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      Le mani della ndrangheta sui parcheggi di Maplensa, 34 arresti, coinvolte cosche Cirò

       

       

      Le mani della ndrangheta sui parcheggi di Maplensa, 34 arresti, coinvolte cosche Cirò

      04 lug 19 "In ogni paese c'è una 'ndrangheta". E' in questa frase pronunciata dalla voce roca dell'imprenditore edile Cataldo Casoppero (arrestato) la sintesi dell'ennesima inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano sulla 'ndrangheta al nord. Le cosche sono dappertutto, anche nei piccoli centri dove tutto sembra immobile, e gli arresti non sempre bastano a curare un territorio. L'indagine 'Krimisa' ne è la dimostrazione, molti dei 34 destinatari dell'ordinanza eseguita stamattina dai carabinieri sono gli stessi già condannati dieci anni fa per associazione mafiosa, vertici della locale di Legnano (Milano)-Lonate Pozzolo (Varese) che ancora comandano nella zona, indirizzano la politica e condizionano l'economia. Il voto di scambio e la gestione di tre parcheggi attorno all'aeroporto di Malpensa sono i punti focali di un quadro di malaffare endemico e radicato. A capire il business dei parcheggi è Emanuele De Castro, 58enne palermitano, condannato nel 2011 per associazione mafiosa e tornato libero il 14 ottobre 2015. C'è lui dietro il 'Parking volo Malpensa', il 'Malpensa car parking' e il 50% di "Star parkings srls" (tutti sequestrati). Dalla vicenda dei parcheggi emerge la figura di un imprenditore che ha deciso di opporsi alle cosche e di collaborare con gli inquirenti, raccontando le minacce subite affinché rinunciasse a un lotto. Ma nell'indagine dei militari del comando provinciale di Milano, oltre ai boss, c'è anche un politico in manette per associazione mafiosa: Enzo Misiano, consigliere comunale di Fratelli d'Italia a Ferno (Varese) che è "uomo di fiducia e autista di Giuseppe Spagnolo, elemento di spicco della cosca Farao-Marincola". Con quest'ultimo partecipa a due summit in cui vengono "definite strategie comuni e risolti contrasti interni al gruppo" tra cui la pacificazione tra Mario Filippelli (condannato nel 2010 per associazione mafiosa e tornato in libertà nell'agosto 2017) e De Castro. E' sempre Misiano a intercedere con Filippelli affinché ordini ai fratelli Cristoforo e Antonio De Novara (arrestati) di interrompere l'estorsione nei confronti del collega di partito Alessandro Pozzi (e del fratello di quest'ultimo), consigliere e membro supplente della commissione Commercio e attività produttive e membro supplente della commissione Bilancio e tributi. In cambio gli promettono "un loro generico interessamento per agevolarlo nell'imminente bando di gara per l'assegnazione della gestione dei campi sportivi di Ferno". La locale di Legnano-Lonate Pozzolo, direttamente collegata a quella di Cirò Marina (Crotone) era stata "solo momentaneamente sopita" a causa della carcerazione dei vertici a seguito delle indagini 'Bad Boys' (23 aprile 2009) e 'Infinito' (18 agosto 2010). Con la scarcerazione di Vincenzo Rispoli (condannato per 416 bis e tornato libero il 24 febbraio 2017), Castro e Filippelli (elencati nell'ordine di importanza gerarchica) vengono ripristinati i ruoli che con la loro assenza erano stati insidiati dai fratelli Cataldo e Giovanni Cilidonio (entrambi arrestati), poi allontanati da Ferno come punizione per aver bruciato senza permesso l'auto di due persone "sbagliate". Fondamentale nella fase di riassetto la figura di Spagnolo, che garantisce la formazione di "un'unica banda" e la spartizione dei guadagni destinati a confluire nella cassa comune che serve anche a supportare chi è in carcere. Il timore di finire dentro era diffuso, in molte intercettazioni si ipotizza di arresti imminenti e della paura dei pentiti. Così viene definito anche Danilo Rivolta, l'ex sindaco di Lonate Pozzolo arrestato nel 2017 (e non indagato in questa inchiesta) che ha ammesso di aver ricevuto l'appoggio "dei calabresi" attraverso un pacchetto di 300 voti in cambio dell'assegnazione dell'assessorato alla Cultura a Patrizia De Novara, nipote del boss Alfonso Murano, ucciso il 28 febbraio del 2006 a Ferno. "Quando l'assessore è stata invitata a un incontro sulla legalità - hanno spiegato i pm - per coerenza con la propria storia ha preferito non partecipare".

      "Negli ultimi dieci anni, nonostante le indagini e gli arresti, non è cambiato nulla. Le cosche sono ancora padrone del territorio". A parlare è Alessandra Dolci, capo della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, durante la conferenza stampa per l'inchiesta "Krimisa" sui legami tra 'ndrangheta e politica nel Varesotto che ha portato a 34 arresti. "Il 23 aprile 2009 c'è stata l'indagine 'Bad Boys', il 18 agosto 2010 è arrivata 'Infinito' e oggi siamo qui con 'Krimisa'. Sono passati gli anni ma le cose sono rimaste identiche, abbiamo trovato anche gli stessi personaggi. Ma ci sono due note positive: anche noi non ci siamo mossi da qui e continuiamo a lavorare, ma soprattutto la presenza di un imprenditore che ha deciso di non sottostare alle minacce degli 'ndranghetisti che gli impedivano di investire nei parcheggi dell'area dell'aeroporto di Malpensa.

      Tra i 34 destinatari dell'ordinanza emessa dalla Dda di Milano sull'indagine "Krimisa" che ha colpito la locale di Legnano-Lonate Pozzolo, ci sono anche Enzo Misiano, consigliere comunale di Fratelli d'Italia a Ferno (Varese) e Peppino Falvo, coordinatore regionale dei cristiano-popolari. Misiano è stato arrestato con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso mentre Falvo è stato denunciato per voto di scambio e nei suoi confronti è stata effettuata una perquisizione. Secondo quanto riferito dall'ex sindaco di Lonate Pozzolo, Danilo Rivolta (arrestato nel 2017 in un'altra indagine e non indagato in questa inchiesta), Falvo avrebbe avuto un ruolo di intermediario con le cosche per fargli ottenere un pacchetto di 300 voti in cambio dell'assunzione ad assessore alla Cultura di Patrizia De Novara, nipote di Alfonso Murano, ucciso il 28 febbraio del 2006 con sei colpi di pistola al in via Piantanida, a Ferno, mentre era al vertice della locale di Lonate Pozzolo. "L'incarico è stato effettivamente assegnato - hanno spiegato gli inquirenti in conferenza stampa - e quando l'assessore è stata invitata a un incontro sulla legalità, per coerenza con la propria storia ha preferito non partecipare".

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