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Aumenta il consumo dell'acqua

 

 

Aumenta il consumo di acqua. Il nordovest ne consuma più di tutti, poi il sud. A Cosenza iniziativa per luso dell'acqua da rubinetto

19 mar 10 In totale il prelievo a livello nazionale di acqua a uso potabile ammonta (nel 2008) a 9,1 miliardi di metri cubi (più 1,7% rispetto al 2005 e più 2,6% rispetto al 2006), di cui il 32,2% sottoposta a trattamenti di potabilizzazione. Il consumo medio italiano di acqua si attesta intorno a circa 250 litri al giorno pro-capite. Secondo l'ultima fotografia dell'Istat - il 'Censimento delle risorse idriche a uso civile' per l'anno 2008 - sullo stato dell'arte della gestione e del trattamento dell'acqua in Italia, ci sono rilevanti differenze da regione a regione e a seconda della ripartizione geografica. In testa il nord-ovest con 2.343 milioni di metri cubi di acqua prelevata, a seguire il sud con 2.238 milioni, il centro con 1.919 milioni, il nord-est con 1.685 e le isole con 924 milioni di metri cubi d'acqua. Ma ecco la classifica (al 2008) per regione sulla base dei prelievi di acqua a uso potabile in milioni di metri cubi l'anno, formulata dall'ultimo censimento dell'Istituto di statistica: - Lombardia 1.452 milioni di metri cubi - Lazio 1.140 - Campania 872 - Veneto 730 - Sicilia 626 - Piemonte 594 - Emilia-Romagna 517 - Toscana 460 - Calabria 388 - Basilicata 316 - Sardegna 298 - Abruzzo 291 - Liguria 258 - Friuli Venezia-Giulia 224 - Trentino Alto-Adige 214 - Puglia 210 - Marche 202 - Molise 161 - Umbria 116 - Valle d'Aosta 40.

Iniziative in tutta Italia, anche a Cosenza. Federutility e Legambiente insieme, domani e dopodomani in 60 piazze italiane, per celebrare la Giornata Mondiale dell'Acqua attraverso eventi e manifestazioni sul tema 'Acqua di rubinetto? Si', grazie!'. Punti informativi in tutte le città avranno lo scopo di promuovere l'uso e il risparmio dell'acqua di rubinetto e per illustrarne le caratteristiche e i controlli. Saranno fornite informazioni pratiche ai cittadini per sfatare luoghi comuni sull'acqua del rubinetto e per insegnare concretamente come risparmiarla. In molte piazze, come a Piacenza, saranno distribuiti kit di frangigetto da applicare su rubinetti e docce che consentono di risparmiare fino al 50% sul consumo idrico; in alcune città, come Roma o Cagliari, saranno possibili 'degustazioni al buio' per raffrontare differenze di sapore con le acque minerali; in altre ancora, come Cosenza, Parma, Ancona, Novi Ligure e Milano, saranno distribuite caraffe in vetro per la tavola e bottigliette in plastica riutilizzabili per chi va in bicicletta. Per i circoli di Legambiente e le aziende di servizi pubblici locali (che oltre a gestire gli acquedotti si occupano anche di fognature e depurazione) si tratta dell'avvio di una campagna di sensibilizzazione che avrà anche altri momenti di collaborazione nel corso dell'anno.

La riorganizzazione dei servizi idrici. Un primo tentativo di riorganizzare in maniera complessiva i sistemi idrici italiani avviene con la cosiddetta Legge Galli, la numero 36 del 5 gennaio 1994, con la quale si tenta un riordino introducendo per la prima volta il concetto di servizio idrico integrato. Con questo provvedimento nascono 91 Ato (Ambiti territoriali ottimali), della cui 'delimitazione' sono chiamati ad occuparsi le Regioni di concerto con le Province interessate. La Legge Galli prevede anche, "al fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali" delle strutture esistenti, la possibilità di dar vita a una gestione integrata del servizio idrico "anche con una pluralità di soggetti e di forme". In questo caso i Comuni e le Province possono individuare "il soggetto che svolge il compito di coordinamento del servizio e adottano ogni altra misura di organizzazione e di integrazione delle funzioni fra la pluralità di soggetti gestori". Questa apertura ai privati, il via libera cioé alla creazione di società miste, conferma tuttavia quanto già previsto dalla legge 241 del '90, che in sostanza contemplava un'apertura verso le società private. La Legge Galli ha però il merito di introdurre il principio di gestione integrata, sancendo il principio che tutte le acque sono pubbliche e i costi debbono essere coperti attraverso le tariffe, riorganizzando l'insieme dei servizi di captazione, adduzione, distribuzione, fognatura e depurazione. Un'ulteriore regolamentazione dei servizi idrici viene realizzata con il recente decreto Ronchi, provvedimento 'salva-infrazioni per l'attuazione degli obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della giustizia europeà, che contiene tra l'altro anche la riforma dei servizi pubblici locali tra cui la gestione dell'acqua e lo smaltimento dei rifiuti. Ma il testo, conosciuto dai più come una sorta di via libera alla privatizzazione dell'acqua, viene difeso dal suo autore, il quale a novembre dello scorso anno ha chiarito che "il decreto non prevede nessuna forma di privatizzazione dell'acqua", quanto invece il rafforzamento "della concezione che l'acqua è un bene pubblico", volendo allo stesso tempo "combattere i monopoli, le distorsioni e le inefficienze, con l'obiettivo di garantire ai cittadini una qualità migliore e prezzi migliori". Il decreto incassa anche il via libera dell'Antitrust, a detta del quale "l'acqua rimane un bene pubblico ma il servizio finalmente viene liberalizzato grazie al meccanismo delle gare". Il decreto Ronchi prevede al 31 dicembre 2010 il decadimento degli affidamenti diretti agli operatori esistenti, mediante gare o forme di Partenariato Pubblico-Privato (PPP). Al 30 giugno 2013 il testo fissa poi la fine degli affidamenti diretti da parte di società quotate con una partecipazione superiore al 40%, autorizzando la cessione, gare o forme di Partenariato Pubblico Privato. Al 31 dicembre 2015 dovranno poi decadere gli affidamenti diretti delle società quotate con forme di partecipazione superiori al 30%, mediante la cessione, gare o nuove forme di PPP. Infine la scadenza naturale del provvedimento prevede la trasformazione delle società in-house in forme di Partenariato Pubblico Privato, con nuove PPP quotate con partecipazioni pubbliche non superiori al 30%. In realtà, storicamente, la partecipazione privata (e spesso straniera) in quelle che oggi vengono definite le società muncipalizzate va molto in là nel tempo. Nel 1870, ad esempio, l'acquedotto della concessionaria Acqua Marcia (che diverrà poi Acqua Pia Antica Marcia), era controllata da una società anglo-romana che tra i soci annoverava anche la belga Compagnie Generales des Conduites d'Eaux.

 

 

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