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    Bombe in Procura a Reggio Calabria, 12 arresti in cosca Lo Giudice

     

     

    Bombe in Procura a Reggio Calabria, 12 arresti in cosca Lo Giudice. Sequestrati beni per 3 mln

    19 apr 11 E' stata portata a termine a Reggio Calabria un'operazione di polizia per l'esecuzione di 12 arresti nei confronti di capi e affiliati alla cosca di 'ndrangheta dei Lo Giudice, il cui capo si autoaccuso' per le bombe alla Procura. Gli arresti sono stati eseguiti dalla squadra mobile di Reggio Calabria con il coordinamento dalla Procura e dalla Dda di Reggio e riguardano reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, rapina, intestazione fittizia di beni, illecita detenzione di armi anche da guerra ed esplosivo. L'operazione condotta dalla polizia a Reggio Calabria contro la cosca Lo Giudice ha portato all'esecuzione di nove ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip su richiesta della Procura e di tre fermi richiesti dalla Procura distrettuale antimafia. I provvedimenti, secondo quanto si è appreso, fanno seguito alle attività di riscontro effettuate dagli investigatori sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Antonino Lo Giudice, il boss della cosca, Maurizio Lo Giudice, Consolato Villani e Roberto Moio.

    Due delle ordinanze sono state notificate in carcere a Luciano Lo Giudice, 37 anni, attualmente rinchiuso nella Casa circondariale di Lanciano, e Antonio Cortese, 49 anni, ristretto nel carcere di Voghera. Le altre sette persone arrestate sono Giuseppe Lo Giudice (23), Pasquale e Paolo Sesto Cortese, rispettivamente di 58 e 46 anni (ratelli di Antonio Cortese, "l'uomo del bazooka"); Salvatore Pennestri' (21), Giuseppe Perricone (23), Vincenza Nogavero (35), Madalina Cristina Turcanu (25) originaria di Barlaad (Romania). Quest'ultima, legata a Luciano Lo Giudice, e' indagata di concorso esterno in associazione mafiosa per aver, secondo gli inquirenti, assicurato "contatti e scambi d'informazione tra esponenti della cosca detenuti ed altri in liberta', in particolare tra Luciano Lo Giudice e il fratello Antonino, capo dell'omonima cosca". La ragazza, sempre secondo gli investigatori, avrebbe fornito l'indirizzo e il nominativo della madre per la corrispondenza in cui erano contenute precise indicazioni nei confronti degli affiliati alla consorteria. Madalina Cristina Turcanu e' stata arrestata questa mattina in Spagna, nella città di Barcellona.

    Oltre alle ordinanze di custodia del gip, la Procura distrettuale antimafia ha disposto i fermi di Giuseppe Reliquato (40), Bruno Stilo (49) e Fortunato Pennestri' (36). Reliquato e Stilo sono i cognati del capocosca Nino Lo Giudice, oggi collaboratore di Giustizia, il quali occupano un ruolo importante in seno alla 'ndrangheta: il primo con il grado di "vangelo" ( carica di pari grado al capo cosca), il secondo con la dote della "santa" ( parigrado di Luciano Lo Giudice). Nel provvedimento restrittivo, tra gli altri, viene menzionato il rifiuto dei Lo Giudice ai vertici della cosca "Fontana - Saraceno" di dare una lezione al direttore della società mista (pubblico - privata) "Leonia" che opera nel settore dell'igiene ambientale e della raccolta dei rifiuti solidi urbani. I beni sequestrati, per un valore di tre milioni di euro sono due appartamenti, lo 'Smile', un'attività commerciale di produzione gastronomica, e la 'Norfish srl', azienda commerciale per la vendita di prodotti ittici.

    Pignatone: Colpite nuove leve dei clan. L'operazione della Squadra Mobile della questura, coordinata dalla DDA, che ha colpito altri dodici esponenti della 'ndrangheta Lo Giudice, mette in evidenzia la presenza di nuove leve della consorteria. "Ci sono alcuni arrestati e fermati - dice il procuratore Giuseppe Pignatone - che sono molto giovani. D'altra parte la famiglia Lo Giudice e' numerosa, sedici fratelli, naturalmente, non tutti responsabili di reato. Pero' laddove abbiamo individuato responsabilita' specifiche, in particolare detenzione di armi, una rapina e l'intestazione fittizia di beni, abbiamo chiesto al gip l'emissione di provvedimenti cautelari".

    Sequestrati beni per 3 mln. Beni immobili per circa tre milioni di euro sono stati sequestrati dalla polizia nell' ambito dell'operazione che ha portato all'arresto di 12 persone tra capi e affiliati della cosca Lo Giudice di Reggio Calabria. Tra i beni sequestrati ci sono appartamenti e attività commerciali tutte ubicate nella città dello Stretto e riconducibili alla cosca Lo Giudice il cui boss si è pentito da tempo ed ha iniziato a collaborare.

    Lo Giudice si era autoaccusato delle bombe. Il boss pentito della 'ndrangheta Antonino Lo Giudice, di 52 anni, a capo dell'omonima cosca di Reggio Calabria, già detenuto, era stato arrestato venerdì scorso assieme al fratello e ad altre due persone dalla polizia nell'inchiesta condotta dalla Procura di Catanzaro per gli attentati e le intimidazioni ai danni del procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, e del procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone. Le altre due persone arrestate la scorsa settimana sono Vincenzo Puntorieri, l'unico che era libero e Antonio Cortese. Lo Giudice, pochi giorni dopo il primo arresto lo scorso anno da parte della Squadra mobile di Reggio Calabria, si era autoaccusato della progettazione dell'ideazione degli attentati rivelando i nomi degli affiliati alla sua cosca incaricati dell'esecuzione, Puntorieri e Cortese.

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