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      Cosche pronte a nuova guerra nel crotonese, arresti

       

       

      Cosche pronte a nuova guerra nel crotonese, arresti

      20 dic 18 Le cosche della provincia di Crotone erano pronte a scatenare una nuova guerra di mafia per assicurarsi il controllo del territorio. E' quanto ha accertato la Polizia al termine di un'inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro che ha portato all'arresto di diversi esponenti di spicco delle famiglie della 'Ndrangheta crotonese. Le misure sono scattate nei confronti di vari esponenti delle cosche di Isola Capo Rizzuto, Crotone e Petilia Policastro accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, tentato omicidio, estorsione, tentata rapina, incendio, porto e detenzione illegale di armi e munizioni. Dalle indagini è emerso che le cosche avevano già pianificato alcuni omicidi. Gli arresti sono stati eseguiti dagli uomini della squadra mobile di Crotone e del Servizio centrale operativo con il supporto delle squadre mobili di Catanzaro, Taranto, Mantova e dei reparti prevenzione crimine di Cosenza, Vibo Valentia e Siderno.

      Emerse nuove dinamiche cosche

      Ha fatto luce sulle nuove dinamiche criminali operanti sul territorio di Isola di Capo Rizzuto a seguito delle operazioni di polizia, in particolare l'operazione Jonny che che ha colpito decine di persone riconducibili al locale di 'ndrangheta degli Arena e i suoi vertici, l'operazione Tisifone che ha portato all'arresto di esponenti di spicco delle cosche del Crotonese. L'indagine svolta, coordinata dalla Dda di Catanzaro, ha permesso di svelare le nuove alleanze, i nuovi equilibri che si sono venuti a creare o che si stavano creando all'interno del comprensorio, ma soprattutto ha fatto emergere le nuove tensioni che, dopo i numerosi arresti operati, stavano emergendo dettati dalla volontà di imporre il proprio potere e controllo sul territorio. In particolare sono emersi due fronti contrapposti, da un lato i Capicchiano, con a capo Salvatore Capicchiano, desiderosi di affermare il loro monopolio nella gestione del settore delle gioco illegale mediante l'imposizione e la gestione delle loro slot machine in diversi bar ed esercizi commerciali, dall'altro i Nicoscia con al vertice Antonio Nicoscia Antonio, figlio di Pasquale alias Macchietta, i Manfredi e i Gentile non concordi su tale esclusività. La conseguenza di questi attriti è stata un'escalation di violenza che ha visto entrambe le parti contrapposte in diverse occasioni ipotizzare di pianificare degli omicidi ai danni della fazione opposta sventati dall'intervento della polizia. Ed è stata proprio la pianificazione degli omicidi a portare all'accelerazione dell'indagine con l'adozione dei provvedimenti.

      Documentati riti affiliazione a cosche

      L'indagine che ha portato all'operazione operazione "Tisifone", contro le cosche del Crotonese, ha documentato i rapporti intercorsi tra le diverse famiglie di 'ndrangheta e in particolare con la cosca Megna di Papanice e con le cosche del Petilino e i riti di affiliazione finalizzati al rafforzamento delle organizzazioni criminali. In particolare, oltre agli "affari" tra i Nicoscia la cosca Megna, con l'estorsione e l'imposizione di un servizio di sicurezza e guardiania ai danni di un noto locale sito a Le Castella, ha rivelato anche la celebrazione di diversi riti di affiliazione, che hanno visto partecipare secondo precisi rituali, i vertici di clan come Grande Aracri, Arena, Gentile, Lentini.

