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    Due imprenditori affiliati alle cosche arrestati dai ROS nel reggino

     

     

    Due imprenditori affiliati alle cosche arrestati dai ROS nel reggino. Sequestarti beni per 5 mln

    18 mag 10 Due imprenditori Giuseppe Francone, 67 anni, di Palizzi (Rc) e Sebastiano Carbone, 22, di Locri (Rc) sono stati arrestati dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria con l'accusa di intestazione fittizia di beni per la loro partecipazione attiva nelle societa' riconducibili ad affiliati alla cosca Pelle di San Luca. I militari hanno anche sequestrato il patrimonio aziendale di due societa' per un valore di 5 milioni di euro. Contestualmente i carabinieri hanno notificato altre nove ordinanze di custodia cautelare ad altrettante persone gia' sottoposte a fermo il 22 aprile scorso nell'ambito dell'operazione condotta contro affiliati ai clan Pelle, Morabito di Africo e Ficara e Latella di Reggio Calabria. È proprio dall’operazione del 22 aprile scorso, denominata Reale, che sono emersi gli elementi che stamani hanno portato all'arresto dei due imprenditori. L’operazione contro le cosche Pelle, Morabito, Ficara e Latella, ha fatto emergere i collegamenti tra le cosche della Locride e i gruppi dominanti a Reggio Calabria, con la spartizione degli affari e la condivisione delle decisioni sugli organigrammi delle strutture di vertice. Dall’inchiesta è emersa l’esistenza di un organo superiore rispetto alla struttura territoriale dei 'locali' denominato 'provincia' ed incaricato di dirimere eventuali controversie. I Pelle, insieme agli alleati storici, i Vottari, sono coinvolti, tra l’altro, nella faida di San Luca contro i Nirta-Strangio culminata con la strage di Duisburg, in Germania, in cui, il giorno di Ferragosto del 2007, furono uccise sei persone.

    Un assetto unitario, strutture territoriali denominate 'Locali' e organi sovraordinati, denominati 'province', preposti alla soluzione delle controversie tra i clan. È uno degli aspetti emersi dall’operazione 'Reale' del Ros dei Carabinieri, dalla quale sarebbe emersa la posizione di preminenza riconosciuta agli uomini della famiglia Pelle in relazione al rispetto delle "regole" della 'ndrangheta con riguardo alle gerarchie tra gli affiliati ed alle problematiche ordinative delle singole cosche.

    Importanti e utili le intercettazioni dei militari che mettono in evidenza come il capo di una delle cosche più potenti della 'ndrangheta, il clan Pelle di San Luca, riesca a muoversi per riciclare i patrimoni sporchi e anche come aggirare i controlli. I carabinieri avevano scoperto che alcuni capifamiglia s'incontravano nella casa di Giuseppe Pelle (detto "gambazza"), dopo la morte del padre Antonio. In quella casa di Bovalino, padrini e picciotti s'incontravano certi che si trattasse di un luogo sicuro. Non sapevano che il Ros aveva piazzato una microspia e che li ha ascoltati per settimane.

    Boss Ficara: questa vita mi piace. "Dentro di me, dico certe volte, 'ma se io tornavo indietro la facevo questa vita?'. La facevo, perché a me mi piace farla". A parlare così è Giovanni Ficara, ritenuto uno degli elementi di spicco dell'omomica cosca di Reggio Calabria, intercettato dai carabinieri mentre parla con un altro boss di 'ndrangheta, Giuseppe Pelle, considerato il reggente dell'omonima cosca di San Luca. Nei confronti dei due, sottoposti a fermo il 22 aprile scorso nell'ambito di un'operazione contro i componenti delle cosche Pelle, Morabito di Africo e Ficara e Latella di Reggio, oggi è stato reiterato un provvedimento restrittivo per associazione mafiosa. Il colloquio viene registrato dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale grazie ad una microspia, e testimonia, per gli investigatori, i collegamenti tra le cosche della Locride e i gruppi dominanti a Reggio Calabria, con la spartizione degli affari e la condivisione delle decisioni sugli organigrammi delle strutture di vertice. "E che ci posso fare - aggiunge poi Ficara - se sono, se sono nato così". "Non siamo perché siamo più belli degli altri in faccia - gli risponde Pelle, o siamo più e il giorno andiamo dando caramelle e siamo .. siamo .. perché mio padre ha fatto una strada che si è creato con dignità, con onestà. Non è che per tutti .. è stato buono. E' buono e noi qua per tutti siamo buoni. La maggioranza dice che è buono, però ci sono quelli che dicono che non è buono, ma a noi ci interessa la maggioranza che dica che è buono, che poi si sa ...". A completare la frase è Ficara: "c'é sempre quello invidioso .. che poi ti dice ..". Nel corso del colloquio, Ficara chiede anche suggerimenti a Pelle per la costruzione di un bunker. "Un bunker, devo fare. Avete qualcuno? Che io leggo in questi giornali, che da queste parti siete bene esperti in queste cose" dice ridendo riferendosi ai numerosi bunker, usati come nascondigli per latitanti, scoperti sotto gli edifici di San Luca dalle forze dell'ordine. "Il mastro (il muratore, ndr), ve lo mando io", risponde Pelle. Ora vi mando il mastro, e così voi gli fate vedere e poi vi dice lui dov'é meglio. Viene il mastro e vi dice lui come dovete fare. Gli mostrate la casa, gli mostrate le cose, e poi vi dice lui. Dove lo dovete fare". "Che uno (quando è latitante, secondo gli investigatori) - spiega Ficara - si secca di andare avanti e indietro. Compare, da una parte e dell'altra. Almeno uno, che non è che può stare sempre lì, però almeno, se deve stare otto giorni, dieci giorni, pure per incontrarsi con qualche amico, o con qualche parente o con qualche cosa, insomma".

    Sequestrato distributore. Un distributore di carburante Esso situato in contrada Giudeo di Ardore figura tra i beni sequestrati dai carabinieri e dalla guardia di finanza di Reggio Calabria nel corso dell'operazione "Reale 2" che stamani ha portato all'arresto di due imprenditori ed all'emissione di nuove ordinanze di custodia cautelare per gli affiliati alle cosche Pelle di San Luca, Morabito di Africo e Ficara e Latella di Reggio Calabria, già sottoposte a fermo il 22 aprile scorso. Oltre al distributore, sono stati sequestrati anche il bar annesso, il terreno sul quale sorge la struttura, e l'intero patrimonio della Freedom café di Antonio Pelle e Sebastiano Carbone e quello dell'impresa individuale "Azzurra costruzioni geom. Pelle Antonio".

     

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