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      Le mani della cosca Piromalli su termovalorizzatore di Gioia e rifiuti: 7 arresti

       

       

      Le mani della cosca Piromalli su termovalorizzatore di Gioia e rifiuti: 7 arresti

      05 ott 17 Era tutto 'cosa loro': dalla raccolta, al trasporto; dallo smaltimento dei 'fanghi', alla manutenzione del termovalorizzatore di Gioia Tauro. I Piromalli, una delle cosche storiche della ndrangheta, avevano costruito un sistema efficace per fare soldi, tantissimi, utilizzando false fatturazioni e inserendo propri uomini nel ciclo dello smaltimento e della lavorazione dei rifiuti, impadronendosi del termovalorizzatore di Gioia Tauro, l'unico in Calabria, dove vengono conferiti rifiuti indifferenziati dai centri di compostaggio di tutta la regione. Quel termovalorizzatore, secondo gli inquirenti, lo avevano voluto loro, influenzando le decisioni della politica - le indagini proseguono in questa direzione - divenendo così riferimento per il trattamento dei rifiuti di tutte le altre cosche di 'ndrangheta, tra cui i Commisso di Siderno. La scorsa notte la Squadra mobile di Reggio Calabria ed il Comando provinciale dei carabinieri hanno messo a segno l'operazione "Metauros" eseguendo sette fermi disposti dalla Dda. Coinvolti, tra gli altri, Rocco La Valle, ex sindaco di Villa San Giovanni, la cui famiglia è proprietaria di un imponente impianto, la Eco.Fal., per la raccolta delle autovetture rottamate; l'ex vicesindaco di Gioia Tauro; Gioacchino Piromalli, figlio di 'don' Pino, detto 'facciazza', in atto detenuto; i fratelli Giuseppe, Domenico e Paolo Pisano, imprenditori e fedelissimi del Piromalli, e l'autotrasportatore Francesco Barreca, di Reggio Calabria. Risultano indagati il boss Giuseppe Commisso e l'ispettrice della polizia di Stato Ilenia Coco, già in servizio nella sezione di polizia giudiziaria della Procura di Palmi e poi trasferita nella Questura di Firenze, moglie di Giuseppe Pisano. La Dda di Reggio Calabria pone al vertice del gruppo criminale proprio Gioacchino Piromalli, nipote e omonimo del boss ottantacinquenne che ereditò il 'bastone di comando' della cosca direttamente dallo zio, 'don' Mommo Piromalli, per le sue qualità di 'uomo di ragionamento'. La decisione di realizzare il termovalorizzatore in contrada 'Cicerna' di Gioia Tauro fu assunta dalla Giunta regionale in carica nel 2002 ed i lavori terminarono due anni dopo. Per la realizzazione dell'impianto i Piromalli, nonostante i contrasti con gli alleati di un tempo, i Molè, interpellarono i fratelli Pisano, loro fedelissimi, monopolizzando di fatto l'appalto. Nel corso degli ultimi dieci anni, e nonostante l'avvicendamento nella gestione del termovalorizzatore tra la società Termomeccanica e la multinazionale francese Veolia, i Piromalli e i loro alleati non hanno mai mollato la presa, imponendo la tangente anche alle imprese di trasporto che da tutta la Calabria conferiscono i rifiuti a Gioia Tauro. "Dalla meccanica generale, alla carpenteria, all'installazione di parti di strutture metalliche, come il nastro trasportatore dei rifiuti - sostengono nel loro atto d'accusa i magistrati della Procura distrettuale antimafia di Reggio - tutto era controllato, in via esclusiva, dai Piromalli e dai loro prestanome". Di particolare gravità il capitolo dell'inchiesta riguardante l'utilizzo dei fanghi prodotti dal termovalorizzatore. Secondo il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, proprio oggi proposto a larga maggioranza dalla Commissione incarichi direttivi del Csm per il posto di Procuratore nazionale antimafia, "i fanghi, per volontà della cosca Piromalli, venivano trasformati in fertilizzanti destinati al settore agricolo, con conseguente pericolo per la salute pubblica".

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