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      Riproduzioni di Paladino, il giudice da ragione a Occhiuto che chiede 2 mln di danni

       

       

      Riproduzioni di Paladino, il giudice da ragione a Occhiuto che chiede 2 mln di danni

      02 ott 18 Una nuova vittoria per il Sindaco Mario Occhiuto quella che riguarda le riproduzioni di alcune statue di Mimmo Paladino, vicenda scoppiata durante l'ultima campagna elettorale, che approdò sui media nazionali. Anzi, il primo cittadino, dopo la decisione del tribunale che gli ha dato ragione ed ha pure condannato Paladino a pagare le spese legali, vuole il risarcimento dei danni subiti, due milioni di euro. Paladino, lo ricordiamo, citò il Sindaco di Cosenza dichiarando che le copie installate erano delle contraffazioni ed invece la documentazione presentata a difesa del primo cittadino dimostra che le stesse erano state acquistate regolarmente con regolare fattura, liquidata, dalla MOA srl che a sua volta le aveva acquistate dalla Teconoscena srl. Fatture pagate prima di poter ritirare le statue. “Tanto per cominciare – replicava allora Occhiuto ad un quotidiano nazionale alle notizie diffuse sul web – non ho ancora preso personale visione della lettera di rimostranze di Mimmo Paladino che viene riportata sugli organi di stampa. Inoltre appare quantomeno sospetta la circostanza che uno studio legale presenti una diffida basandosi esclusivamente su illazioni pubblicate sul web senza accertarsi dei fatti. Le sculture di cui si fa menzione sono relative ad una installazione relativa ad un mio progetto presentato alla XI Biennale di Architettura a Venezia, installazione che fu apprezzata a livello internazionale tanto da essere indicata dalla stampa inglese come la più bella della Biennale. Si tratta di opere che ho regolarmente pagato e quindi di mia proprietà, senza che nessuno mi abbia posto alcun obbligo successivo o alcuna condizione. Non ho mai posseduto nessun calco e non mi risulta alcun pignoramento sulle opere. Inoltre, a Venezia, nella stessa circostanza, erano presenti anche le sculture di Maurizio Orrico e di altri artisti, e nessuno di loro, nell’utilizzo successivo, si è mai lamentato di come le opere sono state esposte. Quindi, con tutto il rispetto verso Paladino – conclude Mario Occhiuto – per quanto riguarda le ambientazioni e gli accostamenti, il sottoscritto non ha certo bisogno dei suoi consigli o di qualche delatore cosentino che crede di nascondersi nell’anonimato e che, in questa fase di propaganda elettorale eccessivamente denigratoria, suppongo lo avrà investito della cosa”. In pratica Mario Occhiuto diede spazio alle opere di Paladino in una sua installazione lla Biennale di Venezia ed invece si ritrovò, probabilmente a causa di una campagna elettorasle condotta senza scupoli, suo malgrado in mezzo ad una bufera mediatica. Ora il giudice Emanna Grossi respinge il ricorso di Paladino e lo condanna a pagare le spese legali.

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