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      Ecco il Governo Conte/bis, il PD unito ma Renzi fa il pieno. I 21 Ministri

       

       

      Ecco il Governo Conte/bis, il PD unito ma Renzi fa il pieno. I 21 Ministri

      04 set 19 Il nuovo governo guidato da Giuseppe Conte, sostenuto da una maggioranza Pd-M5S-Leu, conta ventuno ministri, di cui un terzo donne, e un sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro (M5S). Nei dicasteri chiave ci sono il leader Cinque Stelle Luigi Di Maio agli Esteri, Roberto Gualtieri (Pd) all'Economia, Alfonso Bonafede (M5S) confermato alla Giustizia, un tecnico all'Interno, Luciana Lamorgese. I ministri 'ereditati' dal Conte Uno sono cinque, ma solo due hanno conservato la stessa delega. Dieci componenti del governo sono targati Movimento 5 stelle, nove sono del Partito democratico. Uno è di Liberi e uguali: si tratta di Roberto Speranza, a cui è stata affidato il dicastero della Salute. Il resto della squadra è composto da Lorenzo Guerini (Pd) alla Difesa e Dario Franceschini (Pd) alla Cultura. La vicesegretaria Pd Paola De Micheli è ministro ai Trasporti. Confermato nello stesso dicastero Sergio Costa (M5S), all'Ambiente, un ruolo strategico per un governo che punta molto sulla svolta green. Il capogruppo Cinque Stelle al Senato, Stefano Patuanelli, va allo Sviluppo Economico, Nunzia Catalfo (M5S) al Lavoro, Teresa Bellanova (Pd) alle Politiche agricole. L'Istruzione è stata affidata a Lorenzo Fioramonti (M5S) e i Rapporti con il Parlamento a Federico D'Incà (M5S), a Paola Pisano (M5S) è andata l'Innovazione e a Fabiana Dadone (M5S) la Pubblica amministrazione. Poi ci sono Francesco Boccia (Pd) agli Affari regionali, Vincenzo Spadafora (M5S) allo sport, Elena Bonetti (Pd) alle Pari Oppurtunità, Vincenzo Amendola (Pd) agli Affari europei. Giuseppe Provenzano (Pd) ministro per il Sud.

      Zingaretti tiene unito il PD, Renzi fa il pieno

      L'enfasi con cui Nicola Zingaretti saluta la nascita del governo Conte 2, è ben comprensibile: il segretario del Pd è riuscito infatti a condurre unito il partito in uno dei passaggi più complessi degli ultimi anni, rafforzando anzi il rapporto con Matteo Renzi con cui si è più volte sentito nei giorni della crisi. L'aver riservato ben tre ministri alla minoranza interna, con tre figure vicinissime all'ex premier, garantisce che l'intero partito sosterrà il nuovo governo ed apre una fase di "pax" interna essenziale per Zingaretti, che vuole anche lavorare a un riorientamento del partito nella società. Anche perché, come non nasconde Andrea Orlando, "le difficoltà" che porterà l'alleanza con M5s incombono. "Bene questa svolta, ora e' tempo di cambiare l'Italia", ha dichiarato Zingaretti con inusitato slancio rispetto alla sua consueta sobrietà di parole. "Abbiamo fermato Salvini e il solo annuncio di questa fase - ha aggiunto - sta facendo tornare l'Italia protagonista in Europa": fatto testimoniato - secondo il segretario -dal "calo incredibile dello spread" che "significa soldi in più nelle tasche degli italiani". Certo, Zingaretti ha dovuto cedere sul nome del premier, poi sul vicepremier e sul sottosegretario alla presidenza, ma quello che porta a casa è più importante: viene superato lo schema del governo precedente, del "contratto", e viene condiviso con M5s "un programma unico, di tutti, chiaro, e una squadra nuova. Il Governo e' di forte cambiamento anche generazionale". E nel programma ci sono tutti i punti voluti dal Pd, a partire dal taglio delle tasse per i lavoratori dipendenti (altro che flat tax). Servirà "una nuova maggioranza non litigiosa ma plurale, unita per il bene dell'Italia". "Siamo stati uniti e responsabili" insiste Zingaretti, e a conforto di ciò arrivano gli auguri di Renzi: "buon lavoro al nuovo governo. Facciamo tutti il tifo per l'Italia". Un plauso giunge anche da altri "renziani" come Ettore Rosato e Andrea Marcucci: quest'ultimo, che in passato ha polemizzato con Zingaretti, oggi lo ringrazia, insieme "a tutti i dirigenti del Pd, fino all'ultimo militante": "tutti insieme abbiamo prodotto un grande risultato". Un idem-sentire che non si registrava dagli esordi, ai tempi di Veltroni. Rimane solitaria la voce di Carlo Calenda, che definisce "incomprensibile" il matrimonio tra Dem e M5s. In diversi, da Rosato a Vinicio Peluffo, da Graziano Delrio ad Alberto Losacco, parlano di "una nuova fase", tutta da costruire ma con molte opportunità per il Pd. La scommessa non facile è "costituzionalizzare" un movimento populista come M5s: "Non mi nascondo le difficoltà e le contraddizioni. Dipenderà da tutti noi saperle affrontare e superare" ha detto Andrea Orlando. Per esempio come comportarsi con la Giunta Raggi? Il Pd romano mette in chiaro che non cambierà nulla. Ma sempre a livello locale ci sono anche opportunità per le imminenti elezioni regionali in Umbria e Calabria, come diversi esponenti Dem umbri (Valter Verini) e calabresi (Ernesto Magorno) sottolineano, riferendosi a un possibile accordo con M5s anche in sede regionale.

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