      DDA: guerra di mafia dopo operzione Jhonny

      "La guerra di mafia non era una possibilità peregrina ma concreta". Lo ha detto il capo della Squadra mobile Nicola Lelario nel corso della conferenza stampa dell'operazione "Tisifone" con la quale la Dda di Catanzaro ha portato al fermo di capi e gregari delle famiglie di 'ndrangheta di Isola Capo Rizzuto. "Una guerra di mafia - ha spiegato il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri - nata all'indomani dell'operazione Jhonny che aveva messo a dura prova la pax mafiosa tra le famiglie crotonesi". "Noi sappiamo che l'operazione Jhonny - ha sostenuto il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto - è stata necessaria e pericolosa anche perché ha disvelato l'esistenza di un continuo afflusso di capitali verso la galassia delle cosche di Isola Capo Rizzuto. Almeno sei famiglie si contendevano il territorio fino a quando non è arrivata la manna del Cara. Interrotta la manna, le cosche hanno cominciato a contendersi l'unico settore vitale: le scommesse on line, affare che la famiglia Capicchiano aveva deciso di monopolizzare". "I postumi dell'operazione Jonny si sono fatti sentire - ha detto il capo della Squadra mobile di Crotone Lelario - e le famiglie di 'ndrangheta hanno cercato di tornare sul territorio".

      Intercettazioni

      "Gegè ..vedi che quando esce.. questo qua .. Quando esce deve morire.. Questo qua quando esce deve morire, Gegè". E' il passaggio di un'intercettazione finita nelle indagini dell'operazione "Tisifone" in cui Giuseppe Gentile rivolgendosi ad un interlocutore non mostra remore riguardo all'intenzione di uccidere Salvatore Capicchiano della cosca rivale di Isola Capo Rizzuto. Giuseppe Gentile nella telefonata affermava che Tommaso Gentile, una volta uscito dal carcere, avrebbe preteso infatti il ruolo di vertice della cosca, mettendosi in contrapposizione di fatto ed adoperandosi in breve tempo per l'eliminazione fisica di Salvatore Capicchiano. La cosca Capicchiano, secondo quanto emerge dalle indagini, aveva rotto i patti stabiliti tra i clan: dividere i proventi delle attività illecite, contribuire al mantenimento dei detenuti, rimpinguare la bacinella comune. Le tensioni non avevano mancato di farsi sentire: gli uomini della Squadra Mobile avevano trovato un fucile in un'auto rubata destinato a un omicidio contro i Capicchiano. "I Capicchiano - riferisce il capo della squadra mobile Nicola Lelario - temono per la propria incolumità e progettano, da parte loro, reazioni altrettanto pericolose". Alla base del fermo di 21 indagati c'è pericolo di fuga ma c'è anche la concreta possibilità di omicidi".

      Sottosegretario Gaetti: duro colpo a cosche

      "Con gli arresti di oggi si dà così un duro colpo alle famiglie della 'Ndrangheta di Isola Capo Rizzuto. Le cosche della provincia di Crotone erano pronte a scatenare una nuova guerra di mafia per assicurarsi il controllo del territorio. E' quanto ha accertato la Polizia al termine di un'inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro che ha portato all'arresto di alcuni esponenti di spicco delle famiglie della 'Ndrangheta crotonese". Lo afferma in una nota il sottosegretario all'Interno Luigi Gaetti. "Sono stato a Isola Capo Rizzuto nel mese di ottobre per confrontarmi con le Forze di Polizia e visitare lo stato dei beni confiscati in un territorio che è il teatro di ripetuti atti criminali importanti - sottolinea l'esponente di Viale Arenula - verso i quali vi è stata pronta e forte reazione di tutte le Forze di Polizia, costantemente impegnate in prima linea in questo territorio. Gli arresti di oggi non fanno altro che confermare come la presenza costante e la continua collaborazione delle Forze di Polizia siano la risposta più efficace contro ogni forma di criminalità organizzata. Lo Stato è presente, grazie a tutte le Forze di Polizia", conclude Gaetti.

      "La lotta alla criminalità organizzata prosegue più decisa e forte che mai per restituire sviluppo e legalità ad un territorio in difficoltà ma che vuole riscattarsi. Sconfiggere la 'ndrangheta è una priorità assoluta del nostro governo". Ad affermarlo, in una nota, è la senatrice del M5S Silvia Vono che in riferimento all'operazione 'Tisifone' esprime "le proprie congratulazioni e il sostegno alla polizia, alla Dda per il significativo risultato raggiunto".

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