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Truffa alla Ue scoperta a Mendicino

 

Ennesima truffa alla UE scoperta dalla Finanza a Mendicino. Sequestrati beni per 500 mln di euro

22 feb 10 Dovevano partire con la produzione di cibi precotti e surgelati e garantire lavoro alle famiglie del cosentino invece si è rivelata l’ennesima truffa alla UE scoperta dalla Guardia di Finanza di Cosenza. La struttura ed i beni ad essa connessi per un valore totale di 500.mila euro sono così stati sequestrati dalle fiamme gialle cosentine che alle prime luci dell’alba hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di misura cautelare reale emessa dal Gip presso il Tribunale di Cosenza, dott. Piero Santese, che ha disposto il sequestro, in Mendicino (CS), dell’opificio industriale, nonché di terreni, autoveicoli e disponibilità finanziarie . L’investimento avrebbe dovuto prevedere la produzione e la commercializzazione nel campo alimentare di cibi precotti e surgelati.

Le complesse indagini svolte dalle Fiamme Gialle cosentine, sotto la direzione ed il coordinamento del locale Procuratore della Repubblica, Cons. Dott. Dario Granieri, del Procuratore Aggiunto Dott. Domenico Airoma e del sostituto Procuratore, dott. Giuseppe Visconti, hanno, però, ancora una volta permesso di smascherare l’illecito mercimonio dell’imprenditore beneficiario, ora indagato per i reati truffa aggravata, falso e frode fiscale, indagini rese ancora più difficili dalla vicenda di un incendio di accertata origine dolosa che ha colpito, nel mese di ottobre 2007, il capannone sede dell’impresa indagata, provocando, in particolare, la quasi totale distruzione dei beni ivi allocati. L’acume investigativo delle Fiamme Gialle cosentine permetteva, però, di appurare come tutte le attrezzature ed i macchinari previsti per la produzione fossero non nuovi di fabbrica e, quindi, non possedere le caratteristiche tecniche emergenti dalla documentazione prodotta per l’ottenimento del finanziamento, nonché come le fatture giustificative dei conti sostenuti fossero gonfiate e, quindi, riconducibili ad operazioni in gran parte inesistenti anche soggettivamente, il tutto per ottenere l’illecito scopo di: - documentare oneri di spesa relativi alla realizzazione del programma di investimento agevolato di fatto non sostenuti; - attestare un apporto di mezzi propri nella quantità prevista dal decreto di concessione delle agevolazioni.

Ma ancora più allarmante è il fatto che, l’odierna operazione di servizio, che testimonia ancora una volta l’incessante impegno della Guardia di Finanza, come polizia economico-finanziaria, a tutela dell’economia legale e del bilancio nazionale e comunitario, sia scaturita da concomitanti complessi approfondimenti ispettivi effettuati all’indomani della scoperta di una milionaria frode fiscale perpetrata da una società “cartiera”, con sede fittizia dichiarata nel nord Italia, che distribuendo fatture fittizie per il considerevole importo di tredici milioni di euro a diverse imprese (gran parte allocate nel cosentino) ha permesso non solo di frodare consistentemente il fisco ma in alcuni casi, come quello dell’impresa individuale M.D.M. sequestrata e della già nota “Mastro Birraio di Calabria” S.r.l., di consentire l’illecita percezione di considerevoli finanziamenti pubblici.

Infatti, l’indagine economico-finanziaria operata nei confronti dell’impresa fantasma, che teoricamente avrebbe dovuto commerciare prodotti di merceria e filati, ha permesso di appurare inequivocabilmente come questa si fosse di fatto adoperata ad interporsi tra le imprese compiacenti ed i reali fornitori come mera società di comodo con la precipua funzione di emettere fatture per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti in quanto priva di sede operativa, di stabile organizzazione ed intestata a persona priva della necessaria competenza professionale nel relativo settore commerciale. Peraltro, per l’intero contesto investigativo sono stati svolti e portati a temine accertamenti amministrativo contabili che, attraverso l’accurata analisi dell’intero materiale probatorio acquisito durante le investigazioni, hanno permesso di circostanziare, in capo agli indagati per truffa, anche un rilevante danno erariale ammontante complessivamente ad oltre un milione e duecentomila euro, segnalandone le emergenze alla Magistratura della Corte dei Conti di Catanzaro.

 

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