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      Faida nelle Serre, 7 arresti della Mobile di Vibo

       

       

      Faida nelle Serre, 7 arresti della Mobile di Vibo

      09 apr 18 Agenti della Mobile di Vibo Valentia e del commissariato di Serra San Bruno, supportati dallo SCO (Servizio centrale operativo) di Roma e del Reparto prevenzione crimine di Vibo Valentia hanno eseguito nella notte un decreto di fermo, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nei confronti di sette indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di armi, rubate o a canne mozze, oltre che di ricettazione, tutti aggravati dal metodo mafioso. L'operazione è stata denominata "Black Windows".

      In manette sono finiti Vincenzo Cocciolo, Antonio Farina di 42 anni, Michele Nardo di 36, Giuseppe Muller 20, Domenico Inzillo di 63, Viola Inzillo, di 52 ann e Rosa Inzillo di 49. Viola Inzillo e Rosa Inzillo sono le sorelle di Salvatore Inzillo, ucciso a Sorianello nel giugno del 2017.

      Le indagini, dirette dai sostituti procuratori della Dda Annamaria Frustaci e Filomena Aliberti, coordinate dal procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri e dal procuratore capo Nicola Gratteri, partono dal tentato omicidio di due fratelli, il 28 luglio 2017 a Sorianello, uno dei quali minore ed affetto dalla sindrome di down, e fanno luce sulle attuali dinamiche criminali dell’entroterra vibonese, piagato dalla “faida dei boschi”. Dalle indagini emergono i complessi equilibri che portarono alla consumazione dell’agguato mafioso nel quale rimasero gravemente feriti i due fratelli dipingendo un quadro a tinte fosche fatto di trame ordite, senza soluzione di continuità, dagli Inzillo, contigui agli Emanuele.

      Secondo gli inquirenti avrebbero aizzato loro la "faida", occupandosi di nascondere le armi, in un caso anche inducendo l'anziana madre ad occultare una pistola nella biancheria intima per sfuggire ad eventuali controlli delle forze dell'ordine. .Ed è proprio il ruolo delle donne della famiglia ad emergere sullo sfondo del progetto criminale che ha portato all'agguato mafioso nel quale rimasero gravemente feriti, il 28 luglio 2017, i due fratelli Nesci, Giovanni Alessandro e Manuel, quest'ultimo minore affetto da Sindrome di Down, dipingendo un quadro di trame ordite dagli Inzillo, contigui agli Emanuele, per giungere alla eliminazione della controparte, espressione invece dei Loielo.

      Gratteri: Nostro compito è prevenire. "Non è un caso che siamo di nuovo qui, oggi, a Vibo Valentia ma perché ciò rappresenta l'ennesima tappa di un progetto di sicurezza che abbiamo avviato da un anno e mezzo a questa parte in questa porzione di territorio calabrese". Lo ha detto Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro, nel corso della conferenza stampa indetta a seguito dell'operazione "Black Windows". "Gente - ha aggiunto Gratteri - che si stava organizzando per uccidere ed inserita in una zona caratterizzata da focolai di 'ndrangheta. Il nostro compito è quello di rispondere e soprattutto prevenire la commissione di delitti, come in questa occasione. Vibo resta al centro dell'attenzione della Dda ed è sintomatico che sette nuovi ispettori siano stati destinati alla squadra mobile vibonese". Per il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri "è stato necessario intervenire perché la situazione che si stava incancrenendo ha trovato poi un momento acuto di tensione in una serie di azioni delittuose: dal tentato omicidio di Alessandro Nesci all'agguato consumato ai danni di Salvatore Inzillo e a quello ancora ai danni sempre di Nesci". Lo stesso Bombardieri ha parlato del "validissimo coordinamento di polizia giudiziaria ad opera dei pm Frustaci e Aliberti, che ha portato a far emergere la presenza di uno stato di tensione che si alimentava e veniva alimentato con profondo odio in maniera particolare dalle donne della famiglia nei confronti di Nesci, legato al gruppo dei Loielo, ritenuto il responsabile del delitto di Inzillo". Nell'operazione sono stati impegnati circa 100 uomini. Per il questore Filippo Bonfiglio si è trattato della "conclusione di un'attività complessa, caratterizzata sempre da grande allarme a causa della costante sensazione che le persone indagate volessero effettivamente vendicare a tutti i costi l'uccisione del congiunto colpendo l'intero nucleo familiare dei Nesci. Avevano anche effettuato - ha aggiunto il Questore - la realizzazione di poligoni all'aperto per addestrarsi, sottrazione di telecamere e microspie che non avevano scoraggiato i propositi omicidiari".

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