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      Scoperto tribunale della ndrangheta, 116 arresti. Figlio boss "Lo stato sono io"

       

       

      Scoperto tribunale della ndrangheta, 116 arresti. Figlio boss "Lo stato sono io"

      04 lug 17 Carabinieri del Ros e del comando provinciale di Reggio Calabria, sono impegnati nell'esecuzione di un provvedimento di fermo emesso dalla Dda reggina nei confronti di 116 persone. I provvedimenti scaturiscono da un'indagine diretta dalla Dda e condotta dai carabinieri del Ros e del Gruppo di Locri sui vertici delle più importanti cosche del "mandamento" ionico ritenuto il cuore pulsante dell'intera 'ndrangheta nonché punto di riferimento di tutte le articolazioni extraregionali, nazionali ed estere. All'operazione hanno partecipato oltre 1000 carabinieri coadiuvati da elicotteri, unità cinofile e militari specializzati nella localizzazione di bunker e cavità nascoste. Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori, truffa ed altri reati, tutti aggravati dalla finalità di agevolare la 'ndrangheta.

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      I Tribunali della ndrangheta. La 'ndrangheta era dotata di veri e propri "tribunali" competenti a giudicare gli affiliati sospettati di violazioni delle regole del sodalizio criminale e le procedure da applicare per sanare faide all'interno delle 'ndrine. E' quanto emerso dall'indagine condotta dai carabinieri del Ros e del Gruppo di Locri che hanno accertato le modalità di funzionamento di questi "tribunali". L'indagine, che stamani ha portato al fermo di 116 persone, ha confermato la pericolosità della 'ndrangheta quale struttura unitaria e segreta, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice, che nella provincia di Reggio Calabria trova tuttora il suo prioritario ambito operativo decisionale.

      Lo stato sono io. "Lo Stato qua sono io. La mafia originale... non quella scadente". A dirlo è uno dei figli del boss Peppe "tiradritto" parlando con uno degli affiliati. Un colloquio intercettato dai carabinieri del Ros e finito negli atti dell'inchiesta della Dda di Reggio Calabria che stamani ha portato al fermo di 116 persone.

      Uno dei fermati mise autobomba. Uno dei fermati nell'operazione condotta stamani dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria - denominata "Mandamento" - è sospettato di avere avuto un ruolo nella vicenda del posizionamento di una vettura con all'interno armi ed esplosivo rinvenuta dai carabinieri lungo il tragitto che, il 21 gennaio 2010, avrebbe dovuto seguire il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita a Reggio Calabria. Si tratta di Francesco Pangallo, ritenuto elemento di vertice della cosca Latella - Ficara attiva nella zona sud di Reggio Calabria. Secondo l'accusa, avrebbe riferito sistematicamente al boss di San Luca Giuseppe Pelle notizie coperte da segreto istruttorio passategli da Giovanni Zumbo, amministratore giudiziario del Tribunale di Reggio Calabria ed ex collaboratore dei servizi che, grazie a tale posizione, le aveva apprese a sua volta da ambienti giudiziari. Zumbo, per la vicenda dell'auto contenente esplosivi, nel 2013, è stato condannato in primo grado a 16 anni ed 8 mesi di reclusione insieme a Giovanni Ficara, ritenuto il boss dell'omonima cosca (11 anni e nove mesi) e l'imprenditore caseario Demetrio Domenico Pratico' (15 anni e otto mesi). Le armi e gli esplosivi, che non erano innescati, furono trovati all'interno di una Fiat Marea posta nelle vicinanze del percorso che il Capo dello Stato avrebbe dovuto fare per giungere in aeroporto a conclusione della sua visita in città. Fu proprio Zumbo a fare trovare l'auto con una telefonata fatta ad un appuntato dei carabinieri. Secondo l'accusa si trattò di una "messinscena" messa in atto da Zumbo allo scopo di accreditarsi come fonte.

      Quindicenne aveva chiesto affiliazione. Un quindicenne aveva chiesto ad un boss della 'ndrangheta di essere affiliato alla cosca. E' quanto emerso dalle indagini "Mandamento" concluse oggi con l'esecuzione di 116 fermi disposti dalla Dda di Reggio Calabria. A riferire l'episodio, incontrando i giornalisti, è stato il comandante del Ros, gen. Giuseppe Governale. "Quanto sia permeante la 'ndrangheta anche sotto il profilo culturale - ha detto - è testimoniato da un episodio che abbiamo registrato in casa del pregiudicato Antonio Cataldo. Davanti la figlia e la moglie si presenta un quindicenne con una lettera indirizzata al boss incarcerato. Le donne commentano quel gesto e decidono di aprirla, leggendone il contenuto: 'Chiedo a voi - scrive il ragazzino al capobastone - di essere affiliato e di ritenermi a disposizione della vostra famiglia'. La lettera del giovanissimo però non verrà mai consegnata dai congiunti al boss Cataldo per paura di essere intercettata in carcere".

      Nuove cariche e strutture. Le indagini dei carabinieri del Ros e del Gruppo di Locri che stamani hanno portato al fermo di 116 persone, hanno consentito di individuare le gerarchie e gli organigrammi di ben 23 cosche ricomprese nel "mandamento" Ionico della Calabria, comprese i Serraino e i Ficara-Latella di Reggio Calabria, e di individuare nuove cariche e strutture tra loro ordinate gerarchicamente di cui la 'ndrangheta si è dotata negli ultimi anni. Sono stati identificati, inoltre, gli autori di estorsioni, danneggiamenti e infiltrazioni in appalti pubblici e lavori privati, sintomatici di un capillare e asfissiante controllo del territorio da parte delle cosche. I particolari dell'operazione che ha riunito vari filoni investigativi curati dal Ros, dal nucleo investigativo di Locri, dalle compagnie di Locri e Bianco, con il contributo del Reparto operativo di Reggio Calabria, saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 10.30 al Comando provinciale carabinieri di Reggio Calabria.

      Procuratore De Raho: Un controllo difficile da credere. "Nel 2017 assistiamo a forme di schiavizzazione e di controllo del territorio tali che diventa persino difficile credere che possano essere attuati". Così il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, ha commentato l'operazione dei carabinieri che stamani ha portato al fermo di 116 persone. "Questa operazione - ha aggiunto - riguarda la pressione esercitata dalla 'ndrine per accaparrarsi tutti i lavori. Dove non riuscivano ad averli si infiltravano con subappalti a ditte di mano d'opera o di nolo a caldo e a freddo. E tutto senza che venisse data comunicazione agli organi competenti. E' successo anche per i lavori al palazzo di giustizia di Locri. Le cosche esercitano una pressione tale che i controlli, se non svolti direttamente sul cantiere, non sarebbero in grado di rilevare le infiltrazioni. In un caso, alcuni imprenditori impegnanti in lavori sulla statale 106 che si rifiutavano di pagare una mazzetta da 80 mila euro, sono stati prelevati e portati al cospetto degli 'ndranghetisti e poi costretti ad andare a prendere il denaro. E' un sistema che impone la pressione estorsiva o sotto forma di denaro o con le infiltrazioni negli appalti".

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