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    Traffico di reperti archeologici su internet, 7 denunce del NTPC di Palermo

     

     

    Traffico di reperti archeologici su internet, 7 denunce del NTPC di Palermo

    27 mag 10 Sette persone sono state denunciate in provincia di Palermo perché coinvolte in un traffico di reperti archeologici che venivano venduti su siti internet. Sessantanove gli oggetti sequestrati, tra i quali vasi a figure nere e rosse, statuette fittili, anfore, monete, greche, romane e medioevali, tutti risalenti a un periodo compreso tra il VII secolo A.C e i primi secoli dell'era cristiana. E' il bilancio dell'ultima inchiesta dei carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale della Sicilia. L'operazione, denominata "Archeoweb", è stata portata a termine anche grazie al costante monitoraggio dei siti web che ospitano le inserzioni di privati venditori di reperti archeologici siciliani. Tutti gli oggetti sequestrati sono stati messi a disposizione dei funzionari della Soprintendenza. I denunciati rispondono di ricettazione.

    Nei primi cinque mesi dell'anno in corso, i carabinieri hanno portato a termine, nella sola provincia di Palermo, varie perquisizioni domiciliari culminate con sette denuncie di privati detentori esessantanove reperti archeologici sequestrati: fra questi vasi a figure nere e rosse, statuette fìttili, anfore, monete, greche, romane e medioevali, tutti pertinenti ad un arco storico compreso tra il VII sec. a.C ed i primi secoli dell'era cristiana, e riconducibili a siti archeologici siciliani. L'operazione "Archeoweb", ovvero il costante monitoraggio dei siti web che ospitano le inserzioni di privati venditori di reperti archeologici siciliani, è una delle attività operative dei carabinieri del Tutela Patrimonio Culturale, inserita nell'ambito del più ampio ed assiduo controllo del mercato, tesa ad ostacolare la dispersione del nostro importantissimo patrimonio archeologico, perennemente minacciato dal fenomeno endemico degli scavi clandestini. Tutti i reperti sequestrati sono stati messi a disposizione dei funzionari della locale Soprintendenza; i privati detentori, sprovvisti di idonea documentazione attestante la legittima provenienza e possesso dei beni archeologici, dovranno rispondere del reato di ricettazione, in quanto detentori di reperti verosimilmente provenienti da scavi clandestini.

     

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