    Sciolto per mafia il Comune di Corigliano, indagata la Straface

    09 giu 11 Il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo scioglimento, su proposta del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, del Consiglio comunale di Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza, "nel quale sono state riscontrate forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata". Lo rende noto Palazzo Chigi nel comunicato diffuso dopo il Cdm. Nel Comune di Corigliano Calabro, sciolto oggi dal Consiglio dei Ministri per infiltrazioni mafiose, nel settembre del 2010 si era insediata la commissione d'accesso dopo che in una indagine contro le cosche della 'ndrangheta era rimasta coinvolta anche il sindaco, Pasqualina Straface, eletta con il centrodestra. La decisione era stata presa dall'allora prefetto di Cosenza, Antonio Reppucci (oggi Prefetto di Catanzaro), che aveva ricevuto la delega all'accesso da parte del Ministero dell'Interno a seguito dell'operazione 'Santa Tecla' coordinata dalla Dda di Catanzaro che il 17 luglio del 2010 aveva portato all'arresto di 67 persone, accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, estorsione, usura e sfruttamento della prostituzione. Tra gli arrestati c'erano anche Franco e Mario Straface, fratelli di Pasqualina Straface. Nei confronti di tutte le persone coinvolte nell'inchiesta è in corso attualmente l'udienza preliminare.

    Corigliano Calabro è il sesto comune della Calabria per grandezza e popolazione. Il sindaco, Pasqualina Straface, indagata per concorso esterno in associazione mafiosa nell'inchiesta della Dda di Catanzaro chiamata 'Santa Tecla', era stata eletta nel giugno del 2009 con la coalizione di centrodestra. Al turno di ballottaggio Straface aveva ottenuto il 53,1% dei voti. I fratelli del sindaco, Mario e Franco Straface, sono accusati da alcuni collaboratori di giustizia di essere legati storicamente al "locale" di Corigliano, una delle cosche più potenti della Calabria, che opera nell'alto Ionio cosentino. I due imprenditori sono accusati, tra l'altro di un' estorsione compiuta nel corso della realizzazione di un villaggio turistico. Il titolare della società che stava realizzando la struttura, è l'accusa mossa dalla Dda, sarebbe stato costretto da Maurizio Barilari, ritenuto il capo della cosca di Corigliano, ad affidare un appalto milionario, prima per la sola fornitura del cemento e poi per tutta l'opera, alla Straface Srl di Mario e Franco. Gli imprenditori hanno poi scelto le imprese subappaltatrici che hanno fatturato alla ditta Straface importi non dovuti grazie ai quali sono stati creati fondi neri girati alla cosca. I fratelli Straface, inoltre, sempre secondo l'accusa, con l'appoggio dei vertici della cosca, hanno imposto all' imprenditore condizioni economiche tali da determinare un aggravio di spesa superiore al 20% dell'importo dei lavori. Nei mesi scorsi si erano susseguiti gli interventi di numerosi esponenti politici che avevano sollecitato lo scioglimento del consiglio comunale.

    Messina (Idv) "Ripristinata la legalità". “Finalmente è intervenuto il Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, sulla vicenda del comune di Corigliano in merito alla quale Idv presento’ un’interrogazione affinchè venisse fatta luce sul rischio di condizionamenti. Corigliano ha bisogno della più alta rappresentazione di se stessa, per dimostrare ad ogni livello di essere libera da qualsiasi condizionamento; questa città non merita ulteriori danni e mortificazioni tanto meno può essere trascinata in Calabria ed in Italia con una rappresentazione di irresponsabilità in cui la politica risulta incapace di autodeterminarsi. Si è espresso il Consiglio dei Ministri, e finalmente è stata riaffermata la legalità. Corigliano dopo il periodo del commissariamento deve avere un’amministrazione eletta direttamente dai cittadini e non dalla criminalità”. E’ quanto dichiara il responsabile nazionale degli enti locali, Ignazio Messina.

    Dopo dieci mesi di attese e polemiche la scure del Consiglio dei Ministri si è abbattuta sul Comune di Corigliano che è stato sciolto per presunte infiltrazioni mafiose emerse da una indagine della Dda di Catanzaro che ha travolto il sindaco, Pasqualina Straface, del centrodestra, indagata per concorso esterno. A Corigliano Calabro, il sesto comune della Calabria per grandezza e popolazione, si era votato nel giugno del 2009 ed il sindaco Straface fu eletta al secondo turno con il 53,1% dei voti. A distanza di un anno dalle elezione il sindaco è stato travolto dall'inchiesta dei magistrati del capoluogo calabrese che, nel luglio del 2010, ha portato all'arresto dei due fratelli, Franco e Mario Straface, insieme ad altre 65 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, estorsione, usura e sfruttamento della prostituzione. I fratelli Straface sono accusati da alcuni collaboratori di giustizia di essere legati storicamente al "locale" di Corigliano, una delle cosche più potenti della Calabria, che opera nell'alto Ionio cosentino. I due imprenditori sono accusati, tra l'altro di un'estorsione compiuta nel corso della realizzazione di un villaggio turistico. Il titolare della società che stava realizzando la struttura, è l'accusa mossa dalla Dda, sarebbe stato costretto da Maurizio Barilari, ritenuto il capo della cosca di Corigliano, ad affidare un appalto milionario, prima per la sola fornitura del cemento e poi per tutta l'opera, alla Straface Srl di Mario e Franco. Dalle indagini erano emersi anche contatti tra il sindaco Straface ed un parente molto stretto di Santo Carelli, ritenuto dagli investigatori il boss e fondatore della cosca di Corigliano, attualmente detenuto perché deve scontare una condanna definitiva all'ergastolo. I contatti, secondo l'accusa, risalirebbero al periodo immediatamente precedente alle elezioni comunali del 2009 e la Dda ritiene che fossero finalizzati a garantire l'elezione a sindaco di Pasqualina Straface. Gli elementi emersi nel corso delle indagini avevano indotto, nel settembre del 2010, l'allora prefetto di Cosenza Antonio Reppucci (attualmente Prefetto a Catanzaro), a disporre l'insediamento della commissione d'accesso i cui lavori si sono conclusi nei mesi scorsi. L'esito dell'accesso aveva provocato numerose polemiche e numerosi esponenti politici avevano prima chiesto le dimissioni di Pasqualina Straface e successivamente l'intervento del Consiglio dei Ministri per lo scioglimento del consiglio comunale.

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