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    Chiusa l'inchiesta All Inside su cosca Pesce, 80 indagati. Influenza su campionato di D

     

     

    Chiusa l'inchiesta All Inside su cosca Pesce, 80 indagati. Influenza sul campionato di serie D

    22 feb 11 La Dda di Reggio Calabria ha emesso ottanta avvisi di conclusione indagini a carico di altrettante persone coinvolte nell'inchiesta "All Inside" che il 28 aprile dello scorso anno aveva portato all'arresto di 40 presunti affiliati alla cosca Pesce di Rosarno. Nell'ambito della stessa inchiesta la Guardia di finanza, su disposizione della Dda, aveva sequestrato beni ad alcuni affiliati alla cosca per sette milioni e mezzo di euro. L'inchiesta si basa sulle dichiarazioni della collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce, nipote del capo della cosca Antonino Pesce, che nel corso dell'attività istruttoria ha confermato le affermazioni fatta ai magistrati della Dda. Tra i destinatari degli avvisi di conclusione indagini c'é anche l'avvocato Francesco Collia, già difensore della collaboratrice di giustizia Rosa Ferraro Rosa. L'ipotesi accusatoria nei confronti del penalista è di avere comunicato ad appartenenti alla cosca ed, in particolare, a Salvatore Pesce le dichiarazioni rese dalla collaboratrice in modo da agevolare l'attività che doveva servire a neutralizzare le dichiarazioni della donna.

    Il 28 Aprile 2010, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, avevano eseguito 40 provvedimenti di fermo, emessi dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di 40 indagati per associazione di tipo mafioso, appartenenti alla cosca “Pesce” di Rosarno. Contemporaneamente, la Guardia di Finanza, avendo accertato una forte sproporzione tra il patrimonio individuato ed i modesti redditi dichiarati, aveva sequestrato i beni mobili, società commerciali e conti correnti (bancari e postali), per un valore di circa 7,5 milioni di euro. Il provvedimento ablativo era stato emesso nei confronti di 21 persone fisiche e giuridiche - tra le quali spiccava il boss, tuttora latitante, Pesce Marcello (detto Ballerino). L’odierno provvedimento, nella prosecuzione delle attività investigative, tiene conto delle dichiarazioni rese dalla collaboratrice Pesce Giuseppina, figlia di Pesce Salvatore (fratello del capo cosca Pesce Antonino), la quale ha confermato con le sue parole l’impianto accusatorio, delineando l’organigramma della cosca ed i compiti dei diversi sodali. L’imponente quadro accusatorio ha consentito alla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria di chiedere ed ottenere il regime del carcere duro ex art. 41 bis Ord. Pen. per i capi della potente cosca mafiosa: Pesce Antonino cl. 53 (detto Testuni) ed il fratello Pesce Vincenzo 52 anni (detto il Pazzo). Le accuse contenute negli atti sono di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, rapina, riciclaggio, intestazione fittizia di beni, porto e detenzione di armi e favoreggiamento, frode calcistica, tutti reati aggravati per aver favorito un sodalizio di ‘ndrangheta. Tra i destinatari dell’atto un avvocato, Collia Francesco già difensore della collaboratrice Ferraro Rosa, il quale risulta indagato per aver comunicato ad appartenenti alla cosca ed, in particolare, a Salvatore Pesce, tramite il suo legale, le dichiarazioni rese dalla collaboratrice, così da agevolare l’attività tesa a neutralizzare l’intento collaborativo della donna. Sono in corso delle perquisizioni alle sedi delle società di calcio Rosarnese ed Interpiana, al fine di rinvenire documenti economico-finanziari che attestino la riconducibilità di tali associazioni sportive alla cosca Pesce. Dagli atti di indagine è, infatti, emersa la riconducibilità della squadra di calcio Rosarnese alla cosca mafiosa Pesce, che ne curava il finanziamento anche con il provento delle estorsioni poste in essere dal pericoloso gruppo criminale.

    Influenza cosca su campionato serie D. Intanto è in corso un’acquisizione di atti presso la sede del Comitato Regionale Calabria - Lega Nazionale Dilettanti di Catanzaro, tesa ad accertare l’influenza della cosca sul campionato di serie D attraverso le 2 società sportive. Gli inquirenti, infatti, ritengono che la cosca pesce, attraverso Domenico Varrà (rappresentante legale della Rosarnese Calcio) - detenuto dal 28 di aprile per il reato di associazione mafiosa - riuscisse a controllare numerose partite nell’ambito del campionato di Serie D, pilotando i risultati ed alterando la regolarità e l’andamento degli incontri, al fine di agevolare l’attività dello stesso gruppo criminale.

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