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Intimidazione per l'Affruntata di S.Onofrio finisce alla DDA

 

 

Intimidazione per l'Affruntata di S.Onofrio finisce alla DDA

06 apr 10 La sopensione dell’Affruntata di Sant’Onofrio, dopo l’intimidazione subita dal priore della confraternita che l’organizza per il no alla partecipazione a affiliati alle cosche, approda alla Procura antimafia di Catanzaro. Per ora il fascicolo è ancora nelle mani dei magistrati della Procura ordinaria di Vibo Valentia che hanno disposto i primi accertamenti, ma già domani i pm della Dda potrebbero avere il primo incontro con gli investigatori per cominciare a occuparsi direttamente dell’inchiesta. Una conferma, qualora ve ne fosse bisogno, che le indagini dei carabinieri di Vibo Valentia si sono indirizzate subito su una pista ben precisa per risalire agli autori dell’intimidazione, la ‘ndrangheta. Troppe le circostanze che spingono verso questa direzione. L’interesse degli affiliati per le rappresentazioni religiose è noto. Farsi vedere per le strade del paese con in spalla le statue dei santi, per gli ‘ndranghetisti è un modo di affermare il loro potere agli occhi della gente. E il no imposto dal priore della confraternita del Santissimo Rosario di Sant’Onofrio, Michele Virdò, d’intesa col parroco don Franco Fragalà e su disposizione del vescovo di Mileto, mons. Luigi Renzo, è stato vissuto come un affronto. Da qui, è l’ipotesi investigativa, i due colpi di pistola sparati contro il cancello dell’abitazione di Virdò, alla vigilia di Pasqua, giorno dell’Affruntata. Per cercare di risalire agli autori del gesto, i carabinieri hanno a disposizione anche una trentina di proiettili calibro 38 trovati in una nicchia del cimitero nel corso di una delle tante perquisizioni eseguite subito dopo il fatto. Per gli investigatori non vi sarebbero elementi per collegare i due fatti, ma una risposta definitiva potrà giungere dalla comparazione con quelli sparati la vigilia di Pasqua. La sospensione della rappresentazione ha provocato un coro di reazioni positive da tutti i settori della politica, non solo calabrese, per il messaggio forte lanciato alle cosche. Tuttavia a Sant’Onofrio, dove opera una delle cosche più potenti della zona, quella dei Bonavota, che secondo gli investigatori ha condizionato anche l’attività del Comune che per questo motivo è stato sciolto lo scorso anno, ci si interroga se sia il caso di far svolgere l’Affruntata domenica prossima. “La rappresentazione - ha detto mons. Renzo, rientrato oggi nella Diocesi - non è stata annullata, ma sospesa. In questi giorni mi vedrò col parroco e con la confraternita che organizza l’Affruntata. Per quanto riguarda l’aspetto religioso non ci sono problemi, ma bisogna vedere cosa ha determinato nell’animo della gente quanto è accaduto. Adesso dobbiamo guardare alla loro serenità”. Di sicuro, qualunque sia la decisione finale, non potrà essere attribuita a problemi di ordine pubblico. Su questo il prefetto di Vibo Valentia, Luisa Latella, è stato chiaro: “L’ordine pubblico lo manteniamo noi e non le cosche. Per quanto ci riguarda non c’erano e non ci sono problemi. Le regole per la partecipazione a queste iniziative ci sono da tempo e valgono per tutte le parrocchie, tant’è che domenica l’Affruntata si è svolta in altre realtà della provincia, compresa Vibo Valentia. Per noi l’ordine pubblico si poteva e si può mantenere”“Il coraggio la Calabria ce l’ha e lo ha avuto. Da anni lavoriamo in questo senso. La continuità si manifesta in questi episodi su cui bisogna fare chiarezza”. Mons. Giancarlo Bregantini è arcivescovo di Campobasso dal gennaio 2008, ma per 14 anni - lui, trentino trapiantato in Calabria, prima a Crotone e poi nella difficilissima Locri - è stato in una delle zone di frontiera nella lotta alla ‘ndrangheta calabrese, quella Locride dove fenomeni come quelli delle infiltrazioni delle cosche nelle manifestazioni religiose li conosce bene per averli combattuti sul campo, e in prima persona. “Purtroppo - dice mons. Bregantini commentando la sospensione dell’Affruntata di Sant’Onofrio - è una cosa antica. Ricordo che più di 20 anni fa un sacerdote fu ferito nella locride e riuscì per miracolo a salvarsi perché aveva detto no a questo genere di cose. È una cosa ben fatta quella dal vescovo locale, dalla Chiesa, di mettere dei paletti”. Lui, i paletti li ha iniziati a mettere sin dal suo arrivo a Locri quando, nel 1994, impose che fossero i parroci, e non i genitori, a scegliere i padrini dei sacramenti, così da interrompere il perpetuarsi di uno strumento mafioso per sancire alleanze e affiliazioni. Nella locride la rappresentazione dell’Affruntata si chiama Cunfrunta ed è ugualmente sentita dai fedeli. “Questo tipo di processioni, almeno un tempo e forse ancora oggi in alcuni luoghi - spiega il presule - è un’occasione in cui ci si mette in mostra, ci si conta, ci si fa valere. Purtroppo è un momento di prestigio nel male, una manifestazione di potere. Per dire no ci vuole innanzi tutto il coraggio e poi, un pò alla volta, comprendere anche che la mafia si sta desacralizzando, quindi è un fenomeno che certamente diminuirà. La mafia, avrà altri modi per mettersi in evidenza, purtroppo, ma utilizza ancora oggi questi strumenti per i propri fini iniqui”. “Ai calabresi - prosegue mons. Bregantini - dico di andare avanti così, con questo stile di chiarezza, vicini al vescovo, vicini ai preti, uniti, e con la forza profetica del vangelo. Chiaramente non basta dire no. Poi bisogna dire sì al bene, all’iniziativa sociale, alle cooperative, a tutto quello che fa crescere le realtà positive. Se non si creano anche condizioni positive di crescita, la ‘ndrangheta rientra dalla finestra”. L’ex vescovo di Locri, che nel corso della sua esperienza calabrese ha fatto nascere tante cooperative per dare sollievo alla disoccupazione, una sua idea su come combattere la criminalità ce l’ha. “Non si combatte mai - spiega - su una sola frontiera ma si lavora in rete. Questo è il messaggio che abbiamo sempre dato: mettere in azione l’aspetto religioso, quello civile, il mondo della scuola, la realtà politica e sociale. Bisogna lavorare a tutti i livelli intrecciati insieme. Allora sì che si riesce a creare una rete positiva che abbia anche aspetti di proposta. Questo, in fondo, è il messaggio che i Vescovi hanno dato due mesi fa nell’ambito del documento sul sud”.

 

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