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      Arrestato dalla Finanza sindaco di Maierà nell'alto tirreno cosentino

       

       

      Arrestato dalla Finanza sindaco di Maierà nell'alto tirreno cosentino

      04 apr 19 Questa mattina, i finanzieri della Tenenza della Guardia di Finanza di Scalea hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Paola – dott.ssa Maria Grazia Elia - , su richiesta su richiesta del Procuratore capo della Repubblica– dott. Pierpaolo Bruni e del Sostituto Procuratore dott.ssa Maria Francesca Cerchiara -, con la quale è stata disposta la misura carceraria nei confronti del sindaco di Maierà, piccolo comune dell’alto Tirreno cosentino, Giacomo De Marco - espressione di una lista civica - e il figlio Gino. Contestualmente, è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dalla medesima Autorità Giudiziaria, avente ad oggetto quote societarie, nonché rapporti finanziari e beni immobili e mobili per un totale di circa 1,5 milioni di euro. Il provvedimento cautelare, personale e reale, si colloca in un più ampio contesto di indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Paola ed eseguite dai militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Scalea, che hanno ad oggetto la verifica della liceità degli appalti pubblici e che, in questo caso, hanno consentito di delineare un quadro indiziario particolarmente grave in ordine a condotte di bancarotta fraudolenta ed autoriciclaggio.

      Procuratore "Responsabile come imprenditore"

      "Il sindaco è responsabile in qualità di imprenditore, non di amministratore pubblico. L'inchiesta riguarda l'attività professionale del sindaco. Non c'è nessuna contestazione in merito ad irregolarità o illiceità degli appalti comunali". Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Paola, Pier Paolo Bruni, parlando con i giornalisti in merito all'arresto di Giacomo De Marco, sindaco di Maierà, coinvolto insieme al figlio Gino nell'inchiesta "Affari di famiglia" con l'accusa di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio, nell'ambito di un'inchiesta che ha portato anche al sequestro di beni per un milione e mezzo di euro. Le indagini condotte dalla Guardia di finanza hanno riguardato l'attività di due società, una delle quali riconducibile al sindaco De Marco, dalla quale emergono numerose condotte finalizzate alla distrazione di beni aziendali a danno dei creditori, tra cui l'Erario e Fincalabra, società in house della Regione Calabria, dalla quale lo stesso primo cittadino, secondo quanto é emerso dalle indagini, aveva ottenuto un finanziamento. L'altra società, invece, sarebbe riconducibile a Gino De Marco, che aveva sottoscritto un contratto di affitto di ramo d'azienda con la società amministrata dal padre, con lo scopo di svuotarla. Il ramo d'azienda, fittato per soli 1.200 euro all'anno, comprendeva importanti voci del patrimonio sociale, comprese le attestazioni Soa necessarie per partecipare a gare d'appalto. "In questo caso - ha spiegato il comandante provinciale di Cosenza della Guardia di finanza, colonnello Marco Grazioli - si tratta di una società di costruzioni che operava nel settore degli appalti pubblici, soprattutto in provincia di Cosenza, ma nel caso specifico non è contestata l'aggiudicazione degli appalti, bensì una condotta illecita relativa al fallimento della società che ha lasciato altissimi debiti per l'erario e i creditori, con la cessione di beni a terzi prima del fallimento, facendo prefigurare la bancarotta fraudolenta"

