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A due mesi dai fatti di Rosarno

 

Due mesi dopo, Rosarno non dimentica, gli immigrati pure

13 mar 10 Due mesi dopo la rivolta degli immigrati cui fece seguito la reazione violenta da parte di un gruppo di abitanti del paese, con aggressioni, violenze e pestaggi, in paese e' ancora forte l'insofferenza nei confronti degli extracomunitari. Gli immigrati che vivono ancora a Rosarno sono circa trecento, non piu' pero' concentrati in apposite strutture di ricovero, come avveniva in precedenza, ma distribuiti sul territorio, ospitati in casolari in campagna o in abitazioni prese in affitto. Tutti pero' regolari e soprattutto non in condizioni di sovraffollamento e precarieta' igienico-sanitaria come accadeva quando erano ospitati nelle due strutture, che oggi non esistono piu' perche' smantellate dopo i fatti di gennaio, dell'ex fabbrica Rognetta e dell'ex Opera Sila. Qualcuno degli immigrati riesce ancora a lavorare nei campi di raccolta, anche se il lavoro, dopo che si e' conclusa la campagna degli agrumi, e' diminuito sensibilmente. Ma l'impiego degli immigrati in agricoltura si e' ridotto anche per un altro motivo. Il lavoro di raccolta dei prodotti agricoli, ed in particolare degli agrumi, e' diminuito perche' i proprietari terrieri preferiscono lasciare i frutti sugli alberi dopo che nel 2007 sono cambiati i criteri con cui l'Unione europea distribuisce i contributi ai produttori. Concessi oggi non piu' in proporzione al quantitativo conferito, meccanismo che lasciava spazio anche a truffe (a Rosarno definiscono ancora questo sistema ''le arance di carta''), ma in quota fissa sulla base dell'estensione del fondo in cui avviene la raccolta. Criteri rigidi, dunque, che non consentono alcuna flessibilita'. Meno guadagno per i produttori si traduce, dunque, in minore impiego di manodopera con l'utilizzo dell'enorme serbatoio degli extracomunitari. Per i quali, tra l'altro, la retribuzione e' diminuita sensibilmente rispetto a quanto avveniva fino a qualche anno fa. Malgrado questo, c'e' ancora qualcuno degli immigrati che si ostina a restare a Rosarno nella speranza di guadagnare qualcosa. Ma, almeno per il momento, e' una speranza che resta vana. Qualcuno degli immigrati e' tornato in paese anche per farsi consegnare le retribuzioni rimaste in sospeso a causa dell'improvvisa partenza di gennaio. Altri, invece, non coinvolti nella rivolta, erano a Rosarno e ci sono rimasti. La gran parte dei trecento immigrati che sono in paese resta inoperosa e questo aumenta i rischi di contatto e di possibile scontro con gli abitanti. La tensione, comunque, rispetto ai mesi scorsi, e' fortemente diminuita. Qualcuno degli immigrati si fa vedere in paese. Presenze che vengono tollerate dagli abitanti di Rosarno, anche se il rischio di reazioni violente non e' del tutto scongiurato. In ogni caso sono destinate a restare un ricordo le situazioni di sovraffollamento in cui vivevano in precedenza gli immigrati, con conseguenti tensioni anche al loro interno. Il commissario prefettizio, Domenico Bagnato, in carica dal 2008 dopo che il Comune e' stato sciolto per infiltrazioni mafiose, e' categorico. ''Non saranno piu' tollerate - dice - le situazioni di sovraffollamento e promiscuita' che si erano create in passato. Se si dovessero verificare, scatteranno subito le ordinanze di sgombero''. Adesso viene attuata una stretta vigilanza anche per reprimere lo sfruttamento degli immigrati. L'Ispettorato del lavoro sta intensificando i controlli per evitare utilizzo in nero sul quale ha speculato buona parte dei proprietari dei terreni. In paese e' arrivato anche qualche bulgaro e qualche romeno, ma per loro non si pone il problema di tensioni sociali perche' sono pochi ed in piu' hanno i mezzi finanziari per affittarsi un alloggio. E questo li rende graditi ai rosarnesi che hanno disponibilita' di immobili. La convenienza economica, in certi casi, fa superare qualsiasi pregiudizio.

Moussa ha paura di tornarci. “A Rosarno ho vissuto bene, ma dopo quanto è successo a gennaio ho paura di tornarci”. Moussa Boussim, 31 anni, è uno degli immigrati africani feriti a Rosarno durante le aggressioni da parte di gruppi di abitanti del paese seguite alla rivolta degli extracomunitari. Fu aggredito da due persone che lo sorpresero mentre rientrava da solo nel centro di accoglienza dell’ex Opera Sila e lo tempestarono di pugni e calci, fino a lasciarlo esanime. Moussà, per quell'aggressione, subì gravi lesioni interne. I medici dell’ospedale di Polistena, dove è stato ricoverato per buona parte dei due mesi trascorsi da allora, sono riusciti a salvargli il rene gravemente compromesso dalle percosse. Adesso si è ripreso, ma sul suo viso si notano ancora i segni della sofferenza fisica che ha subito. Non solo: Moussa ha ancora paura e lo si percepisce chiaramente da come si guarda intorno nella sala dell’auditorium comunale in cui si svolge la manifestazione della Cgil, in occasione dello sciopero nazionale di quattro ore, sui temi dell’accoglienza e dell’integrazione. “Abbiamo dovuto insistere per farlo venire a Rosarno perchè qui non ci voleva tornare. Ha paura di reincontrare le persone che lo hanno aggredito”, dice Claudia Carlino, segretaria della Filcams-Cgil di Gioia Tauro, che segue Moussa come un angelo custode. L’immigrato cerca la protezione della Carlino e non risponde volentieri alle domande. La sua preoccupazione maggiore è di controllare chi lo avvicina. Non ha molta voglia di parlare, ma poi si scioglie. “Io a Rosarno – dice – ci sono stato bene. In passato ci ero venuto altre volte e non avevo mai avuto problemi”. Quello che ci tiene a dire è che lui con la rivolta del 7 gennaio, cui seguì la reazione dei rosarnesi, non c'è mai entrato nulla. “Io la sera della rivolta – dice – ero rimasto al centro di ricovero e non ho partecipato agli incidenti. La mia ingenuità è stata quella di farmi sorprendere il giorno dopo mentre rientravo da solo in alloggio. Mi hanno circondato all’improvviso. Erano almeno in tre e mi hanno tempestato di pguni e calci fino a quando, per il dolore, non ho perso i sensi. Non so chi fossero. Quello che ricordo perfettamente è il male, non soltanto fisico, che ho subito. È un momento che non dimenticherò mai”. Moussa, adesso, vive a Polistena. È rimasto lì perchè quando è uscito dall’ospedale non se l’è sentita di rientrare a Rosarno. “A Polistena, però – dice – non ho lavoro perchè non c'è bisogno di gente per la raccolta nei campi agricoli. Per tornare a guadagnare qualcosa dovrei tornare a Rosarno, ma, sinceramente, ho troppa paura per farlo. Dalla Calabria, comunque, non voglio andare via perchè qui, malgrado quello che è accaduto, mi trovo bene. Nei confronti dei rosarnesi non provo alcun risentimento, ma temo di subire nuove aggressioni”.

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