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    Oltre 1500 i beni confiscati alle cosche dai Tribunali calabresi

     

     

    Oltre 1500 i beni confiscati alle cosche dai Tribunali calabresi

    05 feb 11 I Tribunali calabresi hanno sequestrato 1.544 beni alla criminalità organizzata: 1.431 immobili (case, terreni, magazzini) e 113 aziende. I dati, illustrati oggi nel corso di un convegno organizzato a Cosenza da Magistratura democratica, sono dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, che ha sede a Reggio. A livello nazionale i beni sequestrati sono stati 11.234. La Calabria, con il 14%, è al terzo posto, dietro la Campania (15%) e la Sicilia, prima con il 44%. "Nel nostro Paese - ha detto il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Vincenzo Luberto - c'é una legislazione all'avanguardia che sta dando risultati molto importanti, negli ultimi cinque anni, con sequestri di beni che hanno un valore di decine e decine di milioni di euro". Reggio Calabria è la provincia con il maggior numero di beni passati dalle mani delle cosche alla proprietà dello Stato: 948 immobili e 82 aziende. Seguono Catanzaro, Cosenza, Crotone e Vibo. "I beni mafiosi - ha spiegato il procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo - rappresentano la prova dell'attività di riciclaggio e reinvestimento del denaro frutto di attività illecite che lede negativamente l'economia del territorio. Il nostro lavoro finisce con le indagini e con i processi. Una volta accertate le responsabilità e congelati i beni, dovrebbe essere il territorio a sollecitare la restituzione delle risorse impegnandosi a gestire i beni confiscati per progetti sociali". Gli immobili dati in gestione dall'Agenzia, dal marzo dello scorso anno ad oggi, sono 279. Circa 200 a Province e Comuni, 50 a ministeri e corpi militari dello Stato ed una ventina ad onlus e cooperative sociali. Troppo poco, secondo la stessa Agenzia. I Comuni e le associazioni, secondo quanto è emerso dal convegno, hanno paura delle ritorsioni minacciate dai clan. "I beni - ha detto don Giacomo Panizza, presidente di 'Progetto Sud', cooperativa che lavora a Lamezia Terme, più volte nel mirino dei clan - devono essere ripresi in mano dalle nostre genti e devono essere utilizzati nel miglior modo possibile. Certo si ha paura quando si ha a che fare con la malavita ed è qui che la comunità locale, la parte sana della società civile di un territorio, deve essere unita. In quattro si fa poco e si è vulnerabili, ma se si è in 400 le cose cambiano".

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