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      Sequestrato per pagare il pizzo, 7 arresti della Mobile di Reggio

       

       

      Sequestrato per pagare il pizzo, 7 arresti della Mobile di Reggio

      13 feb 19 Un sequestro di persona messo in atto allo scopo di costringere la vittima a pagare il "pizzo". É quanto é emerso dall'indagine condotta dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, con il coordinamento della Dda diretta dal Procuratore della Repubblica, Giovanni Bombardieri, che ha portato stamattina all'esecuzione di sette ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettante persone accusate di sequestro di persona e tentata estorsione, aggravati dalle modalità mafiose. I fatti, accaduti a Reggio Calabria, risalgono al 30 dicembre scorso. Vittima del sequestro é stato l'esercente di una pizzeria, sequestrato poco dopo che era uscito dal suo locale insieme alla convivente. L'uomo, che era alla guida della propria auto, sotto la minaccia delle armi, é stato prelevato con la forza, caricato su un'altra vettura e tenuto in ostaggio per alcune ore. L'uomo é stato rilasciato con la condizione che avrebbe provveduto a sborsare in tempi ristretti una consistente somma di denaro. Il piano degli organizzatori ed esecutori del sequestro é però saltato grazie alla tempestiva segnalazione alla Polizia dell'avvenuto rapimento da parte della convivente della vittima. Le indagini che ne sono scaturite hanno consentito di ricostruire in breve tempo il quadro completo delle responsabilità relative al sequestro, con l'emissione delle sette ordinanze di custodia cautelare in carcere da parte del Gip di Reggio Calabria su richiesta della Procura della Repubblica. I sette arrestati, tra l'altro, sarebbero contigui ad ambienti della 'ndrangheta.

      "Ti sparo in testa, devi sapere che sono il capo di San Cristoforo". E' la minaccia pronunciata da Francesco Belfiore, di 46 anni, uno degli esponenti emergenti della 'ndrangheta reggina contigui alla cosca Libri, presunto responsabile, con altre sei persone arrestate stamattina dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, del sequestro di persona e della tentata estorsione, reati aggravati dal metodo mafioso, ai danni del compagno della titolare di una pizzeria. Oltre a Belfiore sono finiti in carcere Massimiliano Polimeni, di 26 anni; Carmelo Scaramuzzino (19) e Giuseppe, Pietro, Bruno e Domenico Natale Surace, rispettivamente di 38, 64, 61 e 39 anni. Nè la titolare della pizzeria, né il compagno vittima del sequestro hanno piegato la testa di fronte alle minacce. La donna, in particolare, testimone del sequestro del compagno, ha denunciato subito i fatti, consentendo l'avvio delle indagini della Squadra mobile reggina che in poco più di un mese hanno permesso di ricostruire l'intero quadro delle responsabilità relative al sequestro ed al tentativo di estorsione. "E' un'operazione - ha detto, in conferenza stampa, il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri - che delinea un atteggiamento di arroganza tipico delle associazioni mafiose. Un metodo violento perpetrato ai danni di una persona che non aveva saldato un debito di cinquanta euro ed il cui creditore, anziché rivolgersi allo Stato, si era affidato, per risolvere la questione, a persone contigue alla cosca Libri. La Squadra mobile, grazie alla tempestiva segnalazione del fatto-reato, è riuscita però a ricostruire minuziosamente la vicenda, consentendo l'arresto dei responsabili". I fatti che hanno portato agli arresti risalgono 30 dicembre scorso, giorno in cui la titolare di una pizzeria ha segnalato alla Sala operativa della Questura che il suo compagno era stato costretto con la forza a salire su un'autovettura ed era stato condotto in un luogo sconosciuto. "Da qui - ha detto il dirigente della Squadra mobile, Francesco Rattà - sono scattate immediatamente le indagini, con il coordinamento dei Pm della Dda Roberto di Palma e Angelo Gaglioti, e con l'audizione di testimoni, intercettazioni telefoniche e ambientali. É stato possibile, così, accertare la dinamica del sequestro e le ragioni che avevano portato al gravissimo gesto". Si é scoperto, così, che uno degli arrestati, Giuseppe Surace, che aveva lavorato come pizzaiolo nel locale della compagna della vittima del sequestro, vantava un credito di 50 euro a seguito del suo licenziamento. Da qui la pretesa di ottenere la somma di 500 euro, a fronte di un pregresso accordo di 800 euro per chiudere la vertenza, somma della quale erano già stati versati 750 euro. Dopo il rilascio dell'ostaggio, con la condizione che sarebbe stata versata la somma pretesa, l'estorsione non si é concretizzata grazie al tempestivo intervento della Polizia di Stato.

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