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      Asserviti alle cosche, due agenti penitenziari arrestati dai CC a Cosenza

       

       

      Asserviti alle cosche, due agenti penitenziari arrestati dai CC a Cosenza

      19 giu 19 I Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza hanno arrestato due Assistenti della Polizia Penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale di Cosenza, ritenuti responsabili di “concorso esterno in associazione mafiosa”. In manette sono finiti Luigi Frassanito di 56 anni e Giovanni Porco di 53 anni, entrambi di Cosenza. Un terzo indagato non è stato attinto da misure cautelari in quanto andato in pensione e non può, quindi, reiterare i reati che gli vengono contestati. I fermi cautelari in carcere sono avvenuti ad esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Catanzaro. Le indagini, svolte dai militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Cosenza, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ed, in particolare, del Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, e del Sostituto Procuratore, Camillo Falvo, hanno permesso di acquisire come gli stessi, in violazione dei propri doveri e dietro corresponsione di somme di denaro, tratte dalla “bacinella”, o di altri benefici di vario genere, avessero posto in essere condotte finalizzate a favorire detenuti presso la Casa Circondariale di Cosenza appartenenti alle cosche di ‘ndrangheta “Lanzino/Ruà/Patitucci”, “Bruni/Zingari” e “Rango/Zingari”.

      Gratteri: indagine dimenticata

      "Questa indagine fa parte di quel pacchetto di inchieste ferme, dimenticate, alle quali nessuno aveva messo più mano, su fatti gravissimi avvenuti all'interno del carcere di Cosenza". Così il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso della conferenza stampa sull'arresto dei due agenti della polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Cosenza con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. I due arrestati sono Luigi Frassanito, di 56 anni, e Giovanni Porco, di 53 anni. "Questo lavoro - ha aggiunto il procuratore Gratteri - poteva essere svolto tanti anni fa. Ringrazio il collega Camillo Falvo che ha fatto una grande ricostruzione storica ed ha messo in ordine le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che da tanti anni ripetevano che il carcere di Cosenza era nelle mani della 'ndrangheta e che all'interno di questa struttura si poteva fare di tutto e di più".

      Grave che detenuti di Cosenza erano a Cosenza

      "La cosa più grave è che si sia consentito che detenuti 'ndranghetisti di Cosenza siano rimasti per anni nel carcere della città. Qual è la logica di mantenere pericolosi 'ndranghetisti nella stessa città in cui operano le cosche che loro stessi comandano". Lo ha detto, in conferenza stampa, il Procuratore distrettuale della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri. "Questa indagine - ha aggiunto - fa emergere che chi era preposto al controllo, chi doveva intervenire, ossia tutta la struttura gerarchica del Dipartimento penitenziario, non è intervenuto. Mi auguro che gli arresti di oggi servano a costringere chi deve farlo, dal direttore del carcere al direttore del Dap, ad intervenire per fare un po' d'ordine, quanto meno nell'applicazione dell'ordinamento penitenziario". "I detenuti di alta sicurezza - ha concluso Gratteri - dovrebbero stare almeno a mille chilometri di distanza dalla propria zona di controllo criminale".

      Dalle celle partivano gli ordini per l'esterno

      "Elementi di spicco delle cosche cosentine erano ristretti in celle che affacciavano sulla strada in modo da consentirgli di impartire ordini all'esterno attraverso persone appostate sotto il carcere". Lo ha riferito il comandante provinciale di Cosenza dei carabinieri, colonnello, Piero Sutera, nel corso della conferenza stampa sull'arresto di due agenti della polizia penitenziaria accusati di concorso esterno in associazione mafiosa. Ma i casi singolari, nell'inchiesta condotta dalla Dda di Catanzaro, non si fermano qui. "Nel carcere di Cosenza - ha aggiunto Sutera - poteva entrare di tutto, dalle droghe che venivano lanciate dentro palline da tennis all'interno del campo di calcio, all'alcol e persino farmaci. In una occasione, un detenuto, che doveva sottoporsi a perizia fonica, ha ricevuto un farmaco per consentirgli di alterare il timbro vocale. Abbiamo registrato anche il caso di un imprenditore sotto usura 'convocato' sotto la finestra di un detenuto per imporgli di restituire la somma di 100 mila euro che gli era stata prestata". Il capitano Giuseppe Sacco, comandante del Nucleo investigativo di Cosenza dei carabinieri, ha riferito che "in alcuni casi gli agenti che lavoravano onestamente e facevano il loro dovere all'interno del carcere sono state vittime di vere e proprie rappresaglie".

      Dagli accertamenti compiuti è emerso che i due appartenenti alla Polizia Penitenziaria si erano permanentemente posti a disposizione delle citate consorterie garantendo ai detenuti di poter continuare ad avere contatti con l’esterno ed, in particolare, con i sodali liberi, veicolando agli stessi messaggi, anche mediante “pizzini”, per sviare indagini in corso su omicidi o per impartire disposizioni sugli imprenditori destinatari di attività estorsiva, per recuperare somme di danaro dovute per pregresse forniture di stupefacente o, ancora, per far filtrare notizie su reclusi che intendevano avviare percorsi di collaborazione con la giustizia. Ma gli approfondimenti condotti, anche sulla base di convergenti dichiarazioni di 9 collaboratori di giustizia, hanno, inoltre, portato alla luce un quadro della vita all’interno dell’istituto penitenziario caratterizzato da una sorta di piena libertà di manovra, specie per i detenuti di maggiore caratura, che potevano riunirsi nelle celle, benché sottoposti a diverso regime carcerario, o ricevere stupefacenti, alcolici, generi alimentari o altri prodotti utili a rendere più confortevole la detenzione o, ancora, non essere sottoposti a perquisizioni o avere preventive informazioni sulle attività di verifica pianificate. Nel medesimo contesto risulta indagato un altro appartenente al Corpo, non raggiunto da provvedimento cautelare poiché nel frattempo andato in quiescenza e, quindi, non più in grado di reiterare le condotte in argomento all’interno della Casa Circondariale di Cosenza.

      Arresti dopo rivelazioni pentiti

      Sono nove i pentiti di 'ndrangheta che hanno collaborato con la Dda di Catanzaro nell'inchiesta che ha portato all'arresto di due agenti di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Cosenza arrestati dai carabinieri con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo quanto riferito dalla Dda, nell'inchiesta é coinvolto un terzo agente per il quale non si é proceduto all'arresto in quanto, nel frattempo, é andato in pensione e non può, quindi, reiterare i reati che gli vengono contestati.

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