      Le indagini

      Le attività investigative, concentrate sul fallimento di una società riconducibile al sindaco, sono state condotte attraverso una meticolosa attività di analisi dei bilanci, della documentazione contabile e bancaria ed hanno fatto emergere numerose condotte dolosamente distrattive dei beni aziendali e finalizzate a danneggiare i creditori, tra cui l’Erario ed una società in house della Regione Calabria. La condotta che maggiormente descrive la gravità dei comportamenti fraudolenti posti in essere ha riguardato la sottoscrizione di un contratto di affitto di ramo d’azienda tra la società fallita ed un’altra società amministrata dal figlio del sindaco (ma, di fatto, amministrata da quest’ultimo) il cui scopo è stato quello di svuotare la società fallita in danno dei creditori. Il ramo d’azienda, locato per soli € 1.200 all’anno, comprendeva importanti voci del patrimonio sociale, comprese le attestazioni S.O.A. (necessarie per partecipare a gare d’appalto) ed ha consentito alla società del figlio del sindaco di aggiudicarsi numerosi appalti pubblici per importi prossimi a vari milioni di euro. Ed è stata proprio l’aggiudicazione di questi appalti ad aver aggravato il quadro accusatorio, costituendo, l’impiego in attività imprenditoriale di beni di origine illecita, un’ipotesi di autoriciclaggio. Il risultato di questa attività è frutto dell’attenzione che la Procura della Repubblica di Paola ed il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza riservano nei confronti dell’imprenditoria calabrese sana per tutelarla da tutte quelle forme di inquinamento dell’economia che derivano da illeciti arricchimenti.

      Le mafie non c'entrano

      Ancora un sindaco, ma questa volta la 'ndrangheta o il malaffare negli appalti pubblici non c'entrano nulla. Il primo cittadino di Maierà, piccolo comune dell'alto Tirreno cosentino, Giacomo De Marco, è finito in carcere non come amministratore - è stato eletto nel 2018 a capo di una lista civica - ma come imprenditore. Insieme a lui è stato arrestato il figlio. Entrambi sono accusati di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio. L'inchiesta, denominata "Affari di famiglia", condotta dai finanzieri della Tenenza di Scalea col coordinamento della Procura della Repubblica di Paola, ha portato anche al sequestro di beni per 1,5 milioni di euro. Le indagini, che rientrano in un contesto più ampio di verifica della liceità di appalti pubblici, sono partite dal fallimento di una società di costruzioni riconducibile a De Marco avvenuto nel 2016. Dai controlli fatti dalle Fiamme gialle, secondo l'accusa, sono emerse numerose condotte messe in atto da padre e figlio allo scopo di distrarre i beni aziendali e toglierli dalle legittime pretese dei creditori, tra i quali l'Erario e Fincalabra, società in house della Regione Calabria dalla quale De Marco aveva ottenuto un finanziamento. Per far ciò, secondo i finanzieri, i due sono ricorsi alla cessione in affitto di un ramo d'azienda della società fallita ad un'altra amministrata dal figlio del sindaco, ma, di fatto, secondo l'accusa, amministrata sempre da De Marco padre, il cui scopo sarebbe stato, appunto, quello di svuotare l'azienda ormai decotta. Tra l'altro, il ramo d'azienda, fittato per soli 1.200 euro all'anno, comprendeva importanti voci del patrimonio sociale, tra le quali le attestazioni Soa, quelle necessarie per poter partecipare alle gare d'appalto. Uno stratagemma che ha permesso alla società di Gino De Marco di aggiudicarsi numerosi appalti pubblici per importi prossimi a vari milioni di euro. Da qui la contestazione di autoriciclaggio, visto l'impiego in attività imprenditoriali di beni di origine ritenuta illecita. Appalti pubblici, comunque, ottenuti in maniera del tutto lecita, come ha tenuto a precisare il procuratore di Paola Pierpaolo Bruni: "Non c'è nessuna contestazione in merito ad irregolarità o illiceità degli appalti comunali". La condotta illecita, ha spiegato il comandante provinciale della Guardia di finanza di Cosenza col. Marco Grazioli, è stata quella relativa al fallimento della società "che ha lasciato altissimi debiti per l'erario e i creditori, con la cessione di beni a terzi prima del fallimento, facendo prefigurare la bancarotta fraudolenta". Contratti, comunque, che avrebbero portato nelle casse della società ingenti somme, valutate nell'ordine di alcuni milioni di euro. La società di Gino De Marco, infatti, si occupava di costruzioni ed in questa veste ha ottenuto appalti da diverse amministrazioni della provincia di Cosenza.

       

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