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      Beni per 20 mln sequestrati da Gdf a boss Mancuso

       

       

      Beni per 20 mln sequestrati da Gdf a boss Mancuso

      17 ott 19 Beni per 20 milioni di euro sono stati sequestrati dai finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Vibo Valentia al boss Giovanni Mancuso, di 78 anni, detto "Billy", in esecuzione di un provvedimento emesso dal Tribunale di Catanzaro su richiesta della Dda. L'operazione, denominata "Terra nostra", ha riguardato 92 terreni, 16 fabbricati, 9 auto, un trattore, 2 aziende agricole e 2 ditte individuali. Dalle indagini, coordinate dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, dall'aggiunto Vincenzo Capomolla e dai pm Antonio De Bernardo e Pasquale Mandolfino, sono emerse procedure di passaggio dei beni, che, secondo l'accusa, in apparenza rispettano i canoni della legalità ma che in realtà nascondono i meccanismi perversi del metodo mafioso. Molti beni, infatti sono stati acquisiti, ad esempio, grazie all'usucapione approfittando dello stato di bisogno dei legittimi proprietari e sfruttando la forza del vincolo associativo, oltre che con passaggi notarili di beni fittiziamente intestati. L'acquisto dei terreni per usucapione, secondo la Guardia di finanza, è una modalità assai frequente in cui si manifesta il potere intimidatorio dei Mancuso, che, sfruttando l'egemonia sul proprio territorio, occupano abusivamente i terreni, esercitandovi a titolo gratuito attività agricola, assicurandosi la percezione di contributi pubblici erogati dall'Arcea ed acquistandoli successivamente con il corso del tempo, sfruttando l'inerzia dei legittimi proprietari, che si guardano bene dall'intentare cause civilistiche, per il timore di minacce e ritorsioni. L'indagine, inoltre, secondo gli investigatori, ha permesso di accertare che il modus operandi della famiglia Mancuso "è talmente raffinato che, per tentare di eludere le misure di carattere patrimoniale, che richiedono la sperequazione tra il patrimonio posseduto e i redditi dichiarati e le attività economiche esercitate, ricorre all'acquisizione di beni a costo zero, tale da non potere essere considerato ai fini dell'applicazione della misura, che in seguito trasferisce a soggetti appartenenti ad altri familiari, in modo da rendere più complessa e onerosa l'attività investigativa, poiché l'illecita provenienza viene edulcorata dal passare del tempo e mascherata da atti giuridici apparentemente leciti e garantiti persino da notai". Al riguardo i finanzieri, ad esempio, hanno accertato che il defunto Pasquale Molino, suocero di Silvana Mancuso, figlia di Giovanni, ha trasferito nel 2014, con un atto testamentario olografo, terreni e fabbricati, al nipote omonimo, di 30 anni, figlio di Silvana. L'atto, reso pubblico da un notaio nel 2016, due anni dopo la morte del nonno paterno, legittimando il trasferimento della proprietà a costo zero, è risultato falso perché scritto sotto dettatura da una persona diversa dal defunto. Inoltre è stato documentato il trasferimento di immobili di cui il defunto non ha mai avuto la proprietà ma che erano intestati a ignare terze persone che hanno disconosciuto l'atto giuridico. In particolare, il nonno avrebbe trasferito al nipote una particella catastale che nel 1988, con regolare rogito notarile, era stata acquistata da Silvana Mancuso, madre di Pasquale Molino, destinatario di tutti i beni, senza che la donna avesse mai trasferito la proprietà del terreno, oggetto del testamento, al suocero Pasquale Molino. Quest'ultimo, secondo l'accusa, altro non era che un prestanome di Giovanni Mancuso, al quale, negli anni 60/70, erano stati intestati terreni, che di fatto gestiva il secondo e che quindi con l'atto testamentario sarebbero ritornati nell'effettiva disponibilità e proprietà della famiglia Mancuso.

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