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Diagnosi difficile: prosciolti in Cassazione medici di Rossano
Diagnosi difficile: prosciolti in Cassazione medici di Rossano 26 apr 11 "La colpa è uguale per tutti" ribadisce la Cassazione a proposito del parametro in base al quale valutare la responsabilità dei medici in caso di morte o lesioni dei pazienti, consolidando l'orientamento che rifiuta di guardare con "indulgenza" agli errori dei 'camici bianchi', tuttavia - sottolineano i supremi giudici nella sentenza 16328 - bisogna distinguere i casi nei quali i sanitari sono "malaccorti", da quelli nei quali "vi è una particolare difficoltà della diagnosi, sovente accresciuta dall'urgenza". Per questo la Suprema Corte ha confermato il proscioglimento di un medico del pronto soccorso dell'ospedale di Rossano e di un cardiologo dello stesso nosocomio che, nonostante l'effettuazione di alcuni esami, non riconobbero - in un paziente arrivato d'urgenza che poi morì dopo essere stato trasferito in un centro più attrezzato - un caso severo di dissezione dell'aorta che non presentava sintomi dolorosi. I due medici che avevano visitato Mario R., un autista colto da malore sul lavoro e arrivato in coma da sospetta lesione ischemica cerebrale, gli fecero l'elettrocardiogramma e l'ecocolordoppler che portarono ad escludere una patologia cardiaca in corso. Il coma veniva attribuito a problemi neurologici e fu deciso il trasporto all'ospedale di Corigliano, più attrezzato. Solo una tac toracica avrebbe potuto consentire la giusta diagnosi, ma i due medici non la predisposero dal momento che Mario R. non aveva i sintomi dolorosi che accompagnano i problemi all'aorta. Proprio la circostanza del "quadro sintomatologico aspecifico, polimorfo e di difficile interpretazione, stante la negatività dell'elettrocardiogramma e della tac encefalica nonchè dell'ecocolordoppler", aveva portato il Gup di Rossano ad archiviare il procedimento per omicidio colposo apertosi a carico dei due medici. Mario R., infatti, era morto per arresto cardiocircolatorio poche ore dopo il trasferimento a Corigiliano. Solo l'autopsia scoprì la causa del decesso. Contro il proscioglimento, ha fatto ricorso in Cassazione uno dei parenti di Mario R. sostenendo che, se i dottori avessero usato la "normale diligenza", sarebbe bastato un intervento chirurgico per l'apposizione del cosiddetto 'palloncino' per salvargli la vita. Ma la Suprema Corte ha confermato l'archiviazione considerando proprio la difficoltà del caso e i tempi stretti per arrivare alla diagnosi, rilevando inoltre che la "grave patologia del paziente ha prognosi infausta e non avrebbe potuto comunque essere trattata con successo nelle strutture locali" © RIPRODUZIONE RISERVATA Cerca con nell'intero giornale: -- >Guarda l'indice delle notizie su: "Cronaca e Attualità "
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