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      Estorsioni e autoriciclaggio, beni per 423 mila euro sequestrati a Lamezia

       

       

      Estorsioni e autoriciclaggio, beni per 423 mila euro sequestrati a Lamezia

      19 giu 19 Beni per 423 mila euro sono stati sequestrati agli imprenditori agricoli Alberto e Antonio Statti, di 52 a 50 anni, dagli uomini del Gruppo di Lamezia Terme della Guardia di finanza che contestualmente hanno notificato nove avvisi di garanzia per estorsione a autoriciclaggio. I provvedimenti, emessi dal Gip del Tribunale di Lamezia Terme su richiesta della Procura, rappresentano la prosecuzione e conclusione dell'operazione Spartaco che, nel giugno del 2017, aveva portato alla notifica di provvedimenti cautelari a carico di Alberto Statti annullati poi dal Tribunale della libertà di Catanzaro con ordinanza successivamente cassata dalla Suprema corte, su ricorso della Procura lametina. Per i fatti relativi a quel procedimento Statti è imputato per estorsione a danno di 23 suoi dipendenti. I finanzieri, sotto la direzione della Procura lametina, hanno effettuato ulteriori approfondimenti che hanno consentito di accertare che i due imprenditori si sarebbero resi responsabili di altre condotte estorsive nei confronti di ulteriori 14 dipendenti. Al vaglio, inoltre, anche una serie di azioni volte ad inquinare le prove esistenti a carico degli indagati che vedono indagati anche due avvocati del foro lametino e la segretaria degli imprenditori. In particolare, è stato riscontrato che nel momento in cui la Guardia di finanza iniziava ad assumere informazioni dai dipendenti dell'azienda agricola da loro gestita Alberto Statti, venuto a conoscenza delle dichiarazioni, faceva sottoscrivere ai dipendenti degli atti di conciliazione con i quali i dipendenti attestavano di voler rinunciare ad ogni legittima pretesa verso il datore di lavoro maturata nell'intero arco temporale del rapporto lavorativo, accettando esigue somme che l'imprenditore riconosceva loro. Le condizioni accettate dai lavoratori, formalmente riportate nei processi verbali di conciliazione, sono apparse vessatorie per gli interessati e molto favorevoli per il datore di lavoro. Le attività investigative hanno fatto emergere come gli atti di conciliazione fossero intervenuti proprio su iniziativa del datore di lavoro, e come i dipendenti non avessero avuto contezza del reale contenuto degli stessi. Agli indagati è stato inoltre contestato anche il reato di autoriciclaggio.

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