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      Il sindaco Lucano ha lasciato Riace: non so dove andare

       

       

      Il sindaco Lucano ha lasciato Riace: non so dove andare

      17 ott 18 Ha lasciato Riace poco dopo le 6 di stamattina Domenico Lucano, il sindaco sospeso per il quale ieri il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha revocato gli arresti domiciliari, disponendo però nei suoi confronti il divieto di dimora. Resta a Riace, invece, la compagna di Lucano, per la quale il divieto di dimora é stato attenuato con la misura dell'obbligo di firma. Un provvedimento che il sidnaco di Napoli, de magistris, già magistrato, ha definito "peggio degli arresti domiciliari". "Caro Mimmo -scrive De Magistris- lo so che non lascerai la tua e nostra amata Calabria ma se vuoi ti ospitiamo con amore a Napoli. Il divieto di dimora nella tua Riace è peggio degli arresti domiciliari. Ma non potranno mai arrestare la rivoluzione. Riace vivrà con Lucano Sindaco!". Pur rispettando l'obbligo di allontanarsi dal paese di cui é sindaco, sia pure sospeso dopo l'arresto, Lucano non si sarebbe spostato di molto. A Riace, provvederanno a proseguire l'attività di assistenza ai circa 150 migranti che si trovano ancora in paese, la compagna etiope di Lucano, Tesfahun Lemlem, cui é stato imposto l'obbligo di firma, i numerosi volontari che da anni collaborano con Lucano e l'Amministrazione comunale, tutti intenzionati a portare ancora avanti con l'autofinanziamento ed i contributi quel "modello Riace" di cui il Governo ha decretato la soppressione con l'uscita dallo Sprar.

      Non so dove andare.

      "Non ho ancora deciso dove andare. Devo ancora trovare una casa in cui sistemarmi, ma ci sono amici che mi sono vicini in questo momento critico e che mi stanno assistendo". Lo dice Domenico Lucano, sindaco sospeso di Riace. "Sto vivendo, comunque, una condizione di precarietà. Ho in macchina i miei effetti personali e alcuni libri. Se avrò bisogno di altre cose me le farò portare da mia figlia". "Mi ha rammaricato molto essere stato costretto a lasciare Riace, un paese a cui ho dato l'anima e che ho contribuito a risollevare dallo spopolamento e dall'abbandono ospitando i migranti". Ha poi aggiunto il sindaco sospeso Domenico Lucano. "Penso che la mia azione - ha proseguito Lucano - sia stata utile anche per la Calabria, dimostrando a tutti che non è soltanto terra di 'ndrangheta e di fatti negativi. E questo per me è un motivo di orgoglio".

      Contento che il mio caso sia diventato nazionale

      "Sono contento per il fatto che il mio sia diventato un caso nazionale e che se ne parli ormai dappertutto. Spero che questo sia utile per il riscatto di Riace". Lo dice il sindaco sospeso del centro della Locride Domenico Lucano contattato telefonicamente. "Spero - aggiunge Lucano - che nei prossimi giorni mi venga tolto il divieto di dimora a Riace, in modo da consentirmi di tornare a casa. Io rispetto il lavoro di tutti, anche della magistratura e sono fiducioso nel futuro. Credo anche che la verità, considerata pure la decisione dei giudici di revocare il mio arresto, stia emergendo piano piano. Per questo spero che tutto si risolva presto".

      In paese rabbia e disperazione

      Riace al primo impatto sembra un paese fantasma il giorno dopo la decisione del Tribunale del riesame che ha revocato i domiciliari al sindaco Domenico Lucano imponendogli però il divieto di dimora. Tra i rifugiati, ma anche tra tanti riacesi, i sentimenti dominanti sono lo sconcerto, l'incredulità ma anche la rabbia. Per molti la vicenda giudiziaria di "papà Mimmo", come viene chiamato qua Lucano, è destinata a segnare in negativo il futuro dell'esperienza Riace. Un sentimento provato non solo dai migranti, che vedono a rischio la loro permanenza, ma anche dagli stessi riacesi, molti dei quali sono impiegati nelle botteghe artigiane aperte per favorire l'integrazione. Botteghe che sono chiuse dall'agosto scorso per il mancato invio dei fondi ministeriali, il cui inizio risale a due anni fa. Oggi alcune botteghe sono aperte, ma solo per far vedere ai giornalisti cosa vuol dire l'integrazione a Riace. Botteghe in cui lavorano fianco a fianco riacesi, tanti dei rifugiati che sono passati da qua e quelli che vi si sono stabiliti.
      Non riesce a trattenere le lacrime e scoppia in un pianto dirotto Irene, la ragazza di Riace che da dieci anni gestisce una vetreria insieme ad alcuni rifugiati di varie nazionalità, parlando del sindaco Domenico Lucano. "Da agosto tutti i laboratori sono chiusi - spiega - per la mancanza dei fondi. Adesso non sappiamo che cosa succederà. Il lavoro era tutta la mia vita. E ora con questa situazione non so cosa potrà succedere". Sulla vicenda giudiziaria Irene commenta: "non è possibile, una persona innocente trattata così". Accanto a lei c'è Rauda, una ragazza somala che lavorava nel laboratorio. "Mi piaceva stare qui - dice anche lei con gli occhi gonfi di lacrime - e sono molto triste, a questo punto non so se me ne andrò".

      Migranti preoccupati, ora via anche noi

      "Adesso andremo via anche noi. Se non c'è lui come restiamo?". Daniel, migrante del Ghana, non si dà pace. "Che senso ha liberarlo ma poi non farlo stare qua" dice. "E' una decisione - aggiunge - che hanno preso loro, il modello Riace non gli piace e per attaccarlo attaccano lui. I migranti non vogliono andarsene e allora hanno fatto questo, l'ha detto anche il ministro dell'Interno, il modello Riace è finito. Se non c'è Mimmo, secondo me, se ne vanno via tutti".

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