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      Omicidi nel vibonese, 8 arresti della PS

       

       

      Omicidi nel vibonese, 8 arresti della PS

      14 lug 17 La Polizia di Stato ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di otto persone ritenute responsabili, a vario titolo, di due omicidi ed un tentato omicidio. Le indagini, condotte dalle squadre mobili di Catanzaro e Vibo Valentia e dal Servizio centrale operativo di Roma, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, avrebbero fatto luce su mandanti ed esecutori dell'omicidio di Mario Franzoni, avvenuto nel 2002 a Porto Salvo, dell'omicidio di Giuseppe Salvatore Pugliese Carchedi e del tentato omicidio di Francesco Macrì, avvenuti nel 2006 sulla statale 522 tra Vibo Marina e Pizzo Calabro, tutte vittime di agguati ritenuti di stampo mafioso. Le indagini sono state supportate anche dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Giuseppe Giampà, Raffaele Moscato, Pasquale Giampà, Andrea Mantella. La cosca dei Piscopisani, ai quali apparterrebbero le otto persone arrestate stamani dalla polizia con l'accusa di avere avuto un ruolo in due omicidi, aveva cercato di veicolare l'idea che i delitti avessero un movente privato. E' quanto emerso dalle indagini delle squadre mobili di Catanzaro e Vibo Valentia e dello Sco, coordinate dalla Dda catanzarese, che stamani hanno portato agli arresti. In particolare, secondo quanto si è appreso, per Mario Franzoni, ucciso nel 2002, negli ambienti criminali vibonesi era stata fatta circolare la voce che fosse stato ucciso in seguito ad un litigio. Per Giuseppe Salvatore Pugliese Carchedi, assassinato nel 2006, era stato riferito che il delitto era da ascrivere ad una relazione che il giovane intratteneva con la figlia minorenne di un esponente della criminalità organizzata. In realtà, secondo quanto emerso dalle indagini, le vicende private, che effettivamente c'erano, sarebbero da calare in un contesto articolato relativo ai rapporti di forza in seno all'organizzazione criminale. Pugliese Carchedi, quindi, secondo gli investigatori, era stato ucciso per punirlo perché si ribellava alla cosca compiendo dei reati all'insaputa della 'ndrina.

      Era stato commissionato da un costruttore edile che come corrispettivo aveva offerto la costruzione di due villette, l'omicidio di Mario Franzoni, ucciso nel 2002, uno dei due delitti su cui la Polizia di Stato e la Dda di Catanzaro hanno fatto luce arrestando stamani 8 persone. In particolare, secondo l'accusa, il delitto era stato commissionato dal costruttore Francesco Barba - arrestato oggi - ad esponenti della cosca Lo Bianco al fine di vendicare un episodio in cui i suoi figli erano stati minacciati con l'uso di una pistola da Franzoni. Come corrispettivo l'imprenditore edile si era impegnato a costruire due villette a Vibo Valentia cedendole in favore degli esecutori materiali dell'omicidio. L'inchiesta - denominata Outset - è stata coordinata dal procuratore distrettuale Nicola Gratteri, dall'aggiunto Giovanni Bombardieri e dal pm Camillo Falvo e condotta dalle squadre mobili di Catanzaro e Vibo Valentia e del Servizio centrale operativo di Roma col supporto, anche, delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Giuseppe Giampà, Raffaele Moscato, Pasquale Giampà e Andrea Mantella. Le indagini hanno fatto luce, oltre che sul delitto Franzoni, anche sull'omicidio di Giuseppe Salvatore Pugliese Carchedi e del tentato omicidio di Francesco Macrì, avvenuti nel 2006. Tutti i fatti di sangue sono ascrivibili, secondo gli investigatori, ad appartenenti alle cosche Lo Bianco e Piscopisani di Vibo Valentia oltre che ai Giampà di Lamezia. Nel caso di Pugliese Carchedi - ucciso dopo che era sfuggito ad un precedente agguato - gli investigatori hanno accertato che il movente immediato era da individuare in una relazione clandestina che il giovane intrattenuta con la figlia minorenne di Felice Nazzareno, ritenuto esponente di vertice dei Piscopisani. Relazione che non aveva troncato nonostante i vari avvertimenti. Tuttavia, al di là dell' apparente movente riconducibile all'antico schema del "delitto d'onore", secondo la polizia, la reale causale del fatto è da ricercare nei contrasti in seno alla criminalità organizzata vibonese ed in particolare al fatto che la vittima non riconosceva l'autorità criminale dei maggiorenti delle cosche perpetrando in assoluta autonomia delitti, anche di natura estorsiva.

      Gratteri: A Vibo cosche della massima serie. "Il territorio di Vibo è caratterizzato da un'elevata densità mafiosa per via della presenza di famiglie di 'ndrangheta di Serie A, ma lo Stato c'è". A dirlo è stato il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri durante la conferenza stampa relativa agli arresti dell'operazione "Outset" che ha consentito i far luce su due omicidi di 'ndrangheta, portando all'arresto di otto persone con 17 indagati totali. Gratteri, dopo aver sottolineato che "c'è una nuova attenzione da parte del capo della Polizia sulle questure di Vibo e Crotone", ha parlato di "indagine di qualità in cui esistevano già dei fascicoli avviati dalla Squadra Mobile all'interno dei quali erano stati spiegati in dettaglio i due omicidi con l'individuazione del contesto e dei soggetti, a cui si sono aggiunti i racconti dei collaboratori di giustizia come ad esempio Andrea Mantella la cui 'conversione' rappresenta quanto lo Stato sia divenuto credibile. Mantella già nelle prime due ore dall'inizio della sua collaborazione ha iniziato a parlare di fatti omicidiari descrivendo nel dettaglio questi due". Per il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, l'indagine odierna conferma "le dinamiche di rapporti tra cosche lametine e vibonesi che si scambiavano i favori. Dichiarazioni, quelle dei pentiti, particolareggiate provenienti dall'interno dell'ambito delinquenziale che ci danno contezza della forza ed arroganza delle cosche in quel determinato periodo storico. Oggi lo Stato ha il controllo del territorio".